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Un sorriso vale più della morte

Un sorriso vale più della morte

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Un sorriso vale più della morte

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Sono morto.
Eh si, ché la mia vita è corsa via rapidamente senza che ci sia stato modo di starle dietro. Quando sono nato ero un bambino come tanti, nerboruto e in salute. Vissi solitario per i contrasti dovuti ad i miei creatori, scambiavo qualche parola con i vicini sul pianerottolo delle costellazioni e cercavo di fare amicizia con gli stranieri che si trovavano nella galassia di fronte. Per lo più ho trascorso il mio tempo giocando e cronometrando i giri che facevo con una vecchia invenzione che non era nemmeno mia, ma che a me era caduta in sorte. Andava bene per i primi tempi, poi le ginocchia incominciavano a sbattere sull’asse del manubrio ed è così che terminò la mia infanzia ed incominciò la mia adolescenza, con una cicatrice per una caduta della quale ancora ne porto il segno.
Crescendo non ebbi legami, andai più o meno allo sbaraglio nei rapporti sentimentali, mi legavo talvolta a qualcuno, sceglievo un amico, un’amica, e con lei, con lui affrontavo diversi anni della mia vita. Questa storia è andata avanti per diverso tempo. Prima un’amica, poi un altro, poi un altro ancora, poi forse un’altra ancora. Mi sono accorto che con il tempo queste persone con le quali entravo in relazione erano sempre più sbiadite, morendo ora vedo tutto più nettamente: il mio tempo trascorso vano, le amicizie che sono andate avanti e con le quali ho perso i contatti che non voglio ristabilire.
Solitudine che ora guardo con un pizzico di tenerezza e che allora mi faceva tanto soffrire. Anni monotoni, giorni superficiali, segrete stanze affacciate sull’esistenza apparivano una dopo l’altra. E le aprivo e mi regalavano poesia, quell’anima delle cose ridotta a pochi grammi, che eppure respiravo a mano a mano nell’aria.
Sono morto silenziosamente, ho ucciso il mio corpo ed ora mi vedo mentre ancora devo passare del tutto all’altro mondo, aspetto che qualcuno mi passi a prendere, sperando che quel qualcuno ci sia, per adesso riosservo la mia vita e ve la racconto come si racconterebbe ad un bambino.


Caro bambino,
diffida da chi ti vorrà vederti crescere con rapidità ed errore, caro bambino, quanto sono preziosi gli anni della tua vita dei quali porterai per sempre il ricordo, e se diventerai poeta riporterai i tuoi ricordi su un quaderno, se diventerai chimico ricorderai i tuoi primi esperimenti con l’acqua. Se diventerai ingegnere probabilmente ricorderai un momento particolare vissuto, che so, con tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi amici mentre aggiustavi qualcosa. La vita, caro bambino ora tu la vedi grande e distante, in realtà il meglio della vita la stai vivendo ora senza rimpianti ed ogni giorno ripetendo le tue gioie. I tuoi sorrisi sono il canto del gallo, il nitrire del cavallo, lo scodinzolare dei cani, insomma, il tuo sorriso è il gioiello che ti auguro di non perdere mai.
Ed io, torniamo a me per un momento che sono seduto sulle radici di questo albero a cantare il ricordo, la malinconia rarefatta. La nostalgia in realtà diminuisce il suo peso in questa landa dove nessuno vede e nessuno si avvicina, nessuno come me muore. Se c’è una vita dopo questo te l’assicuro, non so dirti altro perché mi hanno detto che c’è ancora qualcosa più avanti, ma io me ne sto qui, sulla collina, a non fare niente, dimenticando lo scopo che ha avuto la mia vita, sotto quest’albero che da frutti piccoli ma sono ancora acerbi, lungo quel sentiero che porta lontano ma che da solo non voglio affrontare. Come al bordo di una piscina, quando non sai nuotare o non vuoi buttarti e aspetti solo qualcuno che te lo insegni o ti butti in acqua.
Questa vita da spettatore, questa vita apparente da scrittore, questo racconto testamentario per ricordarti, o bambino che qualunque sarà la tua età avrai sempre occasione per vivere, di produrre, di essere al mondo. Non importa come, ma con tutta la voglia di non perdere quel sorriso. Io ti sorveglio.
 
Firmato: l’Angelo alle pendici del Monte

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