Storie di Città

Racconti e Poesie originali e geolocalizzati

  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
Menu
  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
  • Sfoglia Categorie
      • 686Poesie
      • 393Racconti
  • Chi siamo
  • Blog
  • Contattaci
Le quattro vie
Scheda Verificata

Scheda Verificata

This listing is being maintained by its rightful owner.

Le quattro vie

Via Monastero
20844 Triuggio (MB)
Emozioni Racconti
0 Reviews
Condividi

Condividi:

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
Write a Review

Le quattro vie

visita su Google street view  

 

La notte avanzava con l’odore di novembre che saliva come respiro umido dai campi non ancora rivoltati per l’inverno. Quell’odore che si sente in certe sere di luna senza nebbia. La luce giallognola del lampione all’angolo della casa con le persiane sempre chiuse illuminava l’incrocio deserto, gli cuciva addosso un alone spettrale come solo la campagna sa fare. Ogni tanto passava una macchina, passava veloce, senza guardare.
“War” chiamò. E il cane uscì dall’ombra, attraversò la strada e ritornò nel buio. Sentì un fruscio, un ringhiare sommesso. Forse aveva trovato qualche animale, qualche riccio sfuggito al letargo ancora per qualche tempo. “War, non allontanarti”
Non lo avrebbe fatto, lo sapeva. Passò un’altra macchina. Forse si sarebbe allontanato solo per andare incontro a lui. War l’aveva chiamato, perché era arrivato un giorno, rabbioso e deluso e diffidente. Lo facevano combattere chissà quale guerra ed era stato lui a chiederle, prima di tutto, perché l’avesse chiamato così. “In tre lettere gli ricordi il passato” le aveva detto. “Non potevi scegliere un nome più crudele.”
“No” gli aveva risposto, “in tre lettere gli ricordo a cosa è sopravvissuto.”
Lui aveva sorriso, per la prima volta le aveva sorriso. E lo aveva accarezzato, e War lo aveva lasciato fare. Nessun ringhio, nessuna bava alla bocca, niente di niente.
Il semaforo diventò di nuovo rosso, giallo, verde. Poi ancora rosso. Segnava il tempo per i fantasmi di quella notte, per il nulla tutto attorno a quella chiazza di luce che veniva dal lampione della casa deserta dove si arrampicava l’edera, si aggrappava qua e là ai mattoni. E la luna quasi piena spariva e riappariva dalle nuvole.
Rosso, giallo, verde. Scandiva il tempo, quel semaforo, come un orologio. Scandiva il tempo di nessuno. Anche se quel tempo era ancora loro, persino adesso che si incontravano come due spettri all’incrocio di quattro vie per dirsi cose che sapevano già. Non è che si somigliavano, volevano persino cose diverse dalla vita, si erano piaciuti per strane cose che neanche loro sapevano dire. L’amore profondo non sa niente, neppure i più piccoli perché. Non avevano avuto il coraggio di dirlo a nessuno, non lo dicevano nemmeno a sé stessi. Eppure bastavano quegli incontri che a volte passavano senza una parola, a guardare le luci del semaforo che cambiavano colore e, potevano giurarlo, a pensare alle stesse cose. Al freddo che penetrava nelle ossa dalle dita delle mani, dai piedi infilati in scarpe sempre troppo leggere. E alla voglia di scappare via, di correre nella notte fino a sentirsi soffocare, fino a sentire i polmoni scoppiare nel petto.
Ma alla fine tornavano da dove erano venuti, il buio oltre quell’incrocio se li inghiottiva di nuovo. Restava quella luce. Per i fantasmi, per i semafori a intermittenza, per le vecchie case che rimanevano chiuse. La notte si mangiava tutto e il mattino non restituiva più niente.
La luna era di nuovo sparita tra nuvole.
Lo vide uscire dal buio, attraversare l’incrocio. C’era odore di novembre, di quelle solite sere. Aveva un cappuccio e la giacca sembrava davvero troppo leggera.
“Ma non hai paura?” chiese sorridendo.
Lei guardò la nuvola di fumo del suo fiato caldo che saliva verso la luce del lampione, che la notte sbiadiva piano, sbriciolandola con dolcezza.
“No” rispose. “Non ce l’ho mai quando aspetto te.”

Cerca altre Storie nella tua Città


Benvenuto

Ora invia una Recensione

Annulla risposta

Altre Storie in Zona

    Le quattro vie

    Miriam Terruzzi

    Profilo dell'Autore

    Collegati con l’autore

    • Twitter URL
    • Facebook URL
    • Instagram URL

    Visualizzazioni

    621

    Sei un Autore?

    Autore

    Unisciti al nostro Progetto!

    Registrati su Storie di Città. Potrai pubblicare e geolocalizzare le tue opere, lasciarle impresse in un luogo, farle leggere a migliaia di lettori e potrai promuovere gratuitamente i tuoi libri!

    Registrati Ora

    STORIEDICITTA.IT

    "Dedicato a tutti coloro che conoscono l'arte dello scrivere, a chi ama viaggiare, ma soprattutto a tutti quelli che hanno sete di leggere!"

    Il Team di Storiedicitta.it

    www.storiedicitta.it

    Storie di Città

    • Condizioni d’uso
    • F.A.Q.
    • Privacy Policy
    • Pubblicità
    • Contattaci

    Link interessanti

    • Bookabook
    • Eppela
    • Amazon Libri
    • Scuola Holden
    • Salute Privata
    Copyright Storie di Città - storiedicitta.it © 2019 Tutti i Diritti Riservati
    • facebook
    • twitter
    • google
    Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.

    Login

    Register |  Lost your password?