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Via Fabio Filzi

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Via Fabio Filzi

visita su Google street view  

Il balcone affacciava dove il palazzo faceva angolo, di modo che Stefano riusciva a guardare nel soggiorno dell’appartamento del terzo piano,  sporgendosi. Quando si stancava di stare in piedi,  appoggiato alla ringhiera, si sedeva per terra e guardava attraverso le inferriate,  come (secondo il racconto della madre) aveva fatto da piccolo:  a due o tre anni si era addormentato con la testa  contro le sbarre,  guardando  incantato l’apparecchio luminoso e vociante che troneggiava nella stanza  dell’appartamento di sotto.

Gli inquilini del terzo piano erano stati i primi nel palazzo a comprare il televisore, sul finire degli anni Cinquanta; a distanza di undici anni sua madre non si era ancora potuta permettere quella spesa e tutto ciò che di moderno possedevano in casa era una radio a transistor appartenuta al nonno.

Nell’appartamento dei  ricchi, Saretta era nata alcuni anni dopo di lui ed era stata svezzata davanti al mobile della sala,  dove  le immagini in bianco e nero provenienti dallo schermo  avevano preso  il posto di canzoncine materne  e aeroplanini mimati per farla mangiare; aveva gattonato curiosa verso lo stabilizzatore di tensione posto sul ripiano inferiore del mobile, tra le urla spaventate della madre e il padre che le bloccava il passaggio, temendo che rimanesse folgorata .

Quando Stefano la notò per la prima volta era il 1971: lei aveva sei anni e seduta sul tappeto osservava rapita senza capirlo “Il segno del comando”;  lui ne aveva dieci e cercava di seguire lo sceneggiato dalla sua postazione: sua madre non aveva ancora rimediato i soldi per comprare un televisore. Aveva già metabolizzato  lo stupore della scoperta anni prima,   riuscendo a seguire la trama di “Belfagor”  dal suo balcone e   poi  alcune serie televisive  sbirciando nella casa dei vicini e ascoltando l’audio che rimbombava nel budello del cortile interno.

L’anno dopo, nell’autunno del 1972, cominciò la serie di quattro puntate di “A come Andromeda”  e Saretta   diventò  particolarmente irrequieta: si alzava di continuo, camminava per la stanza  coprendo lo schermo a Stefano; era magra, nervosa: ballava, ondeggiava sulle note della colonna sonora, senza accorgersi del ragazzo che la guardava con fastidio.

Di lui si accorse anni dopo:  era il 1975 quando  andò in programmazione  “Ritratto di donna velata” e lei ormai era più di una bambina.  Quello sceneggiato le metteva addosso un’ansia inspiegabile anche se  non  c’erano  scene cruente  a  confronto de “L’amaro caso della Baronessa di Carini”  che avrebbe visto qualche mese dopo e la cui sigla, con quella mano insanguinata sul muro del castello, le tolse il sonno per settimane;  non riusciva a spegnere il televisore o ad allontanarsi, ma  si guardava intorno circospetta e nervosa,  ascoltando  la sigla in dialetto e sbirciando le immagini tra le dita con cui si copriva il viso. Fu proprio in occasione di questo sceneggiato  che una sera  vide, e rivide, e ancora sera dopo sera trovò affacciato al balcone il ragazzo del  quarto piano e si sentì   rassicurata da quella presenza.
[amazon_link asins=’B015CYP81O’ template=’ProductAd’ store=’storiedicitta-21′ marketplace=’IT’ link_id=’aea5663d-d0b2-11e6-a023-2faa44bf6aab’]Intanto Stefano aveva compiuto 14 anni ed era andato caruso alla bottega di alimentari in fondo alla strada: il suo obiettivo era racimolare i soldi per comprare il televisore! Di sera continuava ad affacciarsi al balcone e  guardare in casa di Saretta, che lo guardava spaventata, tra una scena e l’altra; lui, un po’ per gratitudine un po’ per buona educazione cominciò a sorriderle, a farle l’occhiolino, a fare le smorfie per farla ridere… e così  videro insieme, anche se da diversa prospettiva  e in silenzio, alcuni dei più famosi sceneggiati di quegli anni e degli anni a venire;  Saretta girò   l’apparecchio in direzione del balcone  per permettere a Stefano di vedere meglio, contenta di poter finalmente guardare i programmi in compagnia di qualcuno, visto che i genitori avevano sempre altro da fare!

Fu durante la programmazione di “Sandokan la tigre della Malesia” che si accorse di quanto fosse bello quel ragazzo,  di cui vedeva, sia pur da lontano, gli occhi nocciola chiaro come quelli di Kabir Bedi; dal canto suo,  in quello stesso periodo , durante una delle puntate di “Happy days”   Stefano si trovò a immaginarla   nei panni di Joanne “sottiletta”. I sogni di  lei  erano più avventurosi: guardava rapita i vestiti della Perla di Labuan, chiedendosi cosa avrebbe pensato Stefano vedendola  acconciata in quel modo; si chiedeva se lui sarebbe stato altrettanto coraggioso  da affrontare una tigre per difenderla, altrettanto tenero da farla sua sposa come avveniva nella penultima puntata; provava a immaginarlo vestito da pirata malese e l’unica differenza le sembrava   fosse nel fatto che lui aveva i capelli corti! I sogni di Stefano erano più  semplici e legati alla vita quotidiana: immaginava Saretta un po’ cresciuta, nei panni di una  brava ragazza , fidanzata ideale, sposa perfetta in una vita regolare e tranquilla, in una casa ordinata nel cui soggiorno faceva bella mostra di sé un grande televisore .

Fu così che  i loro incontri si spostarono  anche su un altro versante del palazzo, dove da un altro balcone  affacciato sulla strada  Saretta iniziò a guardare il suo eroe che andava a lavorare nella bottega di alimentari,  ogni mattina. L’appuntamento dal quel momento  divenne doppio: la  sera al balcone del soggiorno, dal lato interno del palazzo; la mattina al balcone della cucina, lato strada. La sera era soprattutto lui  a osservarla, perché la ragazza  raramente alzava lo sguardo; la mattina dopo era lei che passava ore a guardarlo lavorare, a testa bassa, scaricando furgoni e  spostando cassette di frutta sul marciapiede. Le piaceva, e molto, anche se non somigliava poi tanto a Sandokan e se la camicia gli si incollava alla schiena sudata, in quelle roventi mattine siciliane. E tra questi appuntamenti quotidiani  Saretta crebbe, divenne donna, e Stefano un uomo.

Arrivo’ il 1982, anno dei Mondiali di calcio. Per l’occasione i genitori di Saretta avevano comprato il televisore a colori,  ma  lei, come sempre detentrice assoluta del telecomando,   sistematicamente cambiava canale in occasione delle partite. Stefano provò a farle capire a gesti che avrebbe voluto seguire la Nazionale, ma non ci fu verso!

La sera  della finale Italia-Germania, la ragazza  si rivolse al balcone del  quarto piano e si accorse che per la prima volta dopo anni e anni  Stefano non c’era. Pensò che fosse in ritardo, che l’ avessero trattenuto in negozio, ma  le sembrò strano. Seduta in soggiorno, nel silenzio solito della sua grande casa in cui i genitori non c’erano mai,   guardava alternativamente le proprie mani strette intorno al telecomando e la ringhiera.  Non sapeva cosa pensare. Inquieta  si affacciò al balcone che dava sulla strada:   la bottega   dove lavorava Stefano aveva la saracinesca  a metà e la porta  aperta, tant’è che i fili della tenda di plastica ondeggiavano. Senza pensarci  uscì di casa, scese le scale di corsa, preoccupata .    Vincendo la vergogna  si accovacciò  per entrare nel locale e  trovò  un gruppo di uomini, tra cui lui, seduti a guardare la partita della finale, sorseggiando vino freddo e fumando, in un’atmosfera  irrespirabile per il caldo e il fumo e il tanfo di sudore.

Stefano la guardò sconcertato arrossire di rabbia e di imbarazzo, in piedi tra tutti quegli uomini intenti allo schermo; sentì di averla tradita per la prima  volta in tanti anni, di averla lasciata sola… e in quel momento l’arbitro segnò la fine della partita.

Nel negozio, per strada, dai balconi, tutti cominciarono a gridare. E così mentre i clacson  suonavano  impazziti, le macchine  improvvisamente raddoppiavano per le strade di Catania, intasate di  gente  osannante,  lui la prese per mano (era la prima volta che la toccava e rabbrividì), uscirono in strada,  e si allontanarono  in silenzio tra la folla.

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  1. virginia
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    Bellissimo racconto. Una storia tenera e romantica, scritta con garbo e sensibilità. Mi è piaciuto molto!!!

    6 anni fa
  2. Gisella Orsini
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    Stile

    Raccontare una storia d’amore attraverso i programmi televisivi che hanno segnato la vita di molti italiani ti riscalda il cuore, lo trovo veramente originale!
    Ho apprezzato tanto la descrizione delle prime mosse di questa relazione nata da sguadi furtivi che si rubavano affacciandosi a un balcone, una volta era proprio cosi!
    Delicatezza e sensibilità accompagnano la lettura di questa fotografia di altri tempi!
    Complimenti!

    6 anni fa
  3. Sara
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    Stile

    Bellissima storia che mi ha fatto tornare bambina e bellissimo stile di scrittura. Bravissima!!!

    6 anni fa
  4. Claudia
    Originalità

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    Stile

    Storia molto originale, lascia il lettore in attesa di cambiamenti e sviluppi.
    Scrittura elegante, fluttuante tra emozioni e realtà, una passione che torna a pulsare.
    Bello!

    6 anni fa
  5. Giancarlo
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Un racconto scritto in modo originale, ben scandito temporalmente, prosa lieve ma non banale. Emozioni e sentimenti descritti con semplicità solo apparente. Insomma, una lettura breve ma efficace.

    6 anni fa

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