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Il compleanno di Matteo

Il compleanno di Matteo

Via della Vite
00187 Roma
Emozioni Racconti
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Il compleanno di Matteo

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Cristina aprì piano la porta della cameretta di suo figlio, sbirciò e vide che Matteo era sveglio, la guardò sorridendo.
“Sei sveglio amore!” Gli disse avvicinandosi.
“Si, ti stavo aspettando.” Si sedette sul letto. Lo baciò.
“Oggi è il tuo compleanno, e come ogni anno faremo quello che desideri di più.”
“Niente scuola?”
“No, tesoro, niente scuola, questo giorno è solo per noi due.” Lo abbracciò. Matteo era tutta la sua vita. tremava al solo pensiero che potesse capitargli qualcosa.
“Forza in bagno a lavarti.” Il bambino ubbidì. Entrò in cucina, mentre preparava la colazione ripensò alla nascita di suo figlio. Dopo un primo attimo di paura e panico, il giorno più bello della sua vita, anzi il secondo, dopo il giorno del suo matrimonio.
Non ricordava il momento della nascita. Al suo risveglio, si ritrovò in sala parto, girò lo sguardo… Paolo dove sei? Dovresti essere qui con me… è successo qualcosa al bambino… un dottore chino su una barella… infermiere a fare cerchio intorno a lui.
“…potete riportarla in camera.”
“Dottore?” Il dottore si girò.
“Come si sente?” Si avvicinò a lei.
“Io sto bene…il bambino?” Il dottore lanciò uno sguardo a tutte le infermiere.
“Tranquilla, è andato tutto bene. La riportano in camera, si riposi.” Qualcosa è andato storto, pensò. Si agitò immediatamente.
“No, no, non voglio andare in camera… datemi il mio bambino…” Le iniettarono qualcosa nella flebo e si addormentò di colpo.
Quando sì svegliò era in camera, e proprio vicino al suo letto, c’era la culla con Matteo che dormiva tranquillo. Si alzò a fatica, lo prese in braccio e lui aprì gli occhi, fece una smorfia molto somigliante ad un sorriso. E in quel momento capì di essere persa per sempre, già lo amava.

Matteo entrò in cucina già vestito.
“Mamma possiamo fare colazione fuori?”
“Si tesoro, oggi faremo solo quello che desideri.” Uscirono di casa, salirono in macchina. Si fermarono per la colazione al laghetto dell’Eur. Seduti al tavolino in mezzo al verde, Cristina guardava suo figlio mangiare con appetito.
“Mamma oggi posso fare tutto quello che voglio?”
“Si.”
“Mi lasceresti un po’ del tuo caffè?”
“Lo sai che non …va bene dai… un po’…” Disse passandogli la sua tazzina. Non gli dava mai caffè, ma per una volta….Lui prese la tazzina sorridendo, felice di averla spuntata per una volta.
Più tardi andarono in centro, al Disney Store, comprarono cd, video, gadget e giornalini. Girarono la città in metro, avevano lasciato ad un parcheggio la macchina. Piazza di Spagna, Cristina l’adorava, seduti sugli scalini, mangiare un panino e una bibita, scambiarsi il panino a metà per assaggiare anche quello che aveva preso suo figlio, abbracciarlo forte mentre rideva della barzelletta che le aveva appena raccontato; e pensare che era la cosa più bella che le fosse capitato, diventare madre.
Riprendere la macchina e andare fuori Roma. Pomeriggio al Cinecittà World, set cinematografici dei grandi film, “La Bibbia” , “Waterloo”, “La bisbetica domata”. Matteo le chiedeva se avesse visto quei film, e contagiato dall’entusiasmo della madre, le disse che voleva vederli anche lui.
“Va bene, li compreremo e faremo una maratona di un intero giorno. Film e pop corn a volontà.”
E per concludere la giornata, cena al ristorante Life in via della Vite, le piaceva quel ristorante, ed era diventata una piacevole consuetudine concludere il compleanno di Matteo sempre lì. Era un piacere guardarlo mangiare, stava finendo il suo dolce, sfoglie croccanti con crema chantilly e cioccolato fondente, quando vide Matteo guardare verso la porta d’ingresso, poi lei negli occhi, alzarsi da tavola. Guardò anche lei in quella direzione…Paolo…entrò, si guardò intorno, incrociò i suoi occhi e …avanzò verso il loro tavolo. Angosciata pensò: NOOOO!!!
“Mamma devo andare.”
“No..no…rimettiti seduto…” Con le lacrime agli occhi cercò di fermarlo prendendogli una mano, ma le sfuggi.
“Cristina…” Paolo si fermò al suo tavolo.
“Perché sei venuto?” Matteo non c’era più, andato via. “Ero con il mio bambino…non capisco perché ogni volta…mi devi far questo.”
“Non c’è nessun bambino Cristina.” Si sedette accanto a lei. L’abbracciò e le baciò la guancia.
“Era qui, lo hai visto anche tu.”
“Non c’era nessun bambino…non lo abbiamo mai avuto un figlio…abbiamo deciso insieme di abortire, lo ricordi?”
“No…non è vero…all’ultimo momento avevo cambiato idea, no…non l’ho fatto.”Gli disse con voce flebile.
“Ogni anno …sempre la stessa storia…ti prego…andiamo a casa.” Pagò il conto e uscirono, entrarono in macchina.
“Ho lasciato la mia macchina al parcheggio del ristorante.”
“La riprenderemo domani.” Le rispose. Intanto Cristina piangeva copiosamente, si abbandonò sul sedile. La testa reclinata dalla parte del finestrino, guardava fuori, le luci delle insegne dei negozi scorrevano davanti ai suoi occhi, mentre la macchina correva verso casa.
Una volta in camera, a letto, Paolo la abbracciò, ma lei rimase rigida guardando il soffitto.
“Non hai mai voluto parlare con me … questa sera è arrivato il momento di farlo.” Lei si girò dandogli le spalle. La fece rotolare verso di lui.
“Non voglio …” Lui la baciò sulle labbra.
“La nostra vita di coppia è stata sconvolta da quell’aborto.”
“Ti prego…” Fece lei tra le lacrime.
“Mi ascolterai …dopo decideremo cosa fare della nostra vita… non possiamo continuare così.” Lei si girò di nuovo. Lui la abbracciò da dietro e la tenne stretta.
“Va bene… parleremo così… anche se preferirei guardarti negli occhi. Abbiamo fatto ricorso all’aborto, pensando di risolvere una situazione e che la vita sarebbe continuata come prima, ma ci sbagliavamo, e la cosa peggiore è che non ne abbiamo mai parlato. Non abbiamo pensato alle conseguenze, o almeno le abbiamo minimizzate.” Cristina ascoltava immobile. “Resta qualcosa… un’assenza… come uomo ho fallito, ho accettato la peggiore delle soluzioni e soprattutto non ho tenuto conto della tua angoscia.” Lei continuava a piangere. “L’aborto mi ha ferito, mi avevano assicurato che ci avrebbe risolto un problema… non è stato così… ce ne ha procurato un altro ancora più grande. Eravamo felici, innamorati, volevamo vivere la nostra vita insieme… ricordi?” Lei fece segno di sì tra le lacrime. “Era bello fare l’amore con te… adesso sono talmente poche le volte che ti lasci andare…”
“Fare l’amore con te è come se stessi tradendo lui… quel luogo è suo… non voglio disturbarlo.” Lui le accarezzò la testa e la tenne stretta a sé.
“E’ solo un modo che hai escogitato per punirti.” Lei restò in silenzio.
“Non dovevo sganciarmi dalle mie responsabilità, non si può disporre del diritto alla vita dei propri figli, la vera felicità è imparare a dare loro la vita. E’ molto difficile per me elaborare il lutto di un bambino abortito, ma spero di poterlo fare insieme, ci faremo aiutare… perché non voglio perderti.” Questa volte lei si girò per guardarlo meglio occhi. Gli accarezzò il viso.
“Non colpevolizzarti, la decisione l’abbiamo presa insieme. Mi hanno prospettato l’eliminazione del grumo di cellule, senza dirmi che era una vita con un cuore che batteva da subito. E poi, subito dopo, solo tristezza, angoscia, impossibilità di avere rapporti con te …mi dispiace… quel giorno insieme al mio bambino sono morta anch’io …non riesco a perdonarmi e credo che la soluzione migliore per noi sia dividerci.”
“No …io voglio restare con te. Affrontare questo periodo insieme e uscirne, forse la nostra esperienza potrà essere utile per qualcuno, magari se riusciremo a salvare anche solo un bambino, diventeremo genitori anche noi.”
“Intendi… raccontare a degli estranei …no, non se ne parla…”
“Ho incontrato un sacerdote…” Lo interruppe.
“Da quando in qua vai in chiesa?”
“Questa mattina, ti cercavo… sapevo quello che succede in questo giorno, triste e disperato per non essere in grado di aiutarti… ero davanti ad una chiesa e sono entrato. Seduto sulla panca da solo …piangevo …poi mi sono girato ed ho visto un sacerdote nel confessionale …mi sono avvicinato e gli ho parlato.”
“Oh andiamo Paolo… che stupidaggine raccontare i fatti tuoi a…”
“Mi ha perdonato tesoro! E perdonerà anche te …ci mostrerà la strada.”
“Piantala!!! Non verrò da nessun sacerdote … tu sai che la mia sofferenza non ha niente a che fare con la Chiesa, non mi ha indotto nessun senso di colpa. Sono cresciuta con una madre libera, emancipata, autonoma, non mi ha mai controllato e non ho mai avuto condizionamenti religiosi… ma non riesco a perdonarmi e nemmeno lo chiedo.”
“Non scaldarti! Voglio parlare tranquillament e…Don Fabrizio mi ha parlato di Papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica Evangelium Vitae, si rivolge alle donne che hanno abortito…”
“No! Non voglio sentire niente, smettila! Forse per te è stato facile chiedere e accettare il perdono …io non lo merito…era inerme, debole…non aveva nessuna forma di difesa…neanche il pianto o i gemiti…era totalmente affidato a me, eppure proprio io ho deciso la sua soppressione.” Quelle parole cariche di sofferenza, accompagnate da un pianto disperato, gli fecero male e cercò di stringerla, ma lei si liberò, si alzò, prese il cuscino.
“Non alzare muri tra noi,ti prego, insieme possiamo…”
“Buonanotte.”
“Per questa sera ti lascio in pace. Ma non abbiamo finito.” Cristina uscì dalla stanza. Si sistemò sul divano. Se lo ricordava molto bene quello che dice sull’aborto il Concilio Vaticano II, lo definisce al pari dell’infanticidio “delitto abominevole.”
Tanti anni prima, una sua amica di scuola proveniente da una famiglia di neocatecumenali, l’aveva invitata ad unirsi ai Papa-boys per la giornata della gioventù. Ebbe un incidente pochi giorni prima della partenza, un piede ingessato, e dovette desistere dal partire. Chissà se fossi andata…magari avrei conosciuto il Papa…avrei ascoltato le sue parole… e forse Matteo adesso sarebbe qui con me. Sarebbe bello poter riscrivere la nostra vita… rimediare ai nostri errori… ma il male che abbiamo fatto rimane lì, indelebile…nessuna spugna capace di cancellarlo… sfinita si addormentò.
Si svegliò nella stanza dell’ospedale dove era andata per abortire. Aveva dolore dappertutto, nausea, quasi si strozzò con il suo vomito, si girò su un fianco, stava cercando di pulirsi la bocca con il lenzuolo, alzò gli occhi e lo vide seduto su una sedia davanti a lei… un’emozione fortissima, non è possibile…sei morto…non puoi essere qui… e se sei un’apparizione che ci fai qui da me? Secondo la religione che rappresenti sono una peccatrice…
I suoi occhi azzurri penetranti già conoscevano i suoi pensieri, e le disse:
“Il medico cura il malato non il sano.” L’aiutò a pulirsi la bocca. Le accarezzò i capelli.
“Un pensiero speciale, per te che hai fatto ricorso all’aborto. So quanti condizionamenti possono aver influito sulla tua decisione e non dubito che si sia trattato d’una decisione sofferta, drammatica. La ferita nel tuo animo non si è ancora rimarginata. Quello che è avvenuto rimane profondamente ingiusto. Non lasciarti prendere però dallo scoraggiamento e non abbandonare la speranza. Apriti con umiltà e fiducia al pentimento. Il Padre ti aspetta per offrirti il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Ti accorgerai che nulla è perduto, e potrai chiedere perdono al tuo bambino che ora vive con il Signore. Aiutata dal consiglio e dalla vicinanza di persone competenti potrai essere con la tua testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita. Attraverso il tuo impegno per la vita, coronato dalla nascita di nuove creature ed esercitato con l’accoglienza e l’attenzione verso chi è più bisognoso di vicinanza, sarai l’artefice di un nuovo modo di guardare alla vita dell’uomo.”
Sentì piangere un neonato, si girò dall’altra parte del letto,vide una culla da cui proveniva il pianto. Si alzò, guardò nella culla, Matteo appena la vide le sorrise, aveva riconosciuto la sua mamma e con quel sorriso ne era sicura l’aveva perdonata. Con le lacrime si girò per …la sedia era vuota…. Guardò di nuovo la culla…vuota. L’aveva portato via con sé… Matteo è in buone mani.
Quando si svegliò corse da Paolo che ancora dormiva, gli si strinse vicino.
“Che bel modo di svegliarsi!” La baciò.
“Perdonami per ieri sera … se mi aiuterai ….”
“Certo che lo farò…anzi ci aiuteremo…” La baciò sulle labbra.

“Vuoi stare ferma un attimo?” Paolo prese Cristina per il braccio e la fece sedere su uno sgabello. Erano a svuotare il locale adibito a sala hobby che non avevano mai usato.
“Ma sto bene, cavolo! Sono incinta, non malata.”
“Si, ma di due gemelli, e rischiamo di farli venire al mondo in questa casa e non in quella dove ci siamo trasferiti e abbiamo deciso di farli nascere.”
“Uffa!!!”
“Abbiamo portato via quasi tutto! E domani dobbiamo consegnare la casa alla nuova proprietaria. Le cose che avevi comprato per …il bambino quando non stavi bene, le abbiamo regalate a don Fabrizio, tutto il resto è nel camion.” L’accenno a quando non stava bene e a Cristina spuntarono le lacrime. Lui se ne accorse, si sedette per terra vicino a lei.
“Scusa.” Lei gli sorrise.
“Non fa niente, è la verità.”
“Ma ne sei venuta fuori, sei stata brava.”
“Senza di te non ce l’avrei mai fatta.”
“Dio ci ha guarito e ci ha dato sicurezza e speranza.” Lei annuì asciugandosi le lacrime.
“Ti sei fatta umile, hai accettato di raccontare, con dolore e fatica, a persone che neanche conoscevi, anche a rischio di essere giudicata; lo hai fatto per amore, per salvare qualche vita. Sono sicuro che con le tue parole lo hai già fatto, magari anche un solo bambino. Lo hai fatto con coraggio, senza chiedere niente in cambio.”
“Ero io in debito…io dovevo dare qualcosa…” Lui si avvicinò, la baciò sulla labbra.
“Ti amo.”
“La cosa è reciproca.”Gli disse sorridendo, e ricambiando il bacio.
“Bene, portiamo via le ultime cose.” Disse alzandosi.
Diede una sguardo in giro, solo scatoloni vuoti avanzati, lo sgabello su cui era seduta Cristina, la gabbietta per la loro gattina Micia e i suoi due cuccioli…in un angolo uno scatolone impolverato.
“Nella gabbietta c’è Micia con un cucciolo, l’altro non l’ho trovato. Dove si sarà cacciato? Non voglio lasciarlo!” Disse lui.
“Non ne ho idea di dove possa essere. Lo cercheremo in giardino uscendo.” Paolo si avvicinò allo scatolone nell’angolo, lo aprì…una custodia…cercò di aprirla.
“Cos’è?” Domandò a sua moglie. Non ricordava quello scatolone. Lei si alzò e gli si avvicinò.
“Una macchina da scrivere, l’avevo comprata ad un mercatino dell’usato. Volevo scrivere la storia di nostro figlio una volta nato, quando ancora ero convinta di non aver abortito, e insegnargli ad usarla.” Disse con un velo di tristezza. Magari potessi riscrivere con questa macchina la mia vita!
Lui fece per aprire la custodia. Cristina alzò gli occhi e vide Matteo con il cucciolo di Micia in braccio, le sorrise.
“Mamma lasciali qui, lei..” Alzò le braccia e le mostrò il gattino. “terrà compagnia ad Arianna e la macchina…servirà anche lei.”


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