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A un passo

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Piazza di Santa Maria Novella
50123 Firenze
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“Ad un passo”

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“Lo hai voluto te, io non volevo. Non mi piacciono questo tipo di cose, ma si sa, tu non lo accetti. No, non è che non ti amo, smetti dai ti prego, sai bene che non è così. E’ che tutto questo continuare a salutarci mi mette peso allo stomaco, mi mette vuoto nella testa. Non ha senso questo procrastinare, tanto sappiamo tutti e due che non ci sarà un finale da film, in cui tu scendi dal lato opposto, il treno parte e poi mi chiami e…”
Fu silenzio, il tuo. Cosa avresti potuto dire dopo, se non quello che io avevo già detto? Eri furbo tu, mi mettevi in circolo la tristezza, il disagio della situazione, e poi lasciavi che me lo smaltissi da sola.
Venne il fischio del capostazione, le nostre dita si strecciarono, rimase l’odore della tua mano sul mio palmo e un poco di indolenzimento per essere stata in quella posizione con il braccio alzato. Ma questo fu solo percezione da un secondo. Non restai a vedere il convoglio che lasciava la pensilina, non mi voltai, mi girai di scatto sulle suole, me ne andai, con tutte le lacrime che mi ingombravano il respiro, con tutto il mio chiedermi cosa avrei fatto in quei minuti del dopo, in quelle ore rimaste dopo i saluti.
Firenze stava lì a un passo, piccola nella sua magnificenza. Scansai valige rigide più grandi di chi le portava, incrociai sguardi da arrivo e da partenza, passai in mezzo a colorati gruppi di adolescenti in gita e occhi e sorrisi eccitati, dei primi turisti d’aprile. Uscii dalla stazione presi per Via Cerretani. Il tuo silenzio mi ronzava nelle orecchie. Il tuo silenzio, compagno fedele del nostro essere in due, del nostro amarsi profondo sempre detto troppo poco, con un semplice “ti amo”. Io ero il nostro diario di bordo, la custode del nostro non dirselo, la voce dei due. Tu eri quello parco: di idee, esternazioni, decisioni, proposte. “Pensaci te, tu sei più adatta, sei tu la creativa, la vulcanica, la proponente”. Assuefatta nel ruolo mio malgrado, portavo avanti il compito assegnatomi, per patto segreto di coppia, per amore e basta.
Arrivai in Piazza del Duomo con passo lento e distratto, al caffè Scudieri ordinai un caffè e un dolcetto piccolo, di quelli da un boccone di sommo godimento. C’era rumore di tazzine e brusio di voci in passaggio, c’era un panorama di Duomo e Battistero a un passo. Ma quello per nostra fortuna c’è sempre. Pagai e uscii, dando ai piedi la scelta della direzione: Borgo San Lorenzo, mercato. Cinquantanni addosso e tanti ricordi di giovinezza messi insieme, nel passare in mezzo alle due file di bancarelle, un tempo patrimonio di ambulanti fiorentini, ora di altri sopraggiunti da lontano. Dove fosse arrivato il tuo treno in quel momento provai a calcolarlo guardando l’orologio: quaranta minuti dalla partenza, un passo all’arrivo alla stazione di Bologna. Ti vidi perso nei tuoi appunti sul tablet, il cellulare accanto, gli occhiali sulla punta del naso.
Ti trovai all’ingresso dell’ex mercato centrale. Eri sudato, l’impermeabile abbottonato maldestramente, gli occhi brillanti per una stranezza a te sconosciuta, messa a segno.
Mi ci vollero cinque interminabili minuti, per intrecciare di nuovo le mie dita alle tue.

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