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Tre uomini a zonzo
Scheda Verificata

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Tre uomini a zonzo

Ponte D'Arbia
53014 Monteroni d'Arbia (SI)
Gialli e Thriller Racconti
1 Review
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Tre uomini a zonzo

visita su Google street view  

 
Tony, Daniele e Marco fecero il loro ingresso nell’hotel, una soleggiata mattina di maggio. Erano contenti di essere insieme, anche per il motivo per cui si trovavano lì. Avevano deciso, di comune accordo, di partecipare a una serata speciale: una cena con tanto di intrattenimento. E li intrigava molto che l’intrattenimento fosse un delitto, e che in palio, per chi scopriva il colpevole, ci fossero ricchi premi. Si avvicinarono al banco e si rivolsero all’elegante portiere.
– Abbiamo prenotato tre stanze – disse Tony.
Snocciolarono i rispettivi cognomi, e il portiere consegnò loro le chiavi augurando buona permanenza.
– Lo sarà sicuramente – replicò Tony.
Daniele annuì, mentre Marco si guardava intorno.
– Il posto è spettacolare. Bell’ambiente, di classe, sicuramente il servizio sarà all’altezza, e piscina, palestra, tutti i comfort, che possiamo volere di più? – commentò.
– E poi si mangerà di sicuro bene – rispose Daniele.
– In Toscana si mangia benissimo. Sarà una gran bella serata, ragazzi – disse Tony. – E non so se ve l’ho detto, ma io partecipo per vincere.
Gli amici si sorrisero, e presero le scale.
 
La sera, Tony era pronto prima degli altri. Aveva indossato un abito scuro e una cravatta variopinta. Sua moglie sarebbe inorridita, ma per fortuna non era presente, non aveva potuto lasciare il lavoro, neppure per pochi giorni. Lui non disdegnava la sua compagnia, ma voleva stare un po’ con gli amici, senza mogli intorno. Abitavano lontano, in varie regioni d’Italia, e vedersi tra i vari impegni della vita quotidiana, non era semplice. Poi una comune conoscente – lavoravano tutti nello stesso settore – aveva parlato loro di quell’evento. E i tre, nonostante la distanza, avevano accettato con gioia di soggiornare in quell’hotel fantastico e di partecipare a una serata insolita.
Tony sollecitò gli amici.
– Siamo quasi pronti – rispose Daniele. Poi si voltò e lo squadrò. – Ma che ti sei messo?
– Perché, cosa non va?
– Credo si riferisca alla cravatta – ribatté Marco.
– Favolosa, vero?
– Non è la parola che avrei usato io.
– Non brontolare, Daniele. Ci voleva un tocco di colore. È un gioco, non un funerale.
– Tu saresti capace di metterla anche a un funerale – sorrise Daniele, per nulla offeso.
Marco si specchiò per un’ultima volta, si lisciò le pieghe immaginarie del vestito e si voltò a guardarli.
– Sono a posto, che dite?
– Bello come il sole – replicò Tony.
L’amico rise.
– Mai quanto te.
Tony gli fece eco.
– Ragazzi, dopo cena, tutti nell’idromassaggio della piscina.
– E se troviamo anche altri ospiti?
– Li buttiamo fuori – concluse deciso Tony e lasciò la camera.
Scese velocemente i gradini, attraversò la hall, e uscì in giardino. Respirò a pieni polmoni, l’aria era intrisa di primavera e di promesse di una notte serena.
Raggiunse la piscina, e si sedette a un tavolino. Pensò di ordinare un aperitivo, ma lasciò perdere. Avrebbe aspettato gli altri. Chissà che bella sala avevano preparato, si incuriosì. Si alzò, e rientrò. Notò quasi subito un cartello che indicava dove avrebbero cenato, e aprì lentamente la porta della sala. Una profusione di colori lo colpì. I fiori erano dappertutto, sui tavoli, negli angoli, vicino alle finestre.
Che stile, pensò Tony, speriamo di non far confusione con le posate. Sorrise e varcò la soglia.
Non vide nessuno, i camerieri evidentemente avevano terminato. Del resto, non c’era nulla fuori posto. Forse giusto lui, che non avrebbe dovuto essere lì.
Tony sbirciò i nomi scritti sui segnaposto. Trovò il suo, e quello dei suoi amici; erano allo stesso tavolo, per fortuna. Non che si sarebbe fatto scrupolo di cambiarli, in caso contrario.
Andò a cercare il bar.
Si accomodò al bancone e ordinò un Negroni. Gli misero subito davanti olive, patatine e cibarie varie, che lui apprezzò, anche se avrebbe potuto rovinarsi l’appetito, ma non era tipo da spaventarsi per così poco.
Daniele e Marco si sedettero vicino a lui. Daniele ordinò un Martini dry, Marco si limitò a un analcolico.
– Marco, Marco, a volte penso che per te non ci sia speranza – lo canzonò Tony.
– Non mi piace l’alcool, è più forte di me.
– Ragazzi, dovremmo già essere alla cena – disse Daniele, guardando l’orologio – non vorrei iniziassero senza di noi.
– Ci mancherebbe – rispose Tony. – Non possiamo perdere neppure un attimo, altrimenti non  vinceremo.
Poco dopo erano seduti al posto loro assegnato, nella grande sala.
Un uomo giovane stava in piedi davanti agli ospiti a spiegare il programma della serata, mentre i camerieri servivano gli aperitivi.
– Durante la cena, tra una portata e l’altra, avverrà un delitto, un omicidio, uno dei presenti morirà; voi, a questo punto, potrete osservare, interrogarvi a vicenda e compilare le schede che vi abbiamo consegnato con le vostre impressioni e conclusioni. A un certo punto, dopo un tempo già stabilito, chi vorrà potrà dire la sua idea: chi è l’assassino e qual è il movente.
Poi passò a elencare i premi in palio, per il miglior investigatore e per chi avrebbe comunque avuto delle giuste intuizioni.
Tony già ne aveva adocchiato un paio su cui avrebbe volentieri messo le mani.
Anche gli altri due erano interessati, perciò avrebbero avuto i sensi all’erta.
Iniziò la sfilata delle pietanze: avevano tutte un aspetto appetitoso. E il gusto non era da meno, come annotò Daniele.
Terminarono antipasto, primo piatto e secondo, sempre vigili, finché non avvenne il fattaccio: un uomo si accasciò al suolo in un cantuccio della stanza.
Tony e gli amici si guardarono. Ci siamo, si dissero con gli occhi.
Ma non si erano aspettati quello che capitò dopo. Molti si alzarono di scatto dai loro posti, e cominciarono a urlare, persino gli organizzatori.
I tre amici si avvicinarono per capire meglio e scorsero una scena orribile: l’uomo era brizzolato, vestito con un raffinato completo grigio, però un coltello che spuntava nello sparato della camicia, all’altezza dello stomaco, rovinava la sua eleganza.
– Non toccate nulla – strillò un invitato. – Ci vuole la polizia.
Una donna prese il cellulare per chiamarla.
– Non c’è un medico? – intervenne un altro.
Nessuno si mosse.
– In un film americano, si sarebbe subito precipitato qualcuno.
– Purtroppo non è un film – disse Marco, triste.
Solo le forze dell’ordine riportarono un po’ di calma.
Tutti furono interrogati, tuttavia non si riusciva a comprendere come in una stanza affollata, fosse stato possibile accoltellare un uomo senza che chiunque se ne accorgesse.
I primi sospettati furono, ovviamente, gli occupanti del medesimo tavolo della vittima.
Sembravano innocui, gente amica e amichevole. Ma tra loro doveva esserci un assassino, era fuor di dubbio. Così considerava Tony, seduto nel giardino, con Marco e Daniele.
– Perché, scusa? Stava girovagando nella sala, l’ho visto anch’io, perché uno dei suoi commensali? – chiese Marco.
– Perché li conosceva – sottolineò Daniele. – Noi eravamo allo stesso tavolo perché siamo amici e volevamo stare vicini. Avranno chiesto la stessa cosa pure loro.
– Da quel poco che ho sentito, sembra che fossero in tre: il morto e un paio di professionisti, che lo accompagnavano. E che fosse un estraneo per il resto degli invitati.
– Non sei riuscito a origliare altro, Tony? – sorrise Marco.
– Macché. Parlavano troppo piano. Un tizio, credo fosse il capo, si è allontanato con un agente appena si è accorto che ero interessato. Ho captato solo poche frasi.
– Mi dispiace, doveva essere un’occasione per risolvere un mistero, per divertirci un po’ e invece…
– Marco, ma no. Lo è, una persona è veramente deceduta, ma noi possiamo sempre indagare.
– Tony, non dirai sul serio – lo rimproverò Daniele. – Non possiamo intrometterci.
– Sì che possiamo. Ci divertiremo, anche se non ci sono più premi a disposizione.
– È morta una persona!
– Ne sono addolorato, Marco, molto – replicò Tony – ma daremmo una mano alla polizia.
– Che non sta aspettando altro che dei dilettanti si mettano in mezzo.
– Va bene. Ragazzi, mettiamola così: io voglio indagare, voi che fate?
– Non ti lasciamo solo, non possiamo – replicò Marco.
– Non approvo, però cedo alla maggioranza – concluse Daniele.
Si strinsero la mano, come per sancire il patto.
Tornarono in albergo.
 
Si concentrarono sui due compagni del defunto, lasciando eventuali altri sospetti alla polizia.
Erano entrambi di mezz’età, con l’aria di chi ha molti soldi e un’ottima posizione sociale.
Tony li agganciò, con la solita faccia tosta, con la scusa delle condoglianze. I due lo stettero ad ascoltare, ma tagliarono corto.
– Non sono molto simpatici – sentenziò lui, raccontandolo agli amici.
– Beh, sono stravolti. Un loro caro è morto in quel modo.
– E poi saranno preoccupati per l’accusa di omicidio.
– Ma quando mai! – sbuffò Tony. – Quelli potranno permettersi i migliori avvocati in circolazione. Sono solo snob.
– O forse gli stai antipatico – disse Marco.
– Chi io? No, impossibile! – sorrise Tony. – Ma non demordo. Dobbiamo farli parlare. E dovete farlo voi.
– Non ti spaventa quando parte in quarta? – chiese Daniele a Marco.
– Eccome. Ho sempre paura che ci cacci nei guai.
– Su, su, gente di poca fede. Siete in buone mani, le mie – rise Tony.
E gli altri lo imitarono. Tanto li convinceva sempre a seguirlo nelle sue folli imprese.
Si divisero i compiti: Daniele avrebbe provato a intercettare un ospite, Marco si sarebbe occupato del terzo uomo.
Tony, per il momento, si sarebbe limitato a godere di tutti gli agi dell’hotel, cominciando dalla piscina. Poi insieme avrebbero discusso delle loro nuove opinioni sull’omicidio.
 
Daniele e Marco lo raggiunsero poco più tardi.
– Ragazzi, l’idromassaggio è favoloso, dovreste provarlo – li accolse Tony.
– Lo farò presto – esordì Daniele. – Il mio nuovo amico non è poi tanto tremendo quanto sostenevi tu. Con me è stato cordiale, anche se un po’ sulle sue.
– Anche il mio.
– Va bene, va bene. Non li ho saputi prendere. Arrivate al punto. Che vi hanno detto del momento dell’omicidio? Che stavano facendo? Dov’erano mentre un uomo veniva assassinato?
– Lui mi ha raccontato che era seduto, che lo è stato quasi per tutto il tempo. Non aveva voglia di chiacchierare. Sembra che il morto lo abbia un po’ trascinato a questa serata con delitto. Non era il suo genere di svago – cominciò Marco.
– Voi lo avete visto in sala?
– Forse. Eravamo tanti, non ricordo molto chi ci fosse.
– A me ha detto che era proprio vicino a noi, dall’altra parte della sala, intanto che qualcuno assassinava l’amico – interloquì Daniele. – Ricorda che parlottavamo sorseggiando i nostri tre aperitivi rossi.
– Rossi? – fece Marco.
– Rossi sì. Aspetta, è vero, non ci avevo pensato – esclamò Daniele.
I tre uomini si guardarono negli occhi. E tutti e tre scattarono verso l’albergo.
 
Erano in auto diretti all’aeroporto, dove ognuno avrebbe preso un volo differente, che l’avrebbe riportato nella sua città.
– È stata una bella avventura – sorrise, soddisfatto, Tony.
– Ritenevo che la polizia ci avrebbe considerati matti, è andata molto bene.
– Di lusso, Daniele.
– Io ancora non ci credo che abbiamo contribuito a risolvere il caso – fece Marco.
– Già, e dire che prendevamo sempre in giro Marco perché è astemio, non potremmo più permettercelo, Daniele.
– Già. Grazie al fatto che, alla cena, Marco non abbia scelto l’aperitivo alcolico, il rosso, ma abbia preferito l’analcolico, cioè quello biondo, ha fatto in modo che ci venissero dei sospetti su dove effettivamente si trovasse l’amico della vittima.
– Per fortuna, invece di ordinarci di farci gli affari nostri, la polizia ci ha dato retta.
– Certo come prova era un po’ labile – rifletté Marco.
– Sì, ma quell’uomo non era un assassino di professione, è stato un impeto di rabbia, quindi ha confessato all’istante, appena l’hanno messo sotto torchio.
– È probabile si sentisse in colpa e non ha resistito – rimarcò Daniele.
– Peccato per i premi. Una ricompensa ci spettava.
– Tony…
Sorrisero e si abbracciarono prima di dirigersi in direzioni diverse. Ma sapevano che sarebbe stata soltanto una separazione momentanea.
Avrebbero approfittato di ogni ulteriore occasione per rivedersi, per divertirsi ancora insieme. A costo di sperare in un altro omicidio.

“Era alto, era vertiginoso, era avventato, era l’unica via. Lo sguardo fluttuava tra le nuvole, sulla vastità del panorama. Era silenzioso, lassù, molto di più di quanto si sarebbe aspettato. Non era così male, pensò, meglio lì che smarrito tra la gente a cercare una difesa. Bastava essere quieti, serafici e ogni cosa avrebbe trovato la giusta collocazione. Almeno lo sperava. Chiuse gli occhi e si diresse verso l’ignoto.”


Tra le nuvole di Franca Marsala ci proietta, senza inutili giri di parole, direttamente nel bel mezzo dell’azione. Daniele, il coprotagonista del racconto, si imbatte suo malgrado in Marco, un uomo seduto sul cornicione di un palazzo e, almeno in apparenza, intenzionato a togliersi la vita. Sulla falsariga dei dialoghi di platoniana memoria, l’intera narrazione è retta dal fitto scambio di battute, a tratti serrato a tratti ironico, fra i due perfetti sconosciuti. Tra Daniele e Marco, superata l’iniziale diffidenza, prende corpo un’inaspettata complicità. L’aspirante suicida decide di confidarsi. Dimostrando che spesso con un estraneo l’operazione si rivela più facile del previsto. Così gli racconta, con dovizia di particolari, il perché si trovi in quella scomoda situazione. In un crescendo di tensione, il lettore viene portato per mano fino all’imprevedibile epilogo. Con uno stile asciutto e sardonico, l’autrice tratteggia quindi i contorni di una vicenda intrigante e suggestiva.

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  1. SM
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Che storia simpatica!

    6 anni fa
  2. Carlo

    Bel racconto, intelligente e ben scritto.

    6 anni fa

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