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Rosso di sera

Rosso di sera

38019 Lago di Tovel, Tuenno (Tn)
Gialli e Thriller Racconti
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Rosso di sera

visita su Google street view  

La strada era infinita e tortuosa e la musica dentro l’abitacolo era assordante, ma a lui non sembrava dispiacere; in fin dei conti era con la sua famiglia e quando era con loro poteva sopportare di tutto, anche quel frastuono incomprensibile.
Leccò le dita che la ragazza aveva infilato tra le sbarre della gabbietta.
Lei era la sua preferita, certo amava anche gli altri tre, ma lei l’amava in modo particolare. Lei lo aveva portato a casa tenendolo stretto a sé quando era poco più grande di pulcino. Lo aveva allattato con un biberon e portato a dormire nel suo letto, dove ancora adesso dormiva nonostante fosse cresciuto. Anche l’altra ragazza lo riempiva di attenzioni e carezze, ma lei era speciale, lei era la sua mamma.
<< Allora? Come sta il nostro campione?>> il ragazzo alla guida lo stava fissando dallo specchietto.
<<Sembra piuttosto tranquillo, considerando che è qui dentro da quasi tre ore>>. Letizia infilò nuovamente le dita accarezzandogli il musetto. Il cagnolino chiuse gli occhi, leccando l’aria in cerca della sua mano.
Lo aveva trovato rannicchiato sul ciglio della strada in un piovoso pomeriggio di maggio pochi anni prima, mentre si stava dirigendo a casa dopo aver preso parte a una lezione di anatomia. Lì per lì non si era neanche accorta di cose fosse in realtà, sembrava un piccolo peluche dimenticato da qualche bimbo distratto. Poi lo aveva visto tremare e allora lo aveva avvolto nella pashmina e portato con se. I suoi coinquilini erano gli stessi che ora viaggiavano in auto con lei, gli stessi con cui divideva ansie e preoccupazioni pre e post esame, gli stessi che a turno poi si erano dati il cambio giorno e notte per prendersi cura di lui per non lasciarlo mai solo, anche se poi era sempre con Letizia che preferiva addormentarsi.
L’idea di chiamarlo Thor era venuta a Marco, il ragazzo alla guida, se una mollica di pane con gli occhi come lui era riuscita a resistere fuori con quel tempo, meritava sicuramente un nome degno di tale impresa.
E Thor rimase. Giada abbassò il viso per guardarlo negli occhi, era una ragazza carina, con un taglio di capelli bizzarro che cozzava prepotentemente con il viso dolce e delicato.
<<A vederlo credo che Leti abbia ragione, sembra un re seduto sul trono, mai visto nessuno di più tranquillo>>
Nicolas, il ragazzo seduto davanti si voltò a guardarlo strabuzzando gli occhi leggermente arrossati.
<<Sta meglio di noi. Ma quanto manca ancora? A me è venuta una fame…>>
Marco gli rispose senza distogliere gli occhi dalla strada tortuosa. <<Poco ormai. E comunque sono solo le dieci e hai fatto colazione due ore fa.>>
Per tutta risposta lui sbadigliò rumorosamente. <<Ma io ho una fame boia, sarà la primavera>>
Letizia e Giada scoppiarono a ridere. Marco gli rispose canzonandolo <<Ma quale primavera!? Siamo solo a metà febbraio, saranno le canne che ti fai. La tua è fame chimica amico mio. Eccoci, siamo arrivati>>.
Parcheggiò l’auto in uno spiazzo semi deserto, a parte un paio di camper e la jeep della guardia forestale.
Scesero stiracchiandosi la schiena indolenzita dal lungo viaggio; avevano deciso di passare la domenica lontano dagli studi e da quel caos soffocante che era la città di Bologna; così erano partite per una piccola escursione al Lago di Tovel, il famoso Lago Rosso.
Thor cominciò a guaire forzando con il muso le sbarre della gabbietta, voleva scendere, annusarsi intorno e fare pipì, rincorrere qualche insetto e fare pipì, abbaiare a qualche altro cane e fare pipì… per fortuna lui ne aveva sempre un sacco di pipì. Letizia lo fece uscire agganciandogli il guinzaglio dandogli un bacio sul muso prima di metterlo a terra, lui ricambiò un paio di volte con la linguetta umida ma poi si divincolò in fretta, doveva fare pipì. Alzò la zampina irrorando la ruota posteriore del fuoristrada appartenete alla forestale. <<Ehi!>> uno dei due agenti si avvicinò a lui con aria minacciosa.
<<Scusi. Oh mio Dio mi scusi, mi sono distratta un attimo.>> Letizia tirò su Thor da terra strattonando il guinzaglio. Il cagnolino emise un leggero guaito tentando di liberarsi per tornare nuovamente giù. L’agente scrollò la testa cruciato, ma Letizia gli lesse un sorriso negli occhi scuri. <<Non fa niente è solo urina dopotutto, ma tienilo al guinzaglio e non perderlo mai di vista, potrebbero esserci dei lupi qua attorno e lui ha tutta l’aria di un delizioso bocconcino per quelle bestiacce.>> Gli carezzò la testa arruffandogli il pelo, Thor gli leccò la mano; quell’uomo odorava di buono. L’agente si rivolse a tutti e quattro: <<Copritevi bene e non state fino a dopo il calar del Sole, la temperatura scende parecchio sotto lo zero e rischiereste di gelare>>, tornò a guardare Thor che lo fissava ansimando con la linguetta di fuori <<E tu, occhio a dove ti infili>>. L’uomo li salutò con un gesto della mano e si allontanò lasciandoli alla loro passeggiata, i ragazzi si sorrisero imbarazzati e presero gli zaini dal baule dell’auto.
Marco sghignazzò piano. <<Non ci posso credere, ha fatto pipì sulla ruota di quelli. Che idiota di cane>>.
<<Ma va là, è stato un grande! Così si fa. Potere al popolo. Batti cinque Thor>> Nicolas allungò la mano verso il cagnolino che si mise seduto poggiando la zampetta sul palmo aperto, lui gli scompigliò il pelo stropicciandolo, mentre il cagnolino ringhiava confuso. Letizia lo spinse via irritata. <<Smettila lo sai che non lo sopporta>>.
<<Che dici, gli piace un sacco invece. Va bene! Che facciamo, mangiamo?>>
Giada scrollò la testa seccata <<Sei una palla. Facciamo prima una piccola escursione almeno>>.
<<No dai, io sto morendo di fame.>> gli amici gli voltarono le spalle ignorandolo, seguendo il percorso che portava al lago con Thor avanti a tutti che trascinava Letizia a destra e sinistra, dispensando la sua orina dovunque potesse arrivare.
<<Cavolo ma quanta ce n’ha?>> Marco camminava a fianco Letizia sostenendola prontamente ogni volta che il cane ripartiva strattonandola. Aveva sempre avuto un debole per lei, fin dalla prima volta che si era presentata rispondendo al suo annuncio per la ricerca di un coinquilino. Lui avrebbe preferito altri due ragazzi, visto che l’appartamento era suo e poteva permettersi di scegliere, ma non era riuscito a dirgli di no.
E poi si era dovuto adattare e accettare un’altra ragazza, di cui Nicolas gli era eternamente grato, visto che ora stava insieme a Giada, anche se dormivano separati.
<<Wow ragazzi, guardate che roba.>> Dall’altura da dove erano sbucati si poteva ammirare il lago assediato da montagne imbiancate e circondato da alberi di un meraviglioso verde smeraldo. Ai bordi l’acqua era così limpida da sembrare inesistente mentre in altre zone era di un verde intenso, quasi surreale. Cumuli di neve indugiavano pigri scintillando al sole, ancora troppo debole per poterli dissolvere.
Thor ripartì alla carica trascinando dietro di se Letizia prontamente sostenuta da Marco. I due si sorrisero e presero a scendere fino alla riva del lago, dove il cane si avvicinò annusando prima di bere rumorosamente.
Letizia allungò la mano a sentire l’acqua estraendola subito con un brivido.
<<È gelida. Non esagerare Thor, ti si gela lo stomaco>>. Il cagnolino la guardò incantato con il musetto gocciolante inclinando la testa da un lato scodinzolando felice, sapeva che lei gli diceva qualcosa di bello, lo capiva dal tono della voce che gli stava dicendo qualcosa di bello.
<<Guardate che meraviglia…>> Giada sembrava la più estasiata della vista di quel posto magico.
Decisero di perlustrare il lago seguendo il sentiero che gli girava attorno; tolsero il guinzaglio a Thor lasciandolo libero di annusare e orinare ovunque. A metà percorso si erano dovuti inerpicare per alcuni metri su per la montagna salendo su dei gradini naturali, potendo ammirare il lago con il sole che scintillava sull’acqua rilucendo sulla neve candida. Si fermarono estasiati immortalando il panorama da ogni angolo, con Thor che continuava a sgambettare felice avanti e indietro.
Continuarono l’escursione con il sole alto nel cielo, sul lato opposto al quale erano arrivati si espandeva una spiaggia bianca e stranamente soffice. Nicolas procedette cauto lievemente in ansia. <<Che roba è?>>
Marco si accovacciò per toccare lo strano tappeto bianco. <<Credo che siano le alghe…>> ne raccolse un po’ mostrandogliele. Sembravano fili sottili di paglia bianca. Avvicinandosi all’acqua le alghe assumevano sfumature rosate. <<Sì, sono le alghe. Guarda vedi? Più ci avviciniamo all’acqua più diventano rosse>>.
Nicolas lo fissò deluso. <<Vuoi dire che è tutto qui il Lago Rosso? Cioè, spettacolo da favola per carità, ma io avevo capito che l’acqua era rossa.>> Letizia si avvicinò a loro con gli occhi fissi sul display del cellulare.
<<E una volta era così: è dal 1964 che l’acqua non diventa più rossa, si pensa a causa di alcuni fattori naturali per cui le alghe non riescono più a fiorire. Qui dice che la leggenda del Lago Rosso, vuole che le acque diventino rosse in ricordo dei coraggiosi abitanti di Ragoli che morirono proprio sulle rive di questo lago, opponendosi al crudele re di Tuenno che voleva in moglie la loro principessa, che morì in battaglia assieme a loro. Quando il lago diventava rosso nei mesi estivi, si credeva che lui si sedesse sulle sponde del lago a piangere la sua gente>>.
Nicolas fece una smorfia di apprezzamento. <<Gran bella storia. Che facciamo, mangiamo?>>
Gli altri tre sospirarono facendo spallucce e ripresero a camminare, con Thor che correva come un forsennato avanti e indietro.
<<Eddai, io ho fame!>> Sbruffò seguendo i compagni, mentre Thor aveva cominciato a rotolarsi tra le alghe secche del lago, per poi riprendere a correre come un ossesso.


Letizia lo guardò sorridendo. <<Ma che gli prende?>>
Il cagnolino continuava a correre instancabile con la linguetta a penzoloni che sbatacchiava da una parte all’altra, ogni tanto si fermava, annusava a terra e poi ricominciava: su e giù, avanti e indietro.
Scoppiarono a ridere e tornarono ad ammirare e fotografare il magnifico paesaggio, poi il rumore di qualcosa piombato in acqua ruppe il silenzio facendoli trasalire.
<<Thor!>> Letizia corse verso la sponda chiamando a gran voce il cagnolino che si stava allontanando dalla riva nuotando verso il centro del lago.
<<Vieni subito qui!>> il cane avanzò di qualche altra zampata, poi rispose al richiamo della sua padrona e tornò indietro. Gli altri gli corsero incontro preoccupati, Giada si tolse la sciarpa e lo asciugò strofinandolo forte con l’aiuto di Letizia che aveva il cuore che le batteva all’impazzata; su internet aveva letto che molte persone erano morte affogate nei laghi di montagna per via dell’acqua gelida che intorpidiva loro gli arti impedendogli di tornare a riva. E se fosse successo anche a lui?
<<Non farlo mai più hai capito? Mai più!>>
Thor abbassò le orecchie e il musino nella classica espressione dispiaciuta che assumeva ogni volta che combinava qualcosa. Letizia lo prese in braccio stringendolo forte, mentre tutti gli si facevano intorno coccolandolo e accarezzandolo, infine lo rimise a terra e non appena le zampette toccarono il suolo, lui ricominciò nuovamente a correre come un forsennato.
La voce di Letizia assunse un tono preoccupato. <<Se continua così gli verrà un infarto>>.
Marco raccolse un po’ di alghe secche annusandole. <<Potrebbero essere le alghe, forse contengono un che di eccitante, tipo caffeina o qualcosa del genere…>>
Nicolas gli si avvicinò tra il sorpreso e il divertito. <<Dici davvero?>> si accovacciò raccogliendone un mucchietto mettendoselo in tasca sotto lo sguardo incuriosito degli altri.
<<Ma che ci fai scusa?>>
<<Poi lo mischio all’erba al posto del tabacco, se a lui fa quell’effetto, deve venire fuori un cannone che è una bomba!>> Rise divertito della sua battuta mentre gli altri tre lo guardavano rassegnati.
Giada passò oltre scrollando la testa: <<Sei proprio un idiota.>>
<<Voglio vedere se lo penserai ancora così dopo che ti avrò fatto fare un paio di tiri.>>
Finirono il giro del lago arrivando vicino al punto dal quale erano partiti, si sedettero ad un tavolino e finalmente mangiarono per la gioia di Nicolas. Rimasero seduti per qualche ora, parlando degli esami e di quello che li aspettava una volta finita l’università, dei loro sogni e di quello che il futuro gli avrebbe riservato. Quando si decisero ad alzarsi, il sole stava calando dietro le montagne e l’aria si era fatta più fretta e umida, Thor si era finalmente tranquillizzato e ora dormiva ai piedi di Letizia.
Marco si alzò stirandosi la schiena. <<Forse dovremmo andarcene, il sole sta calando e ho la sensazione che si sia fatto più freddo>>.
Nicolas afferrò Giada per una mano tirandola su. <<Solo qualche minuto, devo dire due parole a questa ragazza>> Corsero via ridendo lasciando gli altri due a guardarli a metà tra il divertito e l’imbarazzato. Thor tirò su la testa svegliato dalle voci, ma poi visto che la sua mamma era lì, si stiracchiò e ricominciò a dormire.
<<Che idiota.>> Marco cominciò a riporre i rifiuti del loro pranzo in sacco di plastica.
<<Aspetta che ti aiuto>> Letizia allungò la mano per prendere una lattina di coca vuota e le loro mani si sfiorarono. Rimasero qualche attimo così, vicini, con le dita che si toccavano, e poi finalmente Marco fece quello che sognava di fare da un’infinità di tempo, la tirò a se e la baciò.
Continuarono a baciarsi con il sole che indorava il lago con i suoi ultimi raggi dorati.
 
Il sole era scomparso del tutto lasciandolo un delicato rossore a tingere il cielo e ora l’aria era veramente fredda. Giada si finì di vestire in fretta scossa dai brividi.
<<Mamma mia che freddo>>. Si allacciò il piumino fino al collo, guardando Nicolas che ormai vestito tirava fuori le cartine e il tabacco. <<Eddai Nico, non vorrai davvero farti un cannone adesso>>. Lui la fissò con quello sguardo sornione che l’aveva fatta innamorare.
<<Ne vuoi un po’?>>
Lei scrollò la testa dandogli le spalle. <<Sbrigati a tornare che ho freddo>>
 
Il blu inteso della notte aveva cancellato gli ultimi stralci di sole e ora qualche stella occhieggiava timida nel cielo. Marco guardò l’orologio. <<Sono le sei e mezza dove cavolo e finito quell’idiota?>>
Quando Giada li aveva raggiunti, avevano finito di raccogliere le ultime cose e si erano diretti all’auto con Thor che li precedeva (questa volta al guinzaglio) facendo loro strada. Avevano già dovuto chiamare una volta Nicolas al cellulare per dirgli di sbrigarsi e ora nonostante fosse passata più di mezz’ora ancora non si vedeva.
Giada provò a chiamarlo di nuovo, ma questa volta il telefono non squillò; fece partire direttamente la segreteria.
<<Idiota, idiota, idiota! Vado a chiamarlo.>>
Marco la guardò preoccupato. <<Da sola? Forse è meglio che vado io>>
Lei rispose mentre si era già avviata: <<Perché hai paura che incontro qualche orso? In tal caso prega per lui, e poi tu non sai neanche dove ci eravamo imboscati.>> Nel giro di qualche minuto scomparve alla loro vista perdendosi nelle ombre scure della vegetazione.
A metà percorso fu costretta a slacciarsi il piumino, un po’ per la foga, un po’ per il nervoso; Nicolas gliel’avrebbe pagata cara questa. Arrivò nel punto dove si erano lasciati, ma del ragazzo nessuna traccia. Il cuore prese a palpitarle. E se fosse realmente stato attaccato da un orso? O peggio ancora, se fatto di fumo fosse inciampato e caduto nel lago? Ripensò a Thor che ci si era gettato di sua spontanea volontà dopo essersi rotolato tra le alghe secche. E se Nicolas avesse fatto lo stesso?
Si diresse quasi correndo verso il lago che riluceva alla tiepida luce della luna chiamandolo a gran voce, e poi lo vide.
Era di schiena seduto sulla riva, vicinissimo all’acqua.
Giada lo chiamò di nuovo, ma senza risposta. Rimase attonita a guardarlo con il respiro sospeso. Si avvicinò piano a lui, toccandogli una spalla con il cuore sempre più in tumulto.
<<Nicolas?>>
Lui si voltò, gli occhi rossi e gonfi. Nella bocca teneva uno spinello acceso, a terra in mezzo alle gambe incrociate c’erano una decina di mozziconi spenti.
<<Oddio, ma quanti te ne sei fatti?>>
Prima che potesse dire o pensare altro, un pugno la colpì con violenza sullo zigomo. Stramazzò a terra, confusa e dolorante, mentre il ragazzo si alzava in piedi troneggiando su di lei.
<<Nicolas…>> la voce era debole, confusa.
Lui l’afferrò per i capelli trascinandola vicino all’acqua, mentre Giada tentava una debole resistenza, le girò il viso a guardarla negli occhi, quegli occhi nocciola di cui si era innamorato e che ora lo guardavano imploranti.
<<Nicolas…ti prego…>>
Le calò violentemente la testa facendola battere su un masso sulla riva. Il naso e la mascella si frantumarono nell’impatto e il sangue cominciò a fluire verso il lago tingendo l’acqua gelida, mentre il dolore le esplodeva nel petto combinandosi al terrore e i pensieri si accavallavano confusi.
In un ultimo attimo di lucidità ripensò a Marco e al fatto che le aveva proposto di venire al posto suo. Avrebbe dovuto accettare.
Sentì i capelli tirare, li seguì senza opporsi e questa volta il colpo spense per sempre i suoi pensieri.
Nicolas aspirò l’ultimo tiro della canna e gettò via il mozzicone con la mano libera mentre con l’altra continuava a sbattere la testa di quella che era stata la sua ragazza e che in un passato lontano lui aveva sognato diventasse sua moglie, a percuotere contro il masso fino a ridurlo un ammasso informe di pelle e capelli. Infine la lasciò cadere sciacquandosi la mano nell’acqua resa rossa dal sangue di Giada.
<<Non basta>>.
Si voltò a guardare la donna seduta al suo fianco: indossava quella che doveva essere un’armatura e aveva una profonda ferita sul ventre.
<<Non è abbastanza rosso vedi? Solo il suo sangue non basta, i miei uomini erano tanti. Tu non vuoi essere il mio uomo?>> allungò una mano spettrale a carezzarli il viso. Nicolas sentì il gelo del suo tocco fargli accapponare la pelle. Si eccitò all’istante. <<Ho visto che hai altri amici>>.
Nicolas gettò fuori il fumo da un angolo della bocca distorta con un sorriso sghembo. Si aveva altri amici, avrebbe fatto felice la bellissima regina che lo guardava con adulazione, ma prima ci voleva un altro cannone.
Raccolse un po’ di alghe secche rollandole nella cartina.
Aspirò la prima boccata a pieni polmoni pensando ai suoi amici.
 
<<Ma dove sono finiti? Che ore sono Leti?>> lei guardò il cellulare <<Le sette e un quarto. A quest’ora dovevano essere qui già da un pezzo…>> stringeva il cagnolino al petto cercando di riscaldarlo. Nonostante fossero all’interno dell’auto l’aria era gelida e quando parlavano piccoli fumetti d’aria calda riempivano l’abitacolo. Avevano provato a contattarli con il cellulare ma in quello di Nicolas partiva la segreteria, mentre quello di Giada suonava a lungo senza risposta.
Marco si allacciò il giubbotto e si infilò il capello calcandoselo perbene sulla testa e sulle orecchie. <<Basta, vado a cercarli.>> Letizia lo guardò terrorizzata. <<Aspetta, e io?>>
Lui sorrise e le baciò le labbra. <<Non preoccuparti, torno subito. E poi tu hai lui, di cosa hai paura?>> Scompigliò il pelo al cagnolino, le diede un altro bacio e scese dall’auto.
Una volta fuori l’aria fredda della notte gli morse la pelle del viso. Si batté le braccia sul petto con un brivido, girandosi a guardare Letizia dentro l’auto con un sorriso e il pollice verso, e non lo vide arrivare.
Il ramo lo colpì all’altezza della tempia protetta dal capello di lana, ma il colpo violento e inaspettato lo fece ruzzolare e una volta a terra divenne facile preda dei colpi violenti e irrazionali di Nicolas.
Sentì le urla di Letizia provenire ovattate da lontano, tentò di rimettersi in piedi, ma un ultimo calcio alle costole gli tolse il respiro lasciandolo a terra dolorante e senza fiato. Letizia corse fuori dall’auto incredula e terrorizzata. <<Nicolas! Nicolas, fermati! Nic..>>
Il pugno la colpì sulla bocca. Le labbra si spaccarono all’impatto con i denti e il sapore metallico del sangue le arrivò fino alla gola. Indietreggiò disorientata mentre il dolore le offuscava la vista. Un altro pugno violento la colpì alla tempia e questa volta crollò al suolo tramortita.
Marco gridò forte, o almeno era quello che credeva di aver fatto. Si accorse con orrore che respirava a fatica e a ogni movimento il dolore lo colpiva con un fulmine accecante. A ogni respiro dalle labbra fuoriuscivano bollicine di sangue… quel coglione doveva avergli fratturato una costola e forato un polmone si girò su un fianco con grido strozzato. Attraverso la vista appannata vide Nicolas portar via Letizia trascinandola per un piede. <<Leti… Leti… lasciala stare. Ti prego Nico lasciala stare>>.
Il mondo si fece sempre buio, e l’ultima cosa che i suoi occhi videro fu la sua amata ragazza che veniva trascinata via.
 
<<Bravo il mio guerriero>>. Le dita gelide gli afferrarono il viso, e la regina di Ragoli baciò il suo nuovo soldato sulle labbra in segno di ringraziamento. Nicolas lasciò andare il piede di Letizia e l’abbracciò ricambiando il bacio con labbra bramose e insaziabili. La regina lo allontanò da se.
<<Ora basta, finisci il tuo lavoro e poi potrai stare sempre con me>>. Nicolas sghignazzò felice, afferrò nuovamente il piede e riprese a trascinare Letizia verso le sponde del lago dove giaceva il corpo senza vita di Giada. Avrebbe fatto tornare il lago rosso come voleva la sua regina. Oh se sarebbe tornato rosso, eccome!
 
L’abbaiare ebbe il potere di farlo rinvenire. Il dolore era qualcosa di straziante, ad ogni respiro un fulmine lacerante gli riempiva il petto facendo fuoriuscire quelle maledettissime bollicine rosse. Guardò l’auto; all’interno Thor balzava da un sedile all’altro abbaiando come un forsennato. Si trascinò a fatica verso la portiera tirandosi su quel tanto che bastava ad aprire lo sportello per farlo uscire. Subito dopo crollò a terra con un grido spaventoso. Il cagnolino si avvicinò a lui uggiolando tristemente.
<<Va tutto bene Thor, va tutto bene>>. Alzò una mano ad arruffargli il pelo. <<Vai a salvarla, Thor. Vai a salvare Leti… vai Thor>>.
Il cane leccò il viso del ragazzo che perse nuovamente i sensi, tentando di risvegliarlo, poi cominciò ad annusarsi intorno. Sentiva che lei era in pericolo, lo avvertiva e doveva salvarla. Diede un ultima occhiata al ragazzo e poi partì come una saetta in direzione del lago.
 
Cavolo quanto pesava. Si fermò un attimo ansimando. Si era già tolto il giubbotto e ora si tolse il maglione rimanendo in maniche di camicia. E poi gli era venuta anche fame.
<<Dopo, adesso finisci il tuo lavoro>> La regina lo baciò nuovamente, con maggior passione.
Nicolas la guardò adorante, certo, dopo. Dopo avrebbero avuto tutto il tempo del mondo. Riafferrò deciso il piede di Letizia e nello stesso momento la ragazza riaprì gli occhi. Gridò con quanto fiato aveva in gola.
L’urlo lo destabilizzò confondendolo.
Perché Leti urlava? Si scrutò attorno turbato. Improvvisamente il freddo gli penetrò nelle ossa, ebbe un brivido e si guardò attorno disorientato. Era buio, troppo buio. Non avevano detto che se ne sarebbero andati prima che facesse buio? La pelle delle mani gli tirava in modo strano; le tirò su fissandole inorridito. Alla luce della luna le sue mani erano sporche di qualcosa di scuro e vischioso, il solo pensiero di quello che poteva essere lo fece rabbrividire. Fissò Letizia terrorizzato respirando affannosamente mentre i ricordi di ciò che aveva fatto gli riempivano velocemente la mente accatastandosi uno sull’altro, rincorrendosi come cavalloni impetuosi. Indietreggiò di un passo tremando, con gli occhi terrorizzati pieni di lacrime.
Una mano gelida gli accarezzò la schiena sussurrandogli all’orecchio. <<Sei il mio guerriero>>.
Ogni ricordo, ogni orrore scomparve. <<E tu la mia regina>>.
Le labbra si incontrarono di nuovo e la ragione di Nicolas si perse per sempre.
Letizia rimase a guardarlo stupita mentre parlava da solo e si contorceva in abbraccio solitario. Indietreggiò sul sedere mentre era preso nella sua strana mimica, ma prima che riuscisse ad alzarsi in piedi, lui la colpì con un calcio ai reni. Stramazzò al suolo strabuzzando gli occhi mentre l’afferrava per i capelli trascinandola verso il lago sghignazzando, mentre lei tentava invano di liberarsi gridando. Poi il mondo finì sottosopra.
La verità è che non se lo aspettava. No. Non se lo aspettava proprio. Era per quello che era caduto all’indietro rovinando a terra ruzzolando fino alla riva. Non si aspettava che un cagnolino grosso quanto un soldo di cacio potesse avere un tale impeto da ribaltarlo saltandogli addosso. Certo, lo aveva colto di sorpresa altrimenti…
Si rialzò dolorante mentre nella penombra vedeva Letizia rialzarsi e scappare tra le brume scure dei cespugli. <<Torna qui! Brutta troia. Torna. Subito. Qui!>>
Tentò di arrampicarsi per il ciglio scosceso, cercando un appiglio nel buio, ma una volta arrivato in cima, Thor lo attaccò di nuovo, azzannandogli il braccio. Nicolas gridò per il dolore; i canini del cane per quanto piccoli erano piuttosto appuntiti e penetrarono con facilità attraverso la camicia lacerandogli la pelle. Lo afferrò per la callotta strappandoselo di dosso, con i denti che non mollando facilmente la presa, gli portarono via stralci di pelle e camicia. Lo lanciò con forza facendolo sbattere contro un tronco. Il cagnolino emise un guaito terrificante. Si rialzò gemendo, con la zampa anteriore piegata in modo strano.
<<Brutto bastardo peloso!>> Lo colpì con rabbia con un calcio alla coscia dietro. Thor emise un altro straziante guaito. <<Brutto figlio di una cagna ti insegno io l’educazione.>> tirò indietro la gamba pronto a sferrargli un altro calcio, ma prima che potesse farlo un colpo in fronte gli fece perdere l’equilibrio e cadere a terra.
<<Lascia stare il mio cane!>>
Letizia calò nuovamente il bastone sul viso del ragazzo, aprendogli una ferita sulla fronte dalla quale prese a sgorgare sangue che nella semi oscurità era nero come la pece. Nicolas si portò le mani al viso gridando per il dolore. <<Scappa Thor, vattene via!>> Alzò nuovamente il bastone pronta a colpire, ma Nicolas scansò il colpo e in un attimo le fu sopra picchiandola selvaggiamente a pugni chiusi.
Quando finalmente la ragazza smise di reagire, riprese a trascinarla per un piede verso le sponde del lago, dove l’attendeva la regina seduta accanto al corpo di Giada.
 
Thor rimase rintanato tra le foglie fino a quando non lo vide allontanarsi trascinando via la sua mamma. Guaì piano, doveva aiutarla ma non sapeva come fare, la zampa sinistra gli procurava un dolore atroce ogni volta che tentava di appoggiarla. Poi lo udì. Rimase in ascolto inclinando la testolina da un lato per sentire meglio.
Sì, era lui ne era sicuro. Si incamminò in direzione del suono più veloce che poteva, saltellando sulle zampe e guaendo ad ogni passo. Doveva sbrigarsi se voleva salvare la sua mamma.
 
Ormai mancava poco, era quasi arrivato. Accidenti a lei quanto pesava. La trascinò a fianco del corpo ormai rigido della sua ragazza e si accasciò esausto. La luna era ormai alta nel cielo e si rifletteva sorridendo nelle acque semi gelate del lago. Fosse stato ancora il Nicolas di quel pomeriggio, avrebbe riempito la memoria del cellulare con foto di quello spettacolo di natura. Ma lui non era più il Nicolas di quel pomeriggio.
Meglio farsi una canna. Raccolse un mucchietto di alghe secche sistemandole nella cartina e l’accese aspirando a fondo.
Accanto a lui la regina di Ragoli stava sciogliendo i suoi bellissimi capelli. Nicolas la guardò estasiato mentre si sbottonava il corsetto che indossava sotto l’armatura. Lei gli sfiorò la guancia indicandogli Letizia che stava lentamente riprendendo conoscenza <<Finisci il lavoro>>.
Nicolas si alzò in piedi, il respiro reso roco dall’eccitazione. La regina si diresse al lago e continuando a togliersi i vestiti di dosso ed entrò nell’acqua lasciando che lui ammirasse le curve morbide del suo corpo diafano.
<<Finisci il lavoro e poi vieni da me. Staremo insieme per sempre.>>
Nicolas annuì col capo, gettò via il mozzicone di sigaretta rimasta e raccolse una pietra abbastanza grande da poter alzare facilmente per fracassare la testa a Letizia. Con due o tre colpi l’avrebbe fatta fuori, l’acqua del lago sarebbe tornata rossa e lui avrebbe potuto amare la sua bellissima regina.
<<Nicolas ti prego…>> Letizia lo fissava implorante, l’occhio gonfio e la bocca tumefatta le storpiavano il volto in una maschera deforme.
<<Ti prego Nicolas, ti prego…>>
Il ragazzo tentennò in una vaga reminiscenza della sua vecchia vita, ma poi la regina dal lago gli sorrise e allora ogni sensazione, ogni emozione, morì per sempre. Alzò la pietra sopra la testa pronto a colpire.
<<Getta la pietra!>> Nicolas sobbalzò mentre un fascio di luce lo colpiva in pieno e un uomo gli puntava addosso un fucile.
<<Gettala o sparo!>>
<<Finisci il lavoro mio guerriero>>
La regina lo avrebbe protetto. Alzò ancor più la pietra pronto a scagliarla su Letizia. L’urlo della ragazza si unì al tuono degli spari in un fragore assordante. La pietra gli cadde dalle mani rotolando a terra. Nicolas si guardò il ventre sconcertato: tre fiori rossi gli coloravano la camicia all’altezza del petto.
La sua regina non l’aveva protetto.
Cadde bocconi finendo per metà nel lago e alla luce falsa della torcia dell’uomo che l’aveva salvata, Letizia vide il sangue tingere di rosso le acque gelide.
Cominciò a singhiozzare piano mentre l’uomo e si avvicinava correndo offuscato dal buio e dalle lacrime. Si girò verso il corpo senza vita di Giada, ma la mano calda della guardia le prese dolcemente il viso costringendola a guardare lui. <<Guarda me ok? Fissa gli occhi su di me e basta.>>
Gli si avvinghiò addosso piangendo disperata mentre lui la teneva stretta aiutandola ad alzarsi.
Ripercorsero la strada lentamente aiutandosi con la luce della torcia, poi gli ululati delle sirene e i fasci di luci lampeggianti indicarono loro gli ultimi metri di strada. Letizia si fermò guardandosi dietro. Il punto in cui giacevano i suoi amici era coperto alla sua vista. <<Ti ho detto di non guardare>> la voce dell’uomo era ferma ma gentile, ripresero a camminare arrivando in breve al parcheggio dove sostavano due ambulanze e diverse auto di carabinieri. A terra era riverso un corpo protetto da un lenzuolo bianco che lasciava scoperti solo i piedi; riconobbe le scarpe di Marco. Lanciò un grido cercando di correre verso lui, ma l’uomo la tenne stretta a se abbracciandola forte, lasciando che piangesse, cercando di consolarla come meglio poteva.
La fece sedere su una lettiga all’interno di un’ambulanza mentre attorno a lei il mondo girava come un carosello. Chiuse gli occhi lasciando che un il paramedico le infilasse un ago in un braccio, mentre un altro le medicava il viso escoriato.
Il dolore che provava era atroce, ma era niente confronto a quello che aveva dentro.
Rimase seduta all’interno dell’ambulanza mentre attorno a lei uno stuolo di persone in divisa si muoveva avanti e indietro senza sosta.
La guardia forestale tornò da lei, sembrava passata un’eternità da quando lo aveva visto per la prima volta quella mattina.
<<Come ti senti?>> Letizia fece una smorfia con la bocca. Avrebbe voluto mettersi a piangere e a gridare ma dubitava di averne le forze. Ingoiò vuoto prima di parlare.
<<Come mi ha trovata? Come ha fatto a sapere quello che stava succedendo?>>
L’uomo le fece segno di attendere un attimo e tornò dopo pochi secondi con un fagotto tra le braccia.
<<Mi ha portato lui>>
<<Thor!>> Letizia allungò le mani a prendere il cagnolino che guaì piano, ma una volta tra le braccia della sua mamma scodinzolò felice leccandole instancabile il viso. Era così contento di essere di nuovo tra le sue braccia.
<<In una di quelle roulotte>> indicò i due caravan fermi nello spiazzale, <<ci sono due anziani che stanno passando qualche giorno di vacanza qui, quando hanno visto che nonostante il buio c’era ancora l’auto ci hanno chiamati. Appena arrivati il tuo cane ci è venuto incontro saltellando sulla zampetta ferita abbaiando come un forsennato. All’inizio pensavamo ad un attacco di lupi, ma poi abbiamo visto il tuo amico e allora…>>
Letizia guardò verso il punto dove prima era disteso Marco; ora c’era un orribile bara di metallo intorno alla quale giravano uomini in tuta bianca.
<<Gli ho chiesto dov’eri e lui nonostante fosse esausto mi ha portato fino a te. Un vero eroe degno del suo nome. Thor!>>
Accarezzò la testa del cagnolino che ricambiò l’effusione con una leccata alla mano dell’uomo. Dietro le montagne il sole cominciava a indorare il cielo.
L’uomo guardò la ragazza. <<Spettacolo meraviglioso non credi?>>
<<Se me lo avesse chiesto ieri le avrei detto di sì, ma ora non la penso più così>>. Guardò tremante l’uomo: <<Credo che la regina del lago voglia ancora vendetta, non credo che le basti solo quel sangue>>.
Un brivido freddo percorse la schiena dell’uomo, come dita gelide che lo accarezzavano.
<<Quale regina?>>
Le porte dell’ambulanza si chiusero, un infermiere le sorrise mentre lei continuava a guardare dal piccolo lunotto posteriore; la bellissima regina stava sussurrando qualcosa all’orecchio dell’uomo.
Strinse al petto Thor mentre si allontanavano.
La guardia aveva sorriso al nulla.
Poi aveva imbracciato il fucile.

Il libro dell’autrice

La tranquilla città di Assisi viene sconvolta da una serie di omicidi efferati compiuti nelle notti di luna piena e si ipotizza l’esistenza di un licantropo. Il romanzo Notte di luna di Patrizia Matteucci è un thriller con sfumature horror; una trama intrigante con numerosi colpi di scena conduce il lettore in un vortice di leggendarie ipotesi e incubi notturni nel tentativo di dare un volto alla bestia che semina il terrore nella città di San Francesco. E il personaggio principale porta proprio il nome del santo umbro: Francesco è un adolescente che si è appena trasferito a casa della nonna e della cugina Chiara dopo l’incidente in cui ha perso la madre. Il ragazzo scopre il dono di saper parlare con i lupi ma verrà coinvolto suo malgrado nella terribile vicenda del mostro senza identità e imparerà una grande lezione: “Niente è come sembra”.

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