Storie di Città

Racconti e Poesie originali e geolocalizzati

  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
Menu
  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
  • Sfoglia Categorie
      • 685Poesie
      • 393Racconti
  • Chi siamo
  • Blog
  • Contattaci
Addii

Addii

Rione Monti
00184 Roma
Storie d'Amore Racconti
1 Review
Condividi

Condividi:

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
Write a Review

Addii

visita su Google street view  

Il sole disegnava forme geometriche sui palazzi signorili e sorrisi sui volti dei passanti. La felicità è un’idea semplice nelle giornate di sole autunnali.
Sorrideva anche lei. Del sorriso che dipinge il volto quando sappiamo che una persona che ci fa battere il cuore arriverà a momenti. Aveva voglia di dolcezza. E soprattutto voleva soffiare via le nuvole di un’incomprensione passeggera. In una giornata così non c’è spazio per le nuvole.
Dopotutto è normale che due persone che si conoscono da poco, a volte debbano chiarirsi. Così, per svelare un pezzetto di se stessi all’altro.
Lo vide arrivare in bici. Aveva gli occhiali da sole blu. Come quella volta: la prima volta che l’aveva salutata, andando via. Il suo cuore accelerò il passo. La magia di un momento qualunque, che diventa straordinario. La baciò sulla fronte. Un bacio leggero, dolce. Come fosse la cosa più naturale del mondo. Come un gesto abitudinario. Come chi ne ha già dati baci su quella fronte. E ne darà ancora in futuro. E quando crediamo che un gesto avverrà ancora, non lo assaporiamo davvero fino in fondo.
Un cappuccino e un ginseng. Il cappuccino tiepido. Il ginseng in tazza grande.
Si guardarono negli occhi e sorrisero complici. Quell’ordinazione aveva il sapore dell’estate. Di quella prima volta che si erano seduti al tavolino sospeso nel nulla, a picco sul mare. Con gli occhi scintillanti di chi è stato sorpreso dalla vita.
Erano passati pochi mesi. Ma era diverso ora. L’atmosfera leggera d’Agosto aveva lasciato il passo alla frenesia novembrina. Perché Novembre è un mese davvero strano. Un rito di passaggio. In cui si ha nostalgia dell’euforia estiva, ma non si ha ancora voglia di fare bilanci per l’anno che si appresta a finire.  E si sta sospesi.
Un fiore bianco. La schiuma bianca del cappuccino disegnava un fiore sulla tela marrone del caffè. Era quasi un sacrilegio cancellarlo. Lo zucchero di canna affondò il fiore. E il cucchiaino cancellò ogni traccia dell’omaggio floreale. Girava il cucchiaino guardando fuori per strada. Le sembrò che avesse qualcosa da dire, ma non sapesse da dove cominciare.
Mi dispiace per quello che è successo nel weekend.
Ma no, non preoccuparti. Eravamo entrambi un po’ nervosi e abbiamo fatto un po’ di confusione.
Lui cominciò a parlare. Dava spiegazioni. Faceva pause. Lei non riusciva a capire dove volesse arrivare. Lo guardava con aria interrogativa e forse, un po’ incalzante. Voleva conoscere la fine di quel discorso.
Mi sono reso conto che non sono innamorato di te. Ecco, questa è la verità.
Quelle parole arrivarono appuntite al cuore, squarciandolo in mille pezzi. Le paure di una vita intera all’improvviso presero forma.
Lui la guardava dritto negli occhi. Ma lei guardava oltre quell’azzurro intenso. Viaggiava nel tempo e nello spazio. Aveva un sapore ancestrale quella paura che l’aveva stesa al suolo.
Si, era stesa sul pavimento, tremante. Cioè il suo corpo era ancora lì, seduto al tavolo di un graziosissimo bar. Ma lei osservava la scena dal basso.
Quel luogo era quasi surreale. Ricordava le casette nel bosco delle fiabe dei fratelli Grimm. Un edificio basso, tra palazzi alti, ricoperto interamente dall’edera. Le vetrate si difendevano a fatica dai rami. L’ambiente era molto intimo. Pochi tavoli. E poi, la specialità del giorno. Crostata pera e cioccolato. Eppure la dolcezza del cioccolato era stata completamente spazzata via.
Non era possibile. Non stava succedendo a lei. Poteva cancellare quell’istante? Avrebbe tagliato la scena. Cambiato il montaggio. Ma non era un film e non c’era nessuna scena da sostituire o rifare.
Il rumore di un motorino per strada la destò dal turbine di pensieri che si stavano accalcando nella sua testa.
Lui era ancora lì, seduto alla sua sinistra. Allora era tutto vero. Era davvero successo. Qualcuno le aveva appena detto di non essere innamorato di lei.
Va bene.
Pregava che quella lacrima restasse ferma immobile all’interno del suo occhio destro. Non voleva assolutamente che lui la vedesse piangere. Non voleva mostrargli le sue debolezze. Non le piaceva essere vulnerabile con lui. Non le andava giù mostrarsi vulnerabile e basta.
Ma cosa vuol dire “essere innamorati”? All’improvviso era come se quelle parole avessero perso un significato. Non sapeva più cosa volesse dire. E lei era innamorata? Come poteva dirlo? Ogni volta che aveva creduto di esserlo era finita male. Perché dichiarare di essere innamorati ci proietta in un mondo irreale, fatto di aspettative, obblighi e doveri.
Mi ami? Allora dimostramelo!
Come se l’amore avesse bisogno di gesta eroiche e prove da superare.
Il suo cuore si era arrestato. Tratteneva il respiro. Forse se lo avesse trattenuto abbastanza sarebbe scomparsa. La vista si fece sfuocata.
 
All’improvviso era seduta sul divano del suo appartamento signorile in cui viveva anni fa. Scriveva. Scriveva sempre quando non sapeva cosa fare. Quando aveva bisogno di capire. Le parole sul foglio erano bagnate. Le macchie blu dell’inchiostro sciolto dalle lacrime rendevano la lettura poco agevole. O forse erano le sue lacrime che le annebbiavano la vista. La lettera era per lui. Lui che aveva mandato in mille pezzi tutto.  Perché era difficile. Perché l’amava più della sua stessa vita, ma era complicato. Era sempre complicato amarla. Perché lei era difficile da amare. Lei che era indipendente. Lei che non chiedeva nulla.
Ma per essere amati bisogna essere deboli?
A Parigi, in una calda notte estiva, con la luna piena. La stessa luna che faceva sognare gli innamorati. A Parigi tutti dovrebbero sentirsi amati. Ma lei era lì, seduta di fronte alla Torre Eiffel illuminata, che vedeva a metà da quella stradina vicina al Trocadero. Aveva in mano il telefono. Scarico e muto. Non ricordava neppure l’indirizzo del suo appartamento affittato per il weekend. E forse non voleva neppure tornarci. Non voleva sentirselo dire ancora. Lo sapeva che era finita. Non aveva bisogno che quelle parole squarciassero ancora una volta il suo cuore. Noi sappiamo sempre dentro di noi quando una storia è arrivata al capolinea. Quando le strade si sono divise. Perché abbiamo scelto diversamente. O perché il ruolo nelle nostre vite si è semplicemente esaurito.
O forse perché ho fatto qualcosa di sbagliato?
Era avvolta nella sua sciarpa. Faceva freddo su quella panchina lungo un canale di Amsterdam. Scriveva. Su un foglio di carta recuperato al bar. Doveva permettere a quel fiume in piena di scorrere fuori dalla sua mente. Aveva bisogno che tutti quei pensieri si trasformassero in parole sulla pagina, che li accoglieva senza giudizio. Man mano che le parole lasciavano la sua testa e si fissavano sulla carta, lei si sentiva più leggera. Non facevano più tanta paura. E pian piano il suo respiro si faceva regolare e il suo cuore tornava a battere calmo. Era andato via per sempre. Senza voltarsi indietro un’ultima volta. Come aveva potuto voltare le spalle al futuro che avevano immaginato assieme?
Cosa c’era di sbagliato in me?
 
Per me essere innamorato vuol dire che senti il bisogno e la voglia di trascorrere con l’altra persona il tuo tempo.
La sua risposta l’aveva riportata nel presente. Lei non voleva aver bisogno di qualcuno. Lei bastava a se stessa. Lei desiderava trascorrere momenti felici con lui. Ma era davvero felice? Cominciava a pensare che l’amore, nel vocabolario dei sinonimi e contrari, fosse al contrario di felicità. Questo le diceva la sua storia. Ma non voleva arrendersi all’evidenza.
Forse abbiamo modi diversi di intendere l’amore. Ma non credo abbia importanza. Qualunque cosa voglia dire per te, non è per me che provi questo sentimento.
Sentì il retrogusto amaro del velo di vittimismo che si celava dietro le sue parole. Si sentì così vulnerabile che l’aria si fece irrespirabile. Il sole era alto e l’aria calda. Ma lei aveva freddo. Freddo dentro.
Forse dovremmo parlare d’altro. Godiamoci questo caffè.
Lo stava facendo ancora. Stava scappando da se stessa. E da tutto. Stava nascondendo i suoi sentimenti. Faceva finta che tutto andasse bene. Era forte lei. Sarebbe sopravvissuta anche a questo.
Non credi dovremmo parlarne?
Quelle parole affondarono il colpo. Il dolore era insostenibile. Sentiva che se lo avesse lasciato andare sarebbe esploso, travolgendo tutto e tutti.
Non mi interessa.
Cosa non ti interessa? Non capisco.
Anche lei non capiva. Non capiva in che incubo orribile si fosse cacciata. Come poteva fare finta che quelle parole non fossero mai state dette? No. Erano lì tra loro. E segnavano un solco incolmabile. Era tutto uno scherzo. O un incubo.
Il conto per favore.
Rivolse lo sguardo al proprietario del bar. Aveva bisogno di una pausa da quegli occhi profondi, che le entravano dentro. Si sentiva allo scoperto. E aveva paura, paura di scoppiare in lacrime da un momento all’altro. Sentiva i suoi occhi gonfi. Quelle lacrime pressavano per uscire. E lei non era ancora pronta. Non ora. Non davanti a lui.
Il tempo che gli occorse per liberare la catena della bici le sembrò un’eternità. Le piacevano i suoi gesti eleganti e lenti. Ma in quell’occasione erano interminabili. Interminabili come le lacrime che versò appena lui ebbe voltato l’angolo, dopo averle detto, ti chiamo più tardi.
Non riusciva a pensare ad altro.
Quel bacio leggero del mattino sarebbe stato il loro ultimo bacio. Ma non lo sapeva. Non possiamo mai sapere in anticipo se quello che stiamo dando sarà il nostro ultimo bacio. Perché dimentichiamo sempre che le cose possono cambiare in un istante. Il tempo di lanciare in alto una monetina. Testa o croce? Non importa cosa uscirà. Quando lanciamo in alto una monetina perché non riusciamo a decidere, è in quei pochi istanti in cui la monetina volteggia nell’aria che noi scopriamo in cuor nostro cosa desideriamo.
Ma lei non voleva lanciare in alto nessuna monetina. Aveva paura di scoprire la verità. I pensieri le si accalcavano nella mente. Le emozioni si facevano tumultuose e non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era che quel mattino, come in tutti i suoi addii inaspettati, a quel bacio, non aveva dato importanza. E che commetteva quell’errore ancora ed ancora. Dimenticava che un bacio era un sigillo sacro di unione tra due anime che si sfioravano. Una pausa nell’eternità in cui essere “presenti”, per conoscere e conoscersi.
Come poteva continuare a commettere quell’errore lei, che tanti anni prima ne aveva dato un altro di ultimo bacio, con indicibile leggerezza.
Come sempre, nei momenti di impacciata tenerezza, quel bacio era stato accompagnato da uno scherzo. Una battuta. Perché era così che loro due si volevano bene. Loro non sapevano parlar d’amore. E allora ci scherzavano su. Ma sapevano entrambi che quegli scherzi celavano l’amore più grande del mondo. Quello tra padre e figlia. E quel giorno, all’aeroporto di Fiumicino avevano dovuto scherzarci su a quel bacio. Avevano dovuto prendersi in giro perché lui andava via al tramonto, e lei, si risparmiava di offrirgli finalmente una cena.
Aveva davanti a sé quegli occhi azzurri e quel sorriso scanzonato.
Dopo tutti questi anni, stasera avresti pagato finalmente tu il conto.
Eh, ma tu devi andare…
Si, ma torno tra qualche settimana. E non mi scappi.
E invece era scappato lui. Senza preavviso. Senza un ultimo bacio.
Quando il dolore e il vuoto per la sua scomparsa si faceva insopportabile, soleva riempirlo con mille domande. Come è possibile abbandonare qualcuno per sempre senza un ultimo bacio? Ci si può rassegnare all’idea che un ultimo bacio debba essere dato senza sapere che sarà l’ultimo?
A cosa serviva fare tutte quelle domande? A nulla. O forse a ricordare  rivivere quelle emozioni.
Ma non aveva imparato la lezione. Il loro bacio quella mattina era stato l’ultimo e lei l’aveva dato per scontato.
Perché quello sarebbe stato il loro ultimo bacio. Non si può baciare ancora chi ci ha detto che non è innamorato di noi.
O forse si?

Cerca altre Storie nella tua Città


Benvenuto

Ora invia una Recensione

Ordina Per

  1. valesonoio
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Leggere e vedere le immagini nella propria mente. Se uno scritto provoca ciò, vuole dire che ha toccato le corde del lettore, e tu ci sei riuscita.

    6 anni fa

Annulla risposta

Altre Storie in Zona

    Addii

    Vittoria Scagliusi

    Profilo dell'Autore

    Collegati con l’autore

    • Facebook URL
    • Instagram URL

    Visualizzazioni

    1.368

    Sei un Autore?

    Autore

    Unisciti al nostro Progetto!

    Registrati su Storie di Città. Potrai pubblicare e geolocalizzare le tue opere, lasciarle impresse in un luogo, farle leggere a migliaia di lettori e potrai promuovere gratuitamente i tuoi libri!

    Registrati Ora

    STORIEDICITTA.IT

    "Dedicato a tutti coloro che conoscono l'arte dello scrivere, a chi ama viaggiare, ma soprattutto a tutti quelli che hanno sete di leggere!"

    Il Team di Storiedicitta.it

    www.storiedicitta.it

    Storie di Città

    • Condizioni d’uso
    • F.A.Q.
    • Privacy Policy
    • Pubblicità
    • Contattaci

    Link interessanti

    • Bookabook
    • Eppela
    • Amazon Libri
    • Scuola Holden
    • Salute Privata
    Copyright Storie di Città - storiedicitta.it © 2019 Tutti i Diritti Riservati
    • facebook
    • twitter
    • google
    Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.

    Login

    Register |  Lost your password?

     

    Caricamento commenti...