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Vengo sempre qui…

Vengo sempre qui…

64047 Rifugio Garibaldi (Abruzzo)
Diari e Memorie Racconti
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Vengo sempre qui…

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Caro Andrea,
vengo sempre qui nei momenti in cui la vita mi consegna qualcosa d’importante, nel bene, nel male. Vengo qui per il solo piacere, per il gusto di starci. Mi intrattengo con me stesso, metto in ordine i pensieri. Un tempo ci venivo in compagnia, un tempo…. Ora, non più. Ma chissà che da oggi le cose  non possano cambiare… Solitamente, senza fretta, percorro i cinquanta chilometri che separano la nostra ferita città, dal Parco del Gran Sasso. Parcheggio l’auto nel piazzale antistante Campo Imperatore e, zaino in spalla, comode scarpe, mi inerpico piano fino al rifugio Garibaldi. Silenzio e natura sovrana, mi carezzano l’anima, mi prendono in carico. Posso distendermi sull’erba quando arrivo in cima, con gli occhi al cielo giocare a rincorrere le nuvole, cercare un pezzo di roccia e farne spalla, su cui piangere le lacrime più timide. Magia dei parchi…
Oggi è uno di questi momenti, uno di quelli felici in cui ti riconcili con la vita, ci fai pace, e io sono qua, dove sempre vengo.
Alle 4,50 di stanotte, 27 settembre 2011, tu sei nato. Sei un batuffolo di carne rosea di tre chili e settecento grammi, con una testina tonda che sembra uscita dal pennello di Giotto, e due manine dalle dita affusolate, di botticelliana fattura. Ti hanno dato nome Andrea e io sono Mauro, tuo nonno. Stamani appena ti ho visto non ho resistito. Col telefonino ti ho fatto una foto e mentre ti scrivo la guardo. Voglio fermarla questa giornata, consegnarla ai posteri, metterla da parte per te. Di solito lo faccio con l’obbiettivo della mia fotocamera, passione che non m’abbandona  ma oggi voglio affiancare alle immagini le parole. Le parole, con le parole era brava Roberta, tua nonna, lei si che sapeva affidare ai semplici simboli grafici l’essenza delle emozioni.
Dovrò arrangiarmi da solo, ti chiedo venia e proseguo…
Ho davanti a me la tua foto, il tuo primo scatto. Hai ancora gli occhi chiusi e sei tra le braccia della mamma, mia figlia. Dopo quando torno a trovarvi porto la Canon, così vi fotografo in più pose!!!!
Erano appena le sei, quando in punta di piedi io e il tuo papà abbiamo lasciato la stanza. Eravate così impegnati tu e tua madre a far reciproca conoscenza che ci sentivamo di troppo. Al primo bar aperto abbiamo “brindato” alla tua nascita con sfogliatelle calde e cappuccino e commossi ci siamo abbracciati ancora una volta. Son rientrato a casa che già avevo in mente l’idea di ripartire, di godermi l’emozione di esser diventato nonno, tra le gole verdi del Gran Sasso. Nello zaino da montagna ho messo con cura ciò che mi serviva. La jeep, anche lei   arrugginita come la mia carcassa, sapeva la strada.
Appena entrato nel Parco una giovane donna nella sua uniforme da guardia forestale mi ha dato il buongiorno. Aveva voce da usignolo e occhi da cerbiatto. Magia dei Parchi…
Con i battiti del cuore a risuonarmi nelle orecchie ho intrapreso il sentiero che da Campo Imperatore porta al rifugio Garibaldi a 2230 metri d’altezza. Gli anni si fanno sentire caro nipote, e ogni volta che salgo quassù il tempo per l’arrivo si allunga. A dicembre farò settant’anni e vorrei averne altrettanti da vivere per poter crescere da nonno con te. Ma dovrò accontentarmi.
Non c’era nessuno sul sentiero, non avrei potuto desiderare di più. Una fitta nebbiolina che andava diradandosi man mano che salivo, mi inumidiva quei pochi capelli che ancora soggiornano sulla mia testa; in compenso,  ho una barba nipote!  Che mi arriva due dita sotto il mento!. Sotto le suole degli scarponi, i sassi facevano “crok”. Nel naso sentivo salire l’odore della terra bagnata.
Non vedo l’ora di portarti con me Andrea, dentro uno  di quegli zaini da bambini che ho visto spesso sulle spalle dei padri quando vanno per sentieri. Speriamo che i tuoi genitori mi accordino il permesso, perché mi piacerebbe finché avrò testa sveglia e spalle forti, farti vedere e sentire ciò che luoghi come questo sanno regalare. Ci vuole l’animo sensibile per accedere agli incanti della natura ma se buon sangue non mente, tu, l’avrai.
Sto seduto su di un masso che, con molta fantasia,  potrei paragonare ad uno sgabello. Il taccuino sulle ginocchia, lo zaino tra i piedi, continuo a scriverti. Alla mia destra il rifugio Garibaldi, in questa fetta di paradiso in terra chiamato Campo Pericoli. Ma lo sai Andrea che questo è il rifugio più antico del Gran Sasso e che la sua costruzione risale all’anno 1886? Pensa che qui d’inverno può cadere così tanta neve da ricoprirlo completamente. Chissà che spettacolo nipote quando il bianco del cielo si unisce a quello della terra…A volte i primi fiocchi cadono ad ottobre e gli ultimi se ne vanno a maggio e la strada resta chiusa finché lo spesso manto non si scioglie.
Mi sono alzato un momento, le ossa reclamavano di sgranchirsi, lo stomaco reclamava uno spuntino. Lo zaino mi ha restituito una barretta di cioccolato fondente, due fette di pane e la borraccia con l’acqua. Con gli occhi persi nel verde della gola che ho davanti, mi sono rifocillato.  Ora ci vorrebbe una tazza di caffè d’orzo bello  fumante, macchiato con latte di mucca dei dintorni. Potrei lasciare qui le mie cose, fare pochi passi, entrare nel rifugio e con gentilezza farmela servire. Se solo fosse aperto. Ma è chiuso, da più di due anni. Questa chiusura prolungata sembra sia a causa di alcuni lavori di ristrutturazione non ancora terminati.  Mi fa male vedere questo pezzo di storia del Parco del Gran Sasso di nuovo abbandonato, amarezza e nostalgia mi prendono per mano, mi conducono dentro un ricordo dolcissimo che ora riaffiora. Era la fine dell’agosto del 2004. Io e la nonna avevamo passato un breve periodo di vacanza al mare, ai confini tra Molise e Puglia. Prima di rientrare decidemmo di fare un salto quassù. Alla fine d’agosto la montagna può regalare giornate stupende. Non stava già bene la nonna ma quei giorni di assoluto riposo appena trascorsi le avevano restituito vivacità e forza interiore, tanto che volle farsi questa scarpinata fino al rifugio. Nella jeep, la stessa di adesso, tenevamo sempre l’occorrente per le nostre passeggiate montanare.  Saranno state le 9,30 circa quando arrivammo in cima.  La nonna era radiosa anche se un po’ affaticata dalla salita.
“Ti va di prendere qualcosa di caldo al rifugio?” -le dissi-“Si, volentieri, ne ho proprio bisogno”-rispose-
Due donne e due uomini se la memoria non m’inganna, ci  dettero insieme il buongiorno. Avranno avuto si e no novant’anni in quattro. Le tazze di tè ci scaldarono le mani e il cuore. Una delle ragazze era intenta a tagliare una montagna di verdure per il minestrone da servire all’ora del pranzo  Scherzando la nonna si offrì di darle una mano e incominciarono a parlare. La ragazza le raccontò del gruppo, di come la passione, l’amore e il rispetto per il Parco li avessero convinti a delle scelte di vita quasi estreme. Niente acqua, un pannello fotovoltaico per generare corrente, venti brande per accogliere gli escursionisti, una radio per le emergenze.  Da aprile ad ottobre questa era la loro vita.
Finito il tè e la chiacchierata uscimmo. La nonna aveva quella particolare espressione di chi ripensa e riflette sulle parole appena ascoltate. Solo io sapevo riconoscerla. In silenzio si staccò da me. Non la trattenni. Lasciai che seguisse i suoi pensieri, lasciai che il paesaggio le si imprimesse negli occhi. Di quella mattinata scrisse un racconto. Fu l’ultima volta che andammo insieme al rifugio Garibaldi.
E’ arrivata l’ora di tornare a valle, di venirti a conoscere per bene, di commuovermi un po’ con tua madre. Smetto di scrivere, smetto di ricordare. Ho voglia di prenderti tra le braccia, di provare l’ennesima emozione di questa indimenticabile  giornata. Arrivo Andrea!


Con immenso amore nonno Mauro

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  1. Adele
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Emozionante, profonda, bellissima …. bravissima!

    7 anni fa

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