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Il fiume nella strada

Il fiume nella strada

Via San Giovanni in Valle
37129 Verona
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Il fiume nella strada

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E’ una appena ventilata sera di mezza estate a Verona, uno di quegli amabili crepuscoli della bella stagione fatti di passeggiate e gelati desiderati, dove le membra e lo spirito possono godere ancor di più della per niente afosa frescura vespertina. Ed io mi reco per cena a far visita ai miei genitori, lasciando la mia moto (un nero Centro 125) posteggiata sotto i possenti arbusti di Piazza San Zeno, la loro casa dista solo una sessantina di metri dal piazzale.
A quel tempo stavo da pochi mesi insieme a Michela e lei in quei giorni si trovava in Sardegna con amiche per una vacanza, frutto di un loro antico progetto nato ancor prima di conoscermi. Come altre volte mi ero recato a far compagnia, appunto, a tavola a mio padre e a mia madre (dato che da tempo vivevo da solo nella zona di San Giovanni in Valle, vicina al Teatro Romano) in modo da fare un po’ di conversazione, la cosa non guastata poi dalle non siderali distanze da coprire. Terminata la cena e salutati mamma e papà, mi riavvio con passo calmo verso la Piazza per risalire in sella al mio ‘fedele destriero’ (come usavo definirlo in quegli anni). Volgendo lo sguardo su in cielo avvisto dei bagliori potenti, quei luccichii intermittenti che solitamente nelle calme sere estive preannunciano l’arrivo di una forte perturbazione, e avverto l’alzarsi improvviso di uno strano e forte vento.
Altre volte in passato mi è capitato di intraprendere dei viaggi su due ruote nella mia città sotto la pioggia, ma in tale frangente una sottile e saggia voce dall’interno mi suggerisce di “sbrigarmi a tornare a casa” perché quello che era sul punto di sopraggiungere sicuramente non era un semplice acquazzone stagionale.
Avrei impiegato all’incirca dieci minuti ad arrivare sulla mia soglia e dopo aver indossato la giacca ‘parapioggia’ apposita per la moto prendo la direzione di casa.
Dopo appena cinque minuti di tragitto iniziano a cadere le prime forti gocce, nelle vicinanze di ponte Garibaldi, le quali diventano sempre via via più forti e pesanti una volta superato ponte Pietra, al qual punto mi dico “tieni duro oramai sei a casa, manca poco”.
Ed effettivamente, stando attento alle altre auto e a non farsi accecare dalla frenesia, termino la salita di San Giovanni in Valle e mi infilo nel vicoletto cieco omonimo, ove si trova la mia magione.
Nel momento esatto in cui spengo il motore una massa impressionante di acqua si abbatte su di me e su tutto quanto mi circonda, tantoché non riesco ad avere nemmeno il tempo di togliermi la giacca antipioggia e a riporla nel bauletto della moto (come facevo abitualmente); appena in tempo riesco di corsa ad entrare in casa con ancora la giacca ed il casco addosso ed i pantaloni e le scarpe completamente zuppi.
Dopo essermi asciugato per bene apro timidamente la porta per evitare che qualche schizzo eccessivo si introduca nel pavimento e dare un’occhiata sulla situazione in evoluzione.
L’acqua cade copiosa e veemente come nel bel mezzo di un fortunale tropicale, non riesco nella mia mente in quel momento a trovare una similitudine migliore, per cui penso bene di richiudere l’androne ed attendere.
Dopo più o meno due minuti guardo di nuovo fuori per vedere se la situazione migliora, ma in realtà è ben peggio perché ora l’acqua ha completamente allagato il cortiletto antistante il mio appartamento con il forte rischio che possa penetrare nella fessura inferiore dell’ingresso se il tombino con grata di scolo non dovesse riuscire ad adempiere al suo compito.
Passano altri dieci interminabili minuti con una leggera ansia che inizia a farsi largo data l’eccezionalità della situazione esterna, e con la nemmeno tanto recondita speranza che la furia delle intemperie possa almeno un poco stemperarsi là fuori, tanto che rimetto mano al pomello per controllare nuovamente. Con mio iniziale sollievo constato che la potenza del piovasco di poco prima si è attenuato, anche se non del tutto.
L’acqua ormai non copre più il cortiletto ed è defluita regolarmente nello scolo, ma la pioggia, nonostante sia diminuita di intensità continua a scendere.
In quel momento il mio pensiero corre e trasvola velocemente verso casa dei miei genitori accanto a Piazza San Zeno (dove avevo cenato fino ad un’ora prima), questo perché essa si trova più o meno al medesimo livello del fiume Adige, quando quest’ultimo si ingrossa, benché l’abitazione non sia in prossimità dell’alveo. Il problema risiede nel fatto che già in passato durante alcuni forti temporali il salotto e la sala da pranzo dei miei si erano parzialmente allagati (ragione per cui si erano dotati negli ultimi anni di piccole paratie di ferro mobili da posizionare all’occorrenza davanti alle due porte di ingresso).
Provo a chiamare mio padre e mia madre ai rispettivi telefoni, ma nessuno risponde, provo allora a chiamare il numero fisso e pure lì tutto tace.
Che fare allora? Non so bene perché, in quel momento la mia testa proietta un’immagine dell’Adige che esonda e la casa dei miei genitori allagata. Ragione per cui mi rivesto di tutta fretta ed esco dalla porta, convinto di poter arrivare alla mia macchina (parcheggiata vicino alla chiesa di San Giovanni in Valle) in modo da poter raggiungere i miei e poterli aiutare. Per farlo devo percorrere un piccolo tratto di via San Giovanni in Valle, il quale è in salita fino alla chiesa.
Non faccio in tempo a lasciarmi dietro il cancello di casa per circa dieci metri e si presenta davanti ai miei occhi un autentico fiume d’acqua che invade tutta via San Giovanni in Valle in giù verso Piazza Isolo.
Assistendo impotente e atterrito a quella immensa serpentina acquitrinosa che sfila inarrestabile, penso ad un altro modo per poter raggiungere il quartiere di San Zeno, dato che la mia moto è parimenti inutilizzabile (parcheggiata nel vicoletto cieco, il quale per fortuna è in una specie di avvallamento e quindi risparmiato dalla violenza delle acque che scendevano copiose dalle colline sovrastanti delle Torricelle). Mi dico “proviamo a raggiungerli a piedi” e mi incammino a metà tra il saper che cosa fare e lo smarrimento totale, ma oramai la decisione l’ho presa.
Appena imboccata la via trasformata in corso d’acqua in senso discensionale mi rendo immediatamente conto che l’acqua mi arriva circa a metà stinco e più passi compio più mi domando se l’idea di avventurarmi in tale forza metereologica sia stata una buona idea.
Assorto tra questi pensieri improvvisamente perdo l’equilibrio e il mio stinco destro va a sbattere contro un qualcosa di aguzzo che chiaramente non posso identificare poiché sto semi-guadando delle vere e proprie rapide. Non senza difficoltà riesco a raggiungere comunque via Santa Maria in Organo che collegata con via Pignolo mi avrebbe portato in Piazza Isolo e lì, in pochi secondi, non vedo altro che automobili e cassonetti quasi interamente coperti dall’acqua.
La situazione si fa ora tremendamente seria. Il mio ancor vigile istinto di sopravvivenza con la velocità di un pendolare che cerca di salire sull’ultima carrozza di un Freccia Rossa in partenza, mi suggerisce di tornare “immediatamente” indietro e di rifugiarmi in casa. Se era stato assai difficoltoso scendere da quel muro piovoso che si stava innalzando, risalire la corrente lo sarebbe stato di più con l’aggravante che era comparso il timore che qualche macchina parcheggiata a monte avrebbe potuto essere sospinta violentemente a valle, rischiando di travolgere il sottoscritto.
Facendo leva su tutte le forze rimastemi, mi affretto a ripercorrere via San Giovanni in Valle in senso contrario ed infine a ripararmi in casa.
Controllo subito la gamba destra e noto una ferita abbastanza evidente provocata probabilmente da un sanpietrino fuoriuscito e sporgente della strada a causa della potenza inusitata del nubifragio in corso.
Dopo aver mandato a mio padre (il quale è chirurgo) una foto del mio piccolo incidente ed essermi finalmente messo in contatto con lui (lui e mia madre erano riusciti a domare in qualche modo l’allagamento), mi rassicurò invitandomi a recarmi al Pronto Soccorso il giorno successivo per farmi porre dei punti.
Dopo l’accaduto decido di chiamare Michela, spiegandole la mia disavventura e che tutto si era risolto per il meglio alla fine. Il giorno seguente mi reco in Ospedale per i punti, mentre a Verona si contano i danni provocati dagli allagamenti della notte precedente (in via San Giovanni in Valle si notano dei tratti di ciottolato e sanpietrini trasportati giù fino a Piazza Isolo).
Altri nubifragi, grandinate ed acquazzoni hanno colpito la città di Giulietta negli anni successivi, ma quello che vidi tra le ore 21 e 22.30 di mercoledì 27 luglio 2016, una strada trasformata in un fiume, non lo rivedrò mai più. Una furia talmente imponente della Natura appartiene solo ad oniriche ed eccezionali visioni.

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