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11 Settembre 2001

11 Settembre 2001

Piazza San Zeno
37123 Verona
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11 Settembre 2001

visita su Google street view  

 

E’ una bella giornata assolata di fine estate a Verona, un cielo così terso, limpido ed azzurro da domandarsi se mai siano esistite le nuvole nei nostri ricordi.
E’ martedì 11 settembre 2001.
Come ogni mattina salii in sella al mio motorino e da piazza San Zeno, abitavo in una traversa, mi diressi nella aula studio della biblioteca Frinzi dell’Università di Verona, stavo studiando diritto privato, facoltà di giurisprudenza) Ero solito rimanere sui libri sottolineandoli fino a circa mezzogiorno e far rientro a casa per la pausa pranzo, per tornare solitamente, nell’aula studio con il mio tomo tra le 15 e le 15.30.
Nella mia mente era ancora molto vivido il ricordo degli scontri avvenuti durante l’estate appena trascorsa al G8 di Genova che sarà l’ultimo organizzato dai potenti della terra in una località, diciamo così, “aperta al pubblico”; al tempo il pericolo più imminente era rappresentato dai possibili disordini che sarebbero potuti scoppiare in qualche piazza.
Dopo pranzo ero solito guardarmi un paio di episodi dei Simpsons per rallegrare un po’ la giornata e poi riposarmi in camera mia una mezz’oretta prima di ritornare, in sella al mio motorino, nell’aula studio della biblioteca ma quel giorno invece avevo in programma una commissione con mio padre.
All’improvviso, qualche minuto prima delle ore 15, irruppe mia madre nella mia camera tutta concitata invitandomi ad accendere subito la televisione dicendomi, o per lo meno così io compresi: «Un aereo ha colpito Westminster».
Accesi immediatamente il televisore su Rete 4 che stava trasmettendo il Tg4 con il suo direttore del tempo, Emilio Fede, ancora vestito con la sua giacca di pelle di mezza stagione, sintomo che era stato letteralmente “buttato dentro”, o si era precipitato, nella diretta, e scopro con mia grande sorpresa che in realtà l’aereo si è schiantato contro il World Trade Center di New York, altrimenti conosciuto come le Torri Gemelle, per la precisione la Torre Nord. Mia madre doveva aver compresso velocemente le tre parole (World Trade Center), per questo avevo inizialmente colto che si trattasse del Parlamento inglese.
Il primo pensiero che ci coglie è ovviamente che si sia trattato di un errore umano, che un piccolo aereo da turismo, come ve ne sono molti, assieme ad elicotteri, che sorvolano abitualmente la Grande Mela con turisti a bordo per una visione panoramica, si sia schiantato accidentalmente contro l’immenso grattacielo.
Il Tg4 è il primo telegiornale italiano a collegarsi per trasmettere in diretta l’evento appoggiandosi sulla rete americana CNN, la più prestigiosa del mondo. Il network statunitense dopo aver trasmesso per alcuni minuti frontalmente le due Torri, di cui la colpita ovviamente in fiamme nei piani più vicini al suo picco, inizia ad inviare immagini riprese in diretta da un elicottero per dare una ripresa angolare in movimento della Torre Nord, coprendo parzialmente la Torre Sud, alla stregua quasi di quando le vetture esposte ai saloni internazionali dell’automobile girano sulle piattaforme rotanti.
Passano dai quattro ai cinque minuti e di sorpresa vediamo apparire sullo sfondo un aereo di linea puntare diritto contro la seconda Torre, la Sud, provocando una enorme palla di fuoco dovuta al terribile impatto e lanciando detriti del velivolo e dei piani colpiti dappertutto.
In quel momento ci è chiara solamente una cosa: NON è un incidente, è un atto deliberato, un attentato.
E’ uno shock immane, è come aver ricevuto un secchio di acqua gelata in testa e contemporaneamente uno schiaffo forte o come essere entrati da un cancello e vedere quest’ultimo che si chiude all’istante dietro di noi; abbiamo messo il piede in una nuova era e non ce ne siamo ancora accorti.
Difficile provare solo a immaginare di poter spiegare minimamente lo stato d’animo mio e di mia madre in quel momento, un misto di incredulità (sto sognando?), spaesamento, orrore e furente rabbia, quest’ultima dovuta credo prima di tutto alla mia giovane età (avrei compiuto a fine settembre 21 anni), ma anche ad un altro motivo ben preciso.
Ero particolarmente affezionato a quei due affascinanti edifici, le Twin Towers di Manhattan a New York. Questo perché sono particolarmente affezionato proprio alla città di New York. Ebbi il privilegio di salire per tre volte nella mia vita sulla Torre Sud, quella visitabile con il punto di osservazione “Top of the world”.
La prima volta fu nel 1983. Mia madre Wally insegnò inglese dal 1977 al 2010 all’Istituto Seghetti di Verona ed era avvezza, fino ai primi anni 2000, nelle estati organizzare le famose vacanze studio per studenti, soprattutto a Londra, ma non solo. In quell’anno mia madre aveva organizzato in via eccezionale, come detto la normalità era nella capitale inglese, una trasferta studio per studenti negli Stati Uniti, precisamente proprio a New York, portando anche il sottoscritto (non avevo nemmeno 3 anni) e mio padre Remo, chirurgo, dato che quest’ultimo avrebbe tra l’altro dovuto sostenere in quel periodo uno stage formativo presso il Mount Sinai Hospital nella Grande Mela. La seconda nel 1995 durante il 1^ coast to coast di famiglia negli USA e la terza nel 1997, in quest’ultimo caso durante una gita a New York con studenti nel corso di un’altra vacanza studio organizzata da mia madre a Boston, prima di proseguire per il nostro 2^ coast to coast di famiglia; mio padre ci avrebbe raggiunto qualche giorno più tardi, mentre il resto degli studenti sarebbe rientrato in Italia. Si può dire che avessi un sentimento personale speciale nei confronti di questi due giganti che si stagliavano nel cielo, simbolo dell’America nel mondo oltreché in numerose pellicole cinematografiche.
Ma torniamo al momento dello schianto del secondo aereo.
Mi dico «Ma sta succedendo davvero?!?», «Non è possibile!». Nel mentre tutte le televisioni iniziano ad effetto domino a collegarsi in diretta ed io preso dall’emotività del momento mi precipito in camera mia a prendere sia il telefono cordless di casa che il mio cellulare personale iniziando ad avvisare mio fratello Marco, parenti, amici e conoscenti con chiamate ed sms, non esistevano WhatsApp e gli smartphone, esortandoli ad accendere subito un televisore per vedere che cosa stesse accadendo.
La televisione americana comincia poi a zoomare sulle due Torri in fiamme inquadrando le persone che si trovavano ai piani superiori ai punti di impatto degli aerei che continuavano ad agitare le mani e fazzoletti o panni bianchi per segnalare la loro presenza e chiedere aiuto.
In quel momento mi viene un nodo in gola perché mi sovviene la sensazione che avevo provato a trovarmi in cima ad una delle due Torri a più di 400 metri dal suolo da dove automobili ed autobus apparivano minuscoli come formiche, e capisco che non può esserci sopravvivenza per quei poveri malcapitati, non hanno via d’uscita. E la mia sensazione viene confermata qualche attimo dopo quando dei puntini neri iniziano a visualizzarsi nel cadere dall’alto in basso delle Torri. Sono i disperati degli ultimi piani che consci di non avere scampo – non avrebbero mai potuto essere messi in salvo dagli elicotteri dal tetto a causa del denso fumo – preferiscono lanciarsi nel vuoto piuttosto che ardere vivi.
Nel giro di qualche minuto la situazione diventa da surreale a catastrofica, nel momento esatto in cui la CNN trasmette in diretta la scritta “Breaking News: Pentagon on fire”. In quell’esatto momento ho pensato che fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale, che fosse in atto una nuova Pearl Harbour, da parte di chi non era ancora chiaro (si scoprirà qualche ora più tardi dall’organizzazione terroristica Al Qaeda di matrice islamista che fa capo ad Osama Bin Laden), ancora rintontito dalla impressionante ed incalzante sequela di eventi a catena in tempo reale.
All’incirca un’ora dopo lo schianto del secondo aereo passa a prendermi a casa in auto mio padre.
Eravamo d’accordo che quel giorno saremmo andati a Negrar di Valpolicella ad acquistare da un amico di famiglia un nuovo personal computer per la mia camera. Appena salito in auto con lui, scosso dall’accaduto quanto me, proseguo a seguire gli eventi via radio e una domanda si fa largo nella mia testa.
Come è possibile che gli Stati Uniti, l’unica superpotenza mondiale, si siano fatti scappare tre aerei, dovevo ancora apprendere del volo United 93 precipitato in Pennsylvania, nei propri cieli così facilmente?
Non ci potevo credere.
Giusto a fine agosto del 2001 io e la mia famiglia, compreso mio fratello Marco, eravamo di ritorno da un viaggio in Canada, da Toronto a Vancouver, e nella prima parte del viaggio eravamo entrati negli Stati Uniti, esattamente in Pennsylvania per andare a trovare un famoso chirurgo di Verona, Marco Zenati, che viveva con la famiglia a Pittsburgh.
Ricordo ancora il controllo accurato e dovizioso della polizia americana alla frontiera canadese, ci fecero anche aprire il bagagliaio e mi fa davvero strano pensare che un apparato di sicurezza così sofisticato e minuzioso, avvezzo da anni di Guerra Fredda, si fosse lasciato sfuggire come delle saponette ben tre aerei sul proprio territorio.
Probabilmente era il senso di invincibilità del popolo americano, che non aveva mai subito un attacco esterno del genere sulla propria terraferma (se vogliamo escludere il sopracitato attacco militare giapponese alle isole Hawaii del 7 dicembre 1941), che fisiologicamente tenne bassa la guardia, unito al fatto che fino al ’10 settembre 2001’ era possibile imbarcare sugli aerei anche piccoli coltelli nel bagaglio a mano, utilizzati dai terroristi di Al Qaeda sugli aerei dirottati.
Alla radio, dirigendoci verso la Valpolicella, udiamo che la Torre Nord è crollata, la seguirà minuti più tardi la Torre Sud, portandosi via con sé migliaia di vite innocenti ed una parte della storia del mondo. E forse anche un po’ di me.
Viene altresì confermato che un quarto aereo (il sopracitato United 93) si è da poco schiantato a Shanksville nello stato della Pennsylvania, dove ero passato con la mia famiglia un mese prima. Mi vengono i brividi a pensare che avevamo sorvolato due settimane prima i medesimi cieli percorsi dagli aerei dirottati, cercando di immedesimarmi nelle sensazioni che avevano provato i poveri passeggeri di quei quattro voli interni.
Decidiamo di spegnere la radio per concentrarci sull’acquisto del mio nuovo PC per cercare anche di provare ad avere uno spicchio di apparente normalità dopo tutte quelle notizie terrificanti e difficili da sopportare tutte insieme. Il nuovo modello di computer è particolare in quanto è composto in un blocco unico da un monitor e dall’hardware situato orizzontalmente sotto lo schermo con i suoi scompartimenti per i floppy disk (dischetti che si usavano ancora al tempo con una memoria di 1,44MB) e per i cd/dvd.
Un computer quindi non composto dall’hardware tradizionale solitamente posizionato verticalmente, la cosiddetta ‘torre’. La qual cosa, ironia della sorte, mi fa tornare in mente quanto udito fino a dieci minuti prima: «le Torri sono crollate, non esistono più».
New York e il mondo come li conoscevo io non esistevano più.
Rammento che nelle ore successive fui preso da una rabbia crescente ed indomabile causata, io credo, come detto prima, dalla emotività che caratterizza da sempre la giovane età, incapace spesso di far sì che la ragione possa farsi largo nella fitta giungla degli indomabili desideri di vendetta. Perché quando si è giovani si tende a guardare maggiormente ai danni provocati nel proprio giardino, senza avere a propria disposizione gli strumenti psicologici che permettono di approcciarsi con più consapevolezza alla complessità del mondo intero.
Questo non toglie che si trattò di un vero e proprio attacco premeditato all’Occidente.
Nei mesi successivi alla rabbia e allo sconforto si aggiunse anche una parte di angoscia dovuta alla mancanza di sicurezza percepita per una paura del mondo occidentale di una escalation del terrorismo islamico, dovuto anche alla guerra in Afghanistan intrapresa nell’ottobre 2001 dagli Stati Uniti come rappresaglia contro il regime dei talebani che davano rifugio ad Osama Bin Laden.
Per mesi continuai a pensare e a volte a sognare le persone morte nelle Torri, sugli aerei e al Pentagono.
Quel giorno assolato di quasi metà settembre di vent’anni fa tornai a casa la sera con un computer di nuova generazione, senza ‘tower’ e senza ‘le Torri’.
Il mondo tornò a casa senza innocenza.

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  1. Remo
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    Racconto in italiano perfetto con uno stile limpido scorrevole.trasmette l’emozione di quella giornata in modo netto, giornalistico e poetico.grande emozione della rottura

    1 anno fa
  2. Paolo
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    Bravo

    1 anno fa
  3. Leticia Hidalgo Vasquez
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    Proprio mi avvolge, un racconto elegante e trasmette l emozione sembra poesia ma allo stesso tempo un brano di un giornalista inteligente e diverso.

    Complimenti sono rimasta sbalordita.

    1 anno fa

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    11 Settembre 2001

    enricoandr80

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