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Calcio al confine

Calcio al confine

Piazza della Libertà
Trieste
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Calcio al confine

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Stavo camminando verso la piazza della stazione, quando svoltando l’angolo, una camionetta del Governo Militare Alleato mi passò vicino, quasi sfiorandomi, dirigendosi in senso opposto verso il centro città, dove aveva sede il loro quartier generale.
Dopo essermi fermato soltanto un attimo, ripresi il cammino su quel marciapiedi ed entrai nel bar che si trovava dall’altro lato della stazione ferroviaria di Trieste, dove ci eravamo dati appuntamento in quella nebbiosa domenica mattina d’autunno inoltrato.
Vidi Renzo e Roberto, con le loro sciarpe rossoalabardate, che avevano già preso posto a un tavolino davanti alla vetrata e c’era pure Igor, appena arrivato ed ancora non seduto con la sua biancoazzurra dei Veltri ponzianini, al quale mi affiancai togliendo fuori dallo zainetto la mia sciarpa, acquistata il giorno prima in un club ponzianino del rione popolare di San Giacomo.
Renzo e Roby erano in partenza per Milano, la Triestina avrebbe affrontato il Milan, contro il quale si giocava i primi posti quella stagione e loro non mancavano di dare il proprio supporto anche in trasferta. Era la Triestina del Paròn, che si stava facendo onore come mai successo prima nel campionato italiano di Serie A, in questo complicato dopoguerra, con la città sospesa in quella terra chiamata ora Territorio Libero di Trieste, dove a fronte della naturale italianità della sua gente, su questo lembo di terra incombeva l’ombra dell’ambizione della Jugoslavia di Tito, di inglobare la Venezia Giulia. Era stata istituita una zona A, comprendente la provincia di Trieste e una zona B, con Capodistria e il suo entroterra. I confini non erano ancora definiti, quella situazione provvisoria andava dilungandosi e il comando era stato preso dalle Forze Alleate vincitrici della guerra. Proprio per questa sua situazione precaria, la Triestina veniva accolta con simpatia in tutte le città ogni qualvolta vi si recava a giocare.
La questione politica, non ancora delineata definitivamente, aveva fatto si che la società ottenesse aiuti da Roma per sostenere l’italianità di questa terra, mentre le mire di espansione del governo Jugoslavo, avevano invece individuato nel Ponziana, l’altra squadra di Trieste, il veicolo da usare e foraggiare da parte di Belgrado, per far diventare il T.L.T. la settima delle repubbliche della Federativa. Tito così volle che il Ponziana partecipasse al campionato Jugoslavo di Prima Divisione, dando così corpo a quella incredibile particolarità, di una città avente due squadre nella massima serie ma in due Nazioni diverse.
Il treno che Renzo e Roberto avrebbero preso era in partenza alle 9.25 e ci eravamo dati appuntamento qui per i caffè di inizio giornata. Io e Igor, invece, nel pomeriggio saremmo andati allo stadio Comunale, dove il Ponziana avrebbe affrontato la Stella Rossa nel big match contro la capolista belgradese.
Renzo, come una buona parte dei triestini, non era d’accordo con la scelta della società Ponzianina di partecipare al campionato Jugoslavo. Molti la vedevano come un tradimento verso il tricolore. Ma la guerra da poco conclusa aveva già lasciato troppe ferite dietro di sé e nella maggioranza della gente c’era la voglia di ricominciare a vivere e il pallone ne era un buon motivo, senza aggiungere ancora motivazioni politiche. Il calcio era passione e divertimento, sia giocato a Roma, Torino e Milano che a Belgrado, Zagabria e Spalato e aveva ripreso con la gente quel filo interrotto dal conflitto.
Igor era un appassionato del calcio a Est e aveva scelto di seguire il Ponziana per ammirare dal vivo le grandi squadre slave e i loro campioni, di cui proprio la Crvena Zvezda per lui rappresentava un vero mito.
Da parte mia, ero nato vicino Ponziana e questa avventura la trovavo esaltante: giocare portando l’Alabarda e i colori bianco azzurri in giro per i Balcani nelle città più importanti.
Roby era un tifoso passionale dell’Unione Triestina e oltre a seguirla sempre allo Stadio Comunale, si recava spesso in trasferta anche per visitare le varie città italiane, dove si era accolti sempre con simpatia anche come tifosi.
La Triestina resisteva al secondo posto, dietro all’irraggiungibile Grande Torino e una settimana prima aveva battuto per 1-0 in casa la Juventus con un gol di Ispiro. Mentre il Ponziana lottava con orgoglio e determinazione per la salvezza nel campionato della Federazione delle Repubbliche Jugoslave, dove rappresentava proprio la Venezia Giulia, ed era reduce dalla vittoria in Croazia nel turno precedente contro l’Hajduk a Spalato per due a uno, con una doppietta del veltro Scapin.
Qualche volta era successo che eravamo andati tutti assieme allo stadio a Valmaura, per svago, passione e per stare assieme, indipendentemente da chi giocasse. Questa volta però le nostre posizioni erano delineate, entrambe le squadre si giocavano una partita importante e di prestigio e Renzo e Roby da una parte ed Io e Igor dall’altra, volevamo essere presenti per viverne il momento.
Tornammo ad avvolgerci nelle nostre sciarpe, alzando i baveri dei giubbotti per rigettarsi nuovamente nella mattinata di nebbia che ora stava sciogliendosi in microscopiche ma fitte goccioline. Dall’altro lato della piazza, fuori dalla stazione degli autobus, accanto a quella ferroviaria, si aggirava un gruppo di tifosi serbi della Zvezda già arrivati in città per il match del pomeriggio.
Tutt’attorno alcune pattuglie del Governo Militare Alleato a tenere sotto controllo ogni tipo di situazione, calcistica e non.
Ci salutammo su quel marciapiede, Roby e Renzo attraversarono quella piazza per poi venire inghiottiti dalla Stazione Ferroviaria, mentre io e Igor salimmo sull’autobus cittadino che ci avrebbe portato verso il centro città in attesa della nostra partita.
Passò poco più di un quarto di secolo, da ragazzi poco più che ventenni, eravamo diventati uomini ormai maturi e molte cose ci erano cambiate attorno.
Trieste era ritornata definitivamente all’Italia, il Paese stava attraversando un boom economico e gli jugoslavi che si vedevano in giro in quegli anni ’70, erano quelli che in massa con le corriere venivano a fare shopping nel fine settimana, soprattutto per comprare jeans, in questa città di confine a loro più vicina.
Anche i destini delle due squadre cittadine erano cambiati. L’Unione Triestina era caduta ai minimi storici del suo recente passato, mentre il Ponziana, dopo la parentesi nel campionato jugoslavo, identificandosi nuovamente in quei valori di squadra del popolo e dei lavoratori, coronò la sua risalita raggiungendo nella stessa serie proprio i rossoalabardati.
La città si trovò orgogliosamente in una grande attesa per quella sfida così inaspettata. Fu così che quel giorno, il giorno del derby, Renzo, Roby, Igor ed io, decidemmo di darci appuntamento nuovamente in quel caffè davanti alla stazione, come tanti anni prima, ancora una volta con le nostre sciarpe a parlare di calcio, per cominciare da lì quella giornata che stava coinvolgendo tutta la città. Dopo il caffè, questa volta salimmo assieme tutti e quattro sull’autobus dirigendoci direttamente a Valmaura, allo stadio ora intitolato a Pino Grezar e dai finestrini dell’autobus potemmo vedere la nostra città mostrarsi con orgoglio dentro a quei colori rossobiancoazzurri, nelle bandiere svolazzanti sui balconi in quella giornata di bora e nel movimento di tutte quelle persone che ormai confluivano con ogni mezzo e da ogni quartiere verso lo stadio della città.
Vinse clamorosamente il Ponziana quel pomeriggio, per la Triestina un’altra caduta in quegli anni bui apparentemente senza fine. Avrà la forza di risollevarsi l’Unione Sportiva Triestina, con exploit entusiasmanti e con ancora altre dolorose cadute durante il suo glorioso percorso.
Ti avvii a compiere 100 anni, molti faccendieri si sono alternati negli ultimi anni, ma ora sei in buone mani in questo nuovo percorso e ti riprenderai quel posto che ti aspetta da tanto.
Tanti Auguri Unione Sportiva Triestina.

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  1. Gary Bruni Proprietario Scheda
    Originalità

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    Una storia in altri tempi

    3 anni fa
  2. Massimiliano
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Luogo di tutti e luogo di nessuno, città senza storia e con troppo passato, così piccola da potersi perdere…piccola grande Trieste, se fossi la mia città fingerei di amarti come tutti loro, risponderei “no pol andar mal” mi sorriderebbe perfino il deretano…io però sono è sempre sarò straniero ed è per questo che ti amo piccola dolce folle città.

    1 settimana fa

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