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La Leggenda del Campanone

La Leggenda del Campanone

Via Campanone
15046 San Salvatore Monferrato (AL)
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La Leggenda del Campanone

visita su Google street view     San Salvatore Monferrato (AL) /button>


Mi lascio alle spalle il portone di casa, imbocco la via a passi svelti sino ad arrivare in piazza. Un paio di sguardi veloci e una certezza: la piazza è deserta. In effetti, a ben pensarci, l’orologio sopra i portici segna le 14:15 di una domenica pomeriggio di settembre, chi dovrebbe esserci in giro a quest’ora?
Arrivo ai piedi della salita, una delle salite più ripide che si possano incontrare in paese: la salita del Campanone, quella che porta in Oratorio. La affronto senza alcun timore. A dieci anni dovrei spaventarmi per pochi metri di strada?
Eccomi, ho quasi raggiunto il cancello d’ingresso, inizio a intravedere gli amici già in attesa che si spalanchino le porte del nostro tempio. Ma che ore sono? 14:19. Ogni volta la stessa storia: arrivo sempre in anticipo. Anzi: arriviamo. Va beh, iniziamo a fare le squadre. No, io in porta non ci sto, non scherziamo. Allora facciamo due gol a testa e poi esco. Ma contiamo solo i gol subiti o anche quelli fatti? E se ci giocassimo il posto da portiere a palo-traversa-incrocio? Hey, sono arrivati ad aprire!

Questa è la descrizione dell’inizio di una domenica come un’altra passata in Oratorio. Casa nostra! Lotte sanguinose per un posto da titolare in campo, per non stare in porta, per giocare con i più forti. Ma l’Oratorio non è mica stato solo questo. E’ nato parecchio tempo fa e si può fregiare di una storia antica, una storia pazzesca. Una storia da raccontare.
Dovete sapere che una volta, su quell’angusto colle, vi era solo un vecchio stabile dismesso, pressoché distrutto, abitato unicamente da qualche gatto randagio, topi enormi, immondizia e uno strano marchingegno che creava dei suoni…sì, suoni! Un juke box antesignano? Beh, risulta assurdo anche solo pensarlo visto che parliamo di epoche antiche, dove la luce elettrica non esisteva. Si pensi che generalmente si afferma che il primo strumento elettrico sia stato una sorta di clavicembalo costruito dal fisico Delaborde nel 1759; dunque, se si considera che qui siamo molto più in là con gli anni, all’alba dei tempi, epoca in cui il suonare non era ancora cosa conosciuta, come si può pensare che potesse esistere un oggetto simile?
Quel marchingegno, che da ora in poi per comodità chiamerò radio, nelle notti di vento portava suoni in tutto il paese, in quel tempo ritenuti magici e premonitori di buone nuove. Nessuno sapeva di cosa si trattasse, ma tutti tendevano a ripetere ciò che sentivano, riproducendo per quanto possibile quel suono nei più disparati modi. Si pensava fosse la voce delle Muse che proteggevano il villaggio e che si presentavano a loro con un linguaggio non caratterizzato dall’uso di comuni parole. Quel suono era soave, cullava la mente, distendeva i pensieri, innalzava i piaceri. Ci si rese conto ben presto che nei periodi successivi al suonare della radio le gravidanze aumentavano considerevolmente. Si iniziò a credere che la radio portasse vita, regalasse amore. Decisero così di dare un nome a quel suono, e la scelta ricadde su una parola nuova, allora sconosciuta, ossia Musica, in onore delle Muse sante protettrici.
Da qui in poi la storia si fa nebulosa e contraddittoria. Non vi sono fonti attendibili, se non altro non fino al giorno in cui un uomo arrivò in paese. Era armato di saccoccia e barba incolta. Aveva un incedere lento, ma deciso. Un fare a tratti distaccato, a tratti coriaceo. Non si sapeva l’età, né il nome. E non si seppero mai. Si sa solo che, essendo sprovvisto di un tetto sotto cui dormire, decise di fermarsi qualche giorno a riposare sul colle dove stazionava la radio. Prima di intraprendere la pesante salita, parlò ad una donna alla quale promise una vita d’avventura una volta ripartiti insieme alla ricerca di mondi sconosciuti.
Non si ebbero più sue notizie. Scomparve la prima notte, una notte in cui la radio suonò.
Nei giorni seguenti, non vedendolo scendere dal colle, gli abitanti del posto capirono che mai più l’avrebbero rivisto. E una convinzione li avvolse: quell’uomo e la radio, durante il suo suonare, si fusero insieme diventando una cosa sola. Quell’uomo si fece Musica. Un sacrificio voluto dalle Muse.
Convinti oltremodo dell’accaduto, si decisero a salire sul colle per innalzare una torretta, alla cui parte superiore venne applicata una campana in grado di produrre un suono udibile in tutto il paese e capace, almeno nelle intenzioni, di sostituire la Musica della radio ormai scomparsa. A lato del campanile venne costruita una piccola chiesa, all’interno della quale venivano adorate le Muse e le si pregava di continuare a portare vita e felicità nel paese. La torretta venne chiamata Campanone, per via dell’enorme campana; mentre la chiesa prese il nome dell’unica donna che sentì la voce di quell’uomo e che il giorno seguente scomparve alla disperata ricerca del suo amato: Assunta.

Come e quando quel posto divenne un Oratorio, e tutto ciò che è oggi, è risaputo. Meno conosciuta è invece questa leggenda che ne narra gli albori e conferma che sì, la Musica è nata a San Salvatore e a questo si deve l’usanza di far interpretare ai bambini canzoni e musiche ogni settembre, mese di scomparsa dell’uomo. L’uomo che si fece Musica.
La tradizione prosegue e tuttora viene tramandata, magari in modo diverso sotto certi aspetti, ma mantenendo sempre e comunque intatta la passione per la Musica. E tutto con semplicità, condizione immancabile in Oratorio.
Perché, dovete sapere, se l’Oratorio Campanone qualcosa ha insegnato a quel bambino che esce di casa alle 14:15 di una domenica qualsiasi, è che con poco si può stare bene. Molto bene!
Bastano un sorriso, della Musica…e qualcuno in possesso delle chiavi del cancelletto!

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