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Armando e Margherita

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10064 Pinerolo (TO)
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Armando e Margherita

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Me ne vado a Pinerolo
John Gerard Sapodilla
Questa estate me ne vado a Pinerolo, simpatica e volubile cittadina del Piemonte.
Devo conoscere i personaggi del racconto che vorrei scrivere.

Armando Lucasso e il conte padre
Questa volta Armando Lucasso si era presentato senza botti di vino, ma con un foglio di carta pieno di numeri. Il conte Riccardo Vignotti del Sole aveva dissimulato la sua intuizione dietro una domanda distratta.
“Una supplica, Armando?”
Armando aveva fatto un inchino, il più profondo possibile.
“Signor conte, il debito ammonta a centomila lire.”
Il conte gli aveva strappato di mano il foglio e lo aveva gettato nel camino. Acceso di sdegno. Il camino furioso per l’oltraggio si era affrettato a bruciare il foglio. Il conte era stato un tempo inviato ambasciatore di Francia a Madrid e conosceva l’arte della diplomazia e del possibile. Egli era consapevole che nella sua situazione finanziaria l’arroganza con i fornitori non era più possibile.
“Ebbene, Armando, che ne diresti di sposare mia figlia Margherita?”
Armando sente una brezza che lo porta in alto su una nuvola. Nessun Lucasso avrebbe mai sognato di avere per moglie una contessa. I titoli nobiliari contano ancora a Pinerolo, anche dopo la caduta della monarchia.
Preso commiato, Armando aveva subito corrotto la cameriera personale di Margherita. Con sollievo aveva appreso che la futura sposina, oltre a un viso fiero di angelo biondo, poteva offrire anche due splendide cosce normanne.
Al mattino seguente lui si era presentato con un carretto carico di vini e un anello di diamante. Era stato annunciato alla contessina, mentre lei ammirava il giardino fiorito di orchidee da una sua finestra.
“Margherita, accettate questo pegno della mia devozione.”
E si era messo in ginocchio, non sapendo che altro fare.
Lei non si era girata.
“Lucasso, il conte Riccardo ti attende per la firma del contratto di matrimonio. Ci rivedremo in chiesa, dunque.”
La cameriera gli aveva tolto di mano l’astuccio con l’anello e aveva portato dal conte un Armandoo Lucasso stordito dagli usi dei nobili.
Il contratto era degno di un feroce strozzino. Lo sposo veniva spolpato e spennato. Il conte gli aveva messo una mano sulla spalla.
“Firma, Armando. Pensavi di avere il titolo di conte per dieci lire?”
Nell’apporre a sua volta la nobile firma, il conte aveva pensato che presto un imprevisto incidente avrebbe troncato la breve vita felice del novello conte Lucasso. Sua figlia Margherita, vedova disperata, avrebbe ereditato tutti le proprietà dello sposo.
Nel lasciare il palazzo, Armando aveva pensato alla prima notte di nozze. Margherita si sarebbe presentata di sicuro gelida nella camera nuziale, ma lui avrebbe saputo come prenderla una volta soli:
“Madame, non vorreste togliervi le mutande, prima di stendervi sulle mie ginocchia? La tradizione di casa Lucasso vuole che il culetto della sposa sia rosso acceso la prima volta a letto, in segno di sottomissione.”
Ripete a se stesso che la costringerà a mettersi faccia a terra, a quattro zampe, la gonna rovesciata. Sorride soddisfatto di questa sua decisione, le farà vedere chi è il padrone, quando le abbasserà le mutande con lo stemma, per godersi la visione dell’aristocratico orgoglioso sedere.
La delusione di Armando Lucasso
Armando, dopo mesi dal giorno della cerimonia nuziale, non aveva ancora visto il sedere di Margherita.
A letto la notte Margherita faceva il suo dovere, come le aveva imposto il suo padre spirituale il giorno prima delle nozze. Non osava rifiutarsi, sarebbe stato peccato, ma la camera doveva essere tutta buia, spente le candele e tirate le persiane alle finestre, prima di togliersi le mutande, infine pretendeva di non togliersi il corsetto, anche se consentiva a slacciarlo per non soffocare. La prima notte, per non morire di vergogna, nei primi istanti lei aveva immaginato che si sarebbe gettata dall’alto sugli scogli e Armando sarebbe vissuto nel rimorso tutta la vita, per averla costretta.
Armando Lucasso, commerciante di vini, arricchito grazie alla guerra, aveva sposato Margherita per due ragioni: la aristocratica rotondità del suo sedere e il titolo di contessa. Era rimasto deluso. Un giorno, con aria ingenua e innocente, le aveva chiesto:
“Margherita, questa notte non vorreste mettervi col culetto per aria per offrirvi al mio piacere?”
Lei non aveva compreso, forse Armando voleva farsi gioco della sua ingenuità, non glie lo avrebbe permesso.
“Per aria, Armando? Non sono più la sciagurata femmina, che sperpera il vostro denaro in romanzi francesi? Sono diventata il vostro angelo, l’angioletto che vola sopra di voi?”
Alle spiegazioni di Armando era inorridita.
“Signore, voi conoscete la mia famiglia, la mia educazione religiosa, come osate tentarmi contro natura? Il vostro linguaggio è insopportabile, avete dimenticato che sono una Vignotti del Sole?
E poi i comunisti a Pinerolo, l’arrivo della Repubblica. Il titolo nobile si svaluta ogni giorno, fino al punto che al suo passeggio si sente gridare ‘arriva il conte Armando’ e poi una pernacchia. Un’altra delusione per il buon Armando. _

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