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La notte rossa

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Viale Principe di Piemonte
47924 Rimini
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La notte rossa

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Io avrei preferito il rosso, ma sono arrivato un po’ troppo in ritardo per un colore deciso come il rosso. In ritardo di almeno trent’anni.
Romagna, luglio 2013. Tempi in cui il rosa è il colore che ci rappresenta, il colore a cui affidiamo la nostra speranza di una bella stagione. E non fate l’errore di credere che sia poco, una bella stagione significa tutto per Rimini. Una stagione racchiude l’alfa e l’omega, il bene e il male, le speranze e le delusioni, le difficoltà e le gioie.
Dicevamo quindi, il rosa. Colore femminile e pacifico che  è ora il vertice di una piramide alla cui base ci sono decine di migliaia di persone tra cui io. Perché la Notte Rosa, il capodanno dell’estate, è solo la cuspide di una struttura la cui base affonda in uno strato paludoso che non è poi così differente dalla melmosa foce del Mekong. Perché dietro le magliette, i cappellini, i cocktail sovrapprezzo e le canottiere bagnate, c’è sempre qualcuno che fa il lavoro sporco, suda e impreca, straziato da un’ambivalente pulsione d’amore e d’odio.
 
Un anno fa, mentre viaggiavo per il centro america, mi sono fermato qualche giorno nella città di Panama e lì incontrai un signore italiano (toscano per la precisione) che gestiva una gelateria di un certo successo. Continuava a ripetermi che noi a Rimini eravamo fortunati perché avevamo “creato” la Notte Rosa e attirato moltissimi turisti russi.
La sua analisi era piatta come una tavola da surf, di un manicheismo quasi commovente e vaticinava un futuro in cui l’Italia, e Rimini con essa, sarebbe stata trascinata in una sorta di guerra rivoluzionaria perché si era arrivati ad un punto in cui “la gente non ce la fa più”. Decisi di non contraddirlo, non mi sembrava nè il caso, nè il posto e oltretutto sparava le sue convinzioni con una carica che rendeva assai arduo intervenire, figurarsi esprimere un’opinione contrastante (il suo era uno sfogo e non tanto un invito al dibattimento).
Ad ogni modo, quello che mi colpì non fu il relativamente inconsistente bagaglio ideologico che il gelataio aveva mostrato ad un suo connazionale di passaggio in terra panamense, quanto l’affermazione che la Notte Rosa era stata da noi “creata” e ci aveva in qualche modo salvato da un destino oscuro e tetro fatto di cassa integrazione, guerre e probabile cannibalismo.
 
Insomma noi romagnoli, o per meglio dire il nostro attuale Sindaco Andrea Gnassi, saremmo stati in grado di prendere per le corna il fato e dirigere il toro verso un futuro, davvero in questo caso, roseo.
Devo dire che, per quanto poco raffinata, l’idea espressa dal gelataio toscano aveva un suo appeal. Mi sembrava trumpiana (solo che Trump sarebbe arrivato dopo), semplicistica, forse un po’ ingenua ma soprattutto pericolosamente affascinante.
Metti un momento generale di crisi, con un calo enorme della ricchezza prodotta dal turismo di massa, e poi prendi un pugno di persone con sale in zucca che studia un  modo per evitare che il lungomare di Rimini diventasse come il Luna Park di Coney Island nei “Guerrieri della Notte”, mischi il tutto e cosa ottieni? Il capodanno dell’estate.
Se l’idea, non  era malvagia, che dire della sua realizzazione concreta?
 
Noi riminesi siamo esigenti ma sono sincero quando dico che la prima volta riuscì a stupirmi. Raramente avevo visto così tante persone per strada e l’impressione che mi fece il lungomare chiuso alle macchine fu sensazionale. Per la prima volta in una ventina d’anni di vita mi sembrava che la Rimini estiva fosse riuscita a tirar fuori dal cappello una trovata geniale, degna di ben altre moderne città, di una metropoli.
Con il passare degli anni però sono diventato sempre più parte dell’ingranaggio e probabilmente ho perso il punto di vista spensierato e distaccato che potevo avere il primo anno.
Eppure riesco ancora a percepire l’impressione positiva che questa notte, anzi queste notti, riescono a lasciare negli altri.
Parlavo qualche settimana con un ragazzo calabrese. Per lui essere a Rimini durante la Notte Rosa era stata una soddisfazione, dopo averla vista per tanti anni solo in televisione. Lui è riuscito ad arrivare qui, a Rimini, in un qualche modo “dentro” la televisione, dove accadeva qualcosa, dove c’erano eventi, ragazze e concerti.
Ovviamente che la Notte Rosa non sia la cura per tutti i nostri mali lo sappiamo benissimo, proprio la stagione 2013 ci ha dato una dimostrazione pratica di cosa significhi  veramente la parola crisi. Forse, fra qualche anno, cominceremo a farci un’idea più precisa di quello che questo strano periodo di decrescita involontaria si è portato via. L’onda lunga e lenta della marea lascia molti relitti sulla spiaggia e non saranno sufficienti i bagnini per pulire tutto.
 
Viaggiando per diversi paesi del mondo ho imparato a capire che pur essendo la Terra estremamente affascinante e varia, l’erba del vicino rimane sempre la più verde e solo quando si ficca profondamente il naso negli affari locali di una comunità si capisce quali sono i problemi reali di un luogo.
Noi romagnoli (m’iscrivo nel gruppo anche se il luogo di nascita dice diversamente) sappiamo di averne tanti, eppure non siamo tipi da buttarci troppo giù, perchè in fondo il cammino è sempre lungo e comincia sempre con un piccolo passo.
 
Sono al Turquoise, luglio 2009, è la Notte Rosa. Ore 3:15.
Un vento strano e ed elettrico comincia ad alzarsi. Qualche fulmine illumina l’orizzonte notturno sopra il mare. Chi ne capisce di più mi dice che il bel tempo è finito, mezz’ora, al massimo un’ora, e “sopra di noi arriverà una brutta tempesta” e poi, parafrasando il film “The Dark Knight rises” aggiunge “e quando arriverà gli uomini ricchi si chiederanno come hanno potuto pensare di vivere così alla grande, lasciando così poco per tutti noi”.
 
Il mio amico Alex è il Dj della serata, la sua consolle è sopraelevata rispetto alla pista, una specie di torre color avorio circondata da un bar circolare. Il pezzo che suona è di David Guetta. Ragazzi e ragazze si dimenano senza pensare che siamo già a Domenica, il sabato post notte rosa è finito e quella che ci aspetta è un’alba per niente rassicurante.
Mentre sono appoggiato al bancone del bar e sorseggio un vodka tonic, qualche goccia comincia a scendere picchiettando sul tetto del locale. In pochi minuti la pioggia aumenta d’intensità e viene trascinata sulla pista da ballo da un vento tagliente e freddo che fa svolazzare da tutte le parti i drappeggi legati attorno alle colonne.
Nessuno si accorge di nulla, tutti continuano a dimenarsi avvolti da sabbia e pioggia.
La tempesta è arrivata, il cielo è oscuro, l’alba dovrebbe inondarci di luce tra qualche ora ma non so se basterà far finta di niente e attenderla per vederla davvero.

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