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Soledad

Soledad

Viale della Fiera
Bologna
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Soledad

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Soledad ha chiari occhi affusolati cerchiati di rosso per le troppe veglie, Soledad è una creatura della notte e gli occhi si arrossano quando devi spalancare, dilatare le orbite per catturare le insidie del buio, gli scatti di ombre feline che non promettono nulla di buono. È una ragazza dalla sagoma nebbiosa sotto il lampione uno dei tanti di via della Fiera, pare anch’essa formata da punti di pioggia, quadro impressionista della tristezza grigia del notturno cittadino. Divarica un po’ le gambe che si reggono sui tacchi, a vederla così fasciata nella sua tuta aderente sembra un’eroina della Marvel. Stessi glutei sodi, stesse tette abbondanti. Soledad è come quei fumetti, un sogno che costa pochi spiccioli, un sogno che non si può sognare in pace perché va consumato in una piccola e gelida auto dai sedili abbassati o cercando rifugio nei cespugli insozzati di spazzatura e preservativi usati. Sarebbe bello abbracciarla sotto tiepide coperte dopo l’amore, addormentarsi vicini e svegliarsi con un caffè da poterle portare. Ma lei ha fretta, non concede languide carezze, si accende una sigaretta e apre la portiera che la risputa su quel marciapiede, perché lo spettacolo deve continuare. Show must go on… le stesse parole che Freddy urla a squarciagola nella radio che accendi per dare una sigla all’amarezza, alla solitudine che ti riempie il cuore mentre la guardi per un po’ allontanarsi e poi scivoli via verso l’uscita della tangenziale, al tuo letto triste, ma che ti darà maggior piacere di quella scopata frettolosa. Lei, Soledad, non vedrà il materasso fino all’alba, farà avanti e indietro come in passerella, ancheggiando tra i fasci di luce dei fari. Non è una star, è Soledad. Questa notte hai posseduto un po’ di solitudine, l’hai cinta con le tue braccia, perché anche un po’ di “solitudine” è meglio che niente in una fredda nottata d’inverno.

E non sai nulla di quella ragazza dal corpo mozzafiato, che hai solo potuto immaginare nel buio e nella concitazione dell’atto e non sei riuscita a vedere come quello della modella gigantesca in reggiseno e slip nel grande pannello pubblicitario che ricopre un bel pezzo di muro di cemento, che fa girare tutte le teste transitanti in un affollato bus. No. Soledad fa l’amore in fretta, vestita, permette solo che le mani corrano sotto la stoffa ad afferrare con foga la sua carne tiepida che rabbrividisce. Poi si ricompone, abbottona qualche automatico, si liscia i capelli ed è già perfetta, uno sbuffo di profumo tanto per camuffare il tuo odore. E la lasci lì al suo destino, il ripetersi maniacale di avventure tutte uguali, come tessere del domino che la buttano sempre un po’ più giù.

Nessuno di quei maschi sa che la sua pelle, esattamente un anno fa, si bruciava al sole del Brasile, la sua terra che ha ancora nello sguardo. Quando si ferma a mirare le tenebre della città, le luci che fuggono come ladri in quell’abisso di niente, lei vede la spiaggia bianca di Copacabana, i marciapiedi larghi come piazze, le favelas ammucchiate l’una sull’altra come variopinti giocatori di Rugby. Era un altro mondo, un’altra vita. La vita di un’altra persona, un ragazzo che si chiamava Horacio ed era bello come una statua greca, non tanto diverso da questa Soledad in cui si è trasformato. Il ricordo va insieme a un passo di samba, poi un altro che le sue gambe accennano sul posto.
“Che, pensi al carnevale?” la sfottono le altre lucciole con risate grasse che sanno di noia e disperazione. Ci aggiungono battute di quell’ironia greve che prende in giro il mondo intero perché non vi è in esso cosa che importi più. A poco a poco le risate si spengono, muoiono in un desiderio di calore e riposo. Presto sarà l’alba, per fortuna.
Squilla il cellulare, la suoneria materializza la samba in note metalliche. “Ti mando un mio amico, trattalo bene”. Ancora uno, non si finisce mai… sarà l’ultimo, coraggio e poi una doccia bollente ti toglierà tutte quelle mani dal corpo.

I primi chiarori giungono con le biciclette degli operai intabarrati che lottano col sonno da cui la sveglia li ha strappati. Forse han sognato donne belle come quelle che, in fila sul marciapiede, si massaggiano i polpacci e le spalle intorpidite, ma che si conquistano coi fiori, non con i biglietti di banca. Qualcuno fa un fischio a quelle bellezze e ogni tanto riceve in risposta una colorita maledizione. Soledad no, lei è un tipo raffinato, certe cose non le dice. Lo specchietto le rimanda una porzione del suo viso disfatto, che oramai il trucco non riesce più a puntellare. Sarà una di quelle donne che invecchiano in fretta e che si trasformano precocemente in grotteschi pupazzi che sorridono di un sorriso triste, rugoso, ammuffito. L’autobus numero 38 sta arrivando e deve zampettare sui tacchi, con le scarpe che le tormentano da tante ore i piedi, le sue estremità abituate alle infradito o a correre scalze sulla sabbia. Ma qui non si può, fa freddo e Soledad appanna col fiato il finestrino, ci disegna un cuore e vi appoggia la testa assopendosi su quel pensiero delicato mentre l’autobus riparte per portarla verso il letto, la sua stanza ammobiliata, quella che lei chiama “casa”.

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  1. Andrea Chiara Canteri
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Questo mini racconto è molto coinvolgente!
    Se ci si sforza di leggere tra le righe si può pensare quello che pensa Soledad fino al midollo!
    Davvero bella

    7 anni fa
  2. Anna Maria Funari
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Anche on questo racconto lo stile di Laura Corsini non si smentisce e ancora una volta ci porta in un mondo terribilmente attuale con uno stile senza fronzoli ma efficacissimo.

    6 anni fa
  3. Luisa Belluzzi
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Mi piace molto ..un racconto di una realtà cruda,triste…ma le parole rendono anche l’intensità di un’altra vita che c’è dietro….come fosse una speranza di un futuro diverso.

    6 anni fa
  4. Maria Pia Gambini
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Penso che questo racconto meriti tutte le stelle! E’ intriso di pietà, la stessa che viene nagata sulla strada.

    6 anni fa

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