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La sveglia

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Via di San Bernardo
Genova
Gialli e Thriller Racconti
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La sveglia

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TITITI TITITI TITITITITI TITITITITITI TITITITI TITITITIIIIITITITIIIIII TITITITITIIII
il rumore martellante delle armi laser risuona nel cervello dell’uomo. Deve essere concentrato, non lasciare che il panico gli offuschi i riflessi. La nave lo aspetterà fino alle 18.08, la lancetta del suo orologio di precisione è impettita sulle 18, otto minuti, otto minuti per giocarsi la sopravvivenza.
Nel vicolo il suono dei passi alle sue spalle si fa sempre più vicino.
Un bidone in terra. Salta veloce.
Voltato l’angolo un ponteggio fino al cielo. Allunga le mani. Si solleva. Raggiunge gli assiti incerti. Rapido passa da una tavola all’altra.
Frastuono di elicotteri sopra alla sua testa e ancora il suono inquietante delle modernissime armi laser:
TITITI TITITI TITITITITI TITITITITITI TITITITI TITITITIIIIITITITIIIIII TITITITITIIII
Un piede scivola su una tavola mal fissata. Adesso è appeso per un braccio sopra ad una strada piena di gente.
Urla.
Mani che indicano.
Con una capriola raggiunge il cornicione dell’edificio di fronte.
Un proiettile sibila di fianco alla sua tempia.
Il respiro si fa affannoso, ha le mani ferite, che lentamente perdono la presa.
Precipita nel vuoto. Con un colpo di reni raggiunge un balcone. Sotto di lui passa un grosso camion. Un salto preciso. E’ in equilibrio precario sul cassone, appena la corsa rallenta balza sul cofano di una macchina e poi in un vicolo scuro.
Un topo si dilegua.
Una donna fa rientrare i bambini in casa.
Un carretto della frutta esplode in lapilli di banane.
Nel vicolo che trasuda odori esotici intravede un’insegna nera sopra a vetrine illuminate da una luce verdastra. Entra.
Altro mondo.
Altro tempo.
Altro spazio.
L’uomo è teletrasportato in una bolla olfattiva: cardamomo, cannella, cacao e thé. Il negozio è stretto e lungo, entrando di corsa quasi inciampa nei sacchi di semenze misteriose sparsi ovunque. Fino al soffitto scaffali antichi stracolmi di barattoli. Un anziano in camice nero, gli occhiali sulla punta del naso, dietro al bancone, armeggia con un bilancino. Alza appena lo sguardo, indica al fuggitivo, con gli occhi, una porta sul retro. L’uomo si infila e si accuccia dietro ad un grande sacco di iuta che manda un profumo ineguagliabile a metà strada tra i suoi otto anni e la giovinezza della sua nonna Egeria.
All’esterno passi concitati, sente qualcuno entrare precipitosamente nel negozio e interrogare il vecchio.
Sbircia da dietro al suo sacco.
Il vecchio appoggia con lentezza il bilancino, con voce profonda inizia a descrivere la ricetta con la quale prepara il suo celebre cioccolato. Gli inseguitori si rigirano pochi secondi nello spazio angusto, uno di loro si avvicina pericolosamente, i muscoli dell’uomo sono tesi mentre sente solo il martellare del sangue che pompa all’impazzata. Sopra alla sua testa lo spostamento d’aria della tenda che si apre, poi si richiude e come un alito di vento i due escono di corsa senza dire altro.
Allora l’uomo si appoggia al sacco con un profondo sospiro, chiude gli occhi, ascolta la tensione allentarsi e si lascia trasportare dai profumi lungo gli anni passati.
E’ in campagna, a casa di sua nonna, lei prepara una torta così soffice che ha la stessa consistenza del suo profumo. Sulla superficie una sottile crosticina di zucchero. Nonna Egeria parla con dolcezza di atroci storie di fantasmi, lui ha ancora di fronte a sé tutti i futuri possibili. Vuole fare l’aviatore, sarà un grande aviatore, attraverserà mari e montagne e a ogni suo ritorno folle di ammiratori lo porteranno in trionfo.
Alla voce della nonna ora si sovrappone quella del vecchio. L’uomo socchiude gli occhi. Di fronte a lui, seduto su un sacco, il droghiere gli sta parlando di come si confeziona il cioccolato. Tiene in mano alcuni grani di cacao, li rigira tra le dita e a volte li annusa. Adesso sta dicendo: “La cura che si mette nel singolo impasto determina la qualità del prodotto. Bisogna scegliere con attenzione il cacao e vigilare sul processo di miscelazione. Assaggi questo cioccolato”. Da una tasca il vecchio estrae una scatola di cartone, le mani ossute la aprono con cura e svolgono la carta leggera. L’uomo è investito dal profumo come da un’onda. “66% di cacao, del tipo Trinitario, nel suo cuore sentore di legno, con un’aggiunta di pepe nero, della pregiata varietà Tellicherry. Chiuda gli occhi, mi dica cosa vede”. L’uomo allunga una mano, ne prende un pezzetto e lo infila in bocca titubante.
E’ di fronte al suo liceo, sta uscendo ancheggiante la ragazza più bella della scuola, lei che mai lo aveva notato lo guarda e gli sorride.
“Questo è cioccolato Criollo, 71% di cacao, con una punta di cardamomo”.
Adesso l’uomo sta assistendo alla nascita del suo primo figlio, gli viene dato in braccio ancora urlante, mentre i suoi sensi riportano ordine nell’intero universo.
“Infine questo Nacional, della famiglia del Forestero, 90% di cacao”.
Mentre il sapore si espande per tutto il corpo l’uomo, per la prima volta, non desidera altro che essere esattamente dov’è.
Intanto il vecchio prosegue con la sua voce profonda ed un po’ roca: “Mio padre faceva il droghiere prima di me, così mio nonno, ho vissuto nel binario tracciato da qualcun altro, chiedendomi più volte se avrei avuto il coraggio di cambiare completamente rotta. Poi ho provato a realizzare un buon cioccolato e ho capito che in questo avrei trovato la mia avventura. Ora sono vecchio, la mia vita è trascorsa qui”. Con uno sguardo abbraccia gli innumerevoli contenitori sugli alti scaffali, come a manovrare gli invisibili fili degli infiniti possibili aromi. “Ogni volta che vedo l’espressione che lei ha in viso, mentre aspira l’aroma del mio cioccolato, penso di aver vissuto per qualcosa di veramente speciale”.
Nel negozio è entrato qualcuno, l’uomo si riscuote, il vecchio gli porge un grano di cacao, l’uomo lo stringe tra le mani, sorride al vecchio pieno di gratitudine, si alza e riprende la sua corsa.
Il vicolo adesso è deserto, il porto è vicino, ancora pochi metri e potrà raggiungere la nave e le Forze Speciali.
Svolta rapido per la scala deserta.
Affretta il passo.
Un colpo di pistola squarcia il silenzio.
Un dolore lancinante alla gamba. Riprende la corsa zoppicante.
Cerca di fermare il sangue con la mano mentre sente i passi dietro di lui farsi sempre più vicini, stremato si appoggia ad un muro scrostato
TITITI TITITI TITITITITI TITITITITITI TITITITI TITITITIIIIITITITIIIIII TITITITITIIII
ancora quelle maledette armi laser, ora attaccate alla sua testa. E’ in trappola, mani robuste lo strattonano
TITITI TITITI TITITITITI TITITITITITI TITITITI TITITITIIIIITITITIIIIII TITITITITIIII
Una voce vagamente familiare: “Mi vuoi spiegare una buona volta perché metti la sveglia alle sette se poi la fai suonare per dieci minuti buoni?” Nella nebbia dei primi pensieri nota che la giugulare violacea della moglie vibra più del solito sotto la chioma bigodinata “Sono le sette e otto cara, si, hai ragione, scusami” Esce dal letto ruotando su se stesso, scende infilando i piedi nelle pantofole color depressione, infila una vestaglia di panno sopra alla canottiera sdrucita. Davanti allo specchio del bagno, sotto alla lampada al neon, guarda la sua faccia assonnata sotto un ricordo lontano di capelli. La pancia prominente è appoggiata al lavandino, il sogno di avventure è già perduto nella nebbia mentre nitida si presenta la prospettiva di una nuova giornata dell’impiegato Righetti dell’ufficio postale Genova 3. Ma un profumo gli ritorna alle narici e, dal profondo, emerge inaspettato un largo sorriso. La moglie intanto si rigira tra le mani un grano di cacao che ha trovato sul cuscino del marito, incerta se chiedergli spiegazioni o se lasciare che il fatto si assommi alle infinite stranezze di un uomo in piena crisi di mezz’età.

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