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Cominciò tutto una mattina di novembre inoltrato, dopo il caffè Michele ciabattò per casa in pigiama aspettando che gli arrivasse la voglia di prepararsi per andare al lavoro.
Alla fine si mise alla finestra respirando l’aria pulita e piccante del mattino e beandosi di quel cielo trasparente di un azzurro profondo e del sole limpido e caldo che, dietro vetri della finestra, riscaldava e dava tepore.
Michele, ancora insonnolito, lasciò vagare il suo sguardo tra profili di montagne lontane; in lontananza, due grandi abeti e due pini marittimi, si crogiolavano al sole invernale sulla sommità della collina di fronte mentre uno stormo di merli neri svolazzavano intorno ad un palo della luce. Sospirò contento di quel contrasto cromatico tra i verdi profondissimi degli alberi, il cielo azzurro, il giallo caldo del sole e il rosso dei tetti delle palazzine di fronte.
Dopo un lungo e appagante sguardo al paesaggio lontano, lo sguardo di Michele cominciò, distrattamente, a vagare sulle case di fronte; un rapido passaggio in orizzontale ed ecco quella nota stridente di bianco nel pieno di quella finestra del secondo piano, quasi non ci fece caso poi, il suo cervello, gli rimandò come un’eco, un avviso di anomalia che lo costrinse a ripercorrere a ritroso il suo percorso visivo.
Eccolo, era lì, indiscutibilmente bianco e rotondo, come un oggetto di arredo che oscillava a destra e a sinistra lungo la retta visuale di Michele propagando nell’aria la sua vista alla velocità della luce fino alle incantate retine di Michele.
Il culo sontuoso di Rosa Molini oscillava davanti alla finestra in una frenesia di tremiti e di oscillazioni che lasciarono attonito il povero Michele che si sforzò di capire cosa mai stesse succedendo. Provò a distogliere lo sguardo, provò a dirsi che era disdicevole sbirciare, ma la frenesia di quel meraviglioso oggetto biancastro che in un orgia tellurica ondeggiava lungo la linea del suo sguardo lo travolse, lo sommerse, lo soverchiò.
Angela Meozzi, amica di Rosa, le aveva spiegato come avere i migliori risultati con il massaggiatore-vibrante raccomandandole di fare la sua seduta di primo mattino, se possibile senza nulla addosso, in modo da avere i migliori risultati; certo non aveva immaginato che la sua amica massaggiasse i glutei con la finestra aperta esposta agli sguardi rapiti del suo dirimpettaio.
Diciamo la verità, il culo di Rosa era dotato di vita propria, oscillava e vibrava accattivante e, come le sirene ad Ulisse, sussurrava dolci parole accattivanti al povero Michele che rapito si era sporto sempre di più dalla finestra come per rispondere a quel canto ammaliatore.
Il sommesso vibrare del motore del massaggiatore della Signora Rosa fu interrotto da un sordo rumore in strada seguito dalle grida di Maria De Santio, la madre di Michele, che spaventata chiedeva aiuto alla finestra per il figlio che era caduto di sotto.
Agli infermieri del 118 che prima di caricarlo sulla barella e portarlo in ospedale, gli chiedevano come stava per sincerarsi del suo stato di coscienza, Michele sussurrò solo poche stentate parole:
“Mamma mia … Che… culo!”
Furono mesi di dura convalescenza e riabilitazione poi, finalmente, i due femori spezzati di Michele tornarono a posto; la ragione della sua caduta non fu mai svelata e alla fine tutto fu derubricato in un incidente legato ad un giramento di testa mattutino, l’infortunato non fece cenno alla signora Rosa, né tanto meno al suo memorabile culo bianco.
Il tempo aveva sbiadito l’immagine nitida che lo aveva accompagnato durante la sua convalescenza e Michele pian piano aveva anche perso un po’ di interesse, quando però se la vide davanti dondolare il suo meraviglioso sedere mentre saliva le scale, non ebbe più dubbi su quale sarebbe stata la missione della sua vita: abbracciare e studiare nel dettaglio la geografia di quel meraviglioso mappamondo all’apparenza dotato di vita ed intelligenza propria.
Ciascuno di noi ha un punto debole, una preferenza, una fessura entro la quale è possibile incunearsi per conseguire un vantaggio sia esso, psicologico, fisico, di qualsiasi natura, Michele lo sapeva e fu così che si apprestò a studiare la signora Molini in cerca di una breccia.
E la breccia c’era.
Appassionata di esoterismo la signora Rosa era una amante della musica new age, frequentatrice assidua del negozio di essenze e profumi, oltre che di suggestioni e amenità etniche, “Le Pleiadi” gestito da Antonio, vecchio amico di Michele.
L’antica amicizia e l’impegno ad una descrizione minuta delle avventure che sarebbero scaturite garantì a Michele l’aiuto di Antonio, noto tra le sue clienti come Antoine e una presentazione alla Signora Rosa come Michael,
conoscitore esperto di tecniche di meditazione trascendente, musicoterapia e, soprattutto, grande esperto di eros tantrico, qualifica assolutamente utile ad intrigare la Signora Rosa e indirizzarla correttamente.
Non su difficile, Rosa rapita dall’aura “mistica” che si spandeva da Michele, anche grazie ai saggi consigli di Antoine, grande esperto del settore, alla fine invitò “Michael” a visitare la sua personale “stanza delle armonie”.
La penombra era appena rotta dalla luce di un’abatjour avvolta in fascinosi veli colorati, l’odore dell’incenso e del patchouli si spandeva da piccoli bastoncini accesi nell’incensiere e le note surreali e un po’ folli del Bolero di Ravel turbinavano nella stanza.
Michele, pardon, Michael, deglutì pesantemente mentre Rosa gli si avvicinava con aria sognante pronta a donargli tantricamente l’essenza del suo ying e ad accogliere dentro di se il suo yang alla ricerca dell’entelechia del suo essere.
Quando Rosa fu a pochi metri da lui si fermò e con un sorriso malizioso gli sussurrò: “io so perché sei caduto dalla finestra, cosa credi che per quale motivo avevo la finestra aperta? Guarda!” E si voltò mostrandogli la sua mezzaluna bianchissima a malapena contenuta in una memorabile culotte rosa.
Michele arretrò, davanti a cotanta sontuosità, interdetto dalla comprensione che ogni suo inganno, ogni sua strategia erano state chiare alla donna dal primo momento e che era stato lui ad essere caduto in una trappola, arretrò compiaciuto pregustando i bei momenti, arretrò pensando al culo oscillante nella macchina per i massaggi, arretrò pensando alle notti insonni in ospedale con le gambe doloranti e quel culo nella mente, arretrò ancora ma di un passo di troppo.
La finestra della “stanza delle armonie” era spalancata, con solo una tenda a proteggere la privacy dell’alcova, una tenda troppo sottile per reggere il peso di Michele che, inciampato su di essa, cadde all’indietro dalla finestra, l’ultima sua visione, quel meraviglioso rotondo oggetto che gli parlava suadente.
Gli infermieri del 118 si scambiarono un segno di intesa riconoscendo subito Michele che era noto tra i portantino come “quello del culo” le sue ultime parole prima dell’incoscienza furono sempre le stesse:
“Mamma mia … Che culo!” E fu incosciente.

Tratto da “Ipnotiche oscillazioni ed altre storie” di Giampiero D’Ecclesiis, Ed. Universosud, Giugno 2014

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