Storie di Città

Racconti e Poesie originali e geolocalizzati

  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
Menu
  • Home
  • Pubblica e Geolocalizza le tue Opere
    • Regolamento
    • Invia la tua Opera
  • Accedi
  • Registrati
  • Sfoglia Categorie
      • 683Poesie
      • 393Racconti
  • Chi siamo
  • Blog
  • Contattaci
Piegati in due

Piegati in due

Lido di Ostia
00122 Ostia (RM)
Racconti Umoristici Racconti
1 Review
Condividi

Condividi:

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
Write a Review

Piegati in due

visita su Google street view  

 

Caldo afoso, odore di crema solare al cocco, sulla spiaggia di Ostia, battuta dal sole cocente, qualche bimbo si diverte a costruire castelli di sabbia che stentano a rimanere in piedi.

Il mare bagna la riva a ritmo regolare, imbiancando la battigia con la schiuma salata.

Mezzogiorno sonnolento e pigro, come se il tempo si fosse fermato di proposito e avesse rallentato di colpo  il ritmo frenetico sfuggito di mano agli uomini, ormai  presi a rincorrere una vita piena di impegni che sembrano avere priorità su tutto, troppo intenti a seguire percorsi  non umani, scanditi da macchinari privi di cuore.
All’improvviso, una voce di donna squarcia il silenzio quasi innaturale e risuona come una vecchia campana.
Un tono che sa di antico e che ricorda i tempi andati, quando su quella stessa spiaggia si portava di tutto e la giornata era una festa per grandi e bambini.
Tutti accorsi dall’entroterra, dopo aver affrontato il traffico della Via del Mare, con automobili zeppe di persone e suppellettili di varia natura (al mare non si sa mai, potrebbero essere utili), o pigiati come uva nella calca festante della linea Roma – Lido.

«Giovano’, ecco qua. So’ arivata all’ombrellone sei. Abbi pazienza, aiutame a metteme a sede e appoggia tutto lì. Attento a quella busta, sa! Nun ce fa entrà la sabbia. Anzi, famme er favore, mettimela sul lettino, ce so’solo du’ cosette da magna’ e qualcosa da beve pe’ mi’ nipote. Pe’ me ho portato solo tre mollichette de pane. Le buste co’ le cose mie l’ha già portate mi nipote Giulio.  Io magno come n’uccellino, giusto pe’ manda’ giù le pasticche pe’ la pressione. Oggi er diuretico me lo so scordato de  proposito, ma nun lo di’ a Giulio. Sennò chi lo sente. Co sto caldo… vedrai che pagnotte de piedi me ritroverò stasera. Ma sai che te dico? Mejo così,  sennò ogni due minuti dovevo core ar bagno. Core pe modo de di’! Oggi niente pipì. Er diuretico e i medici annassero a…»

Il bagnino fa accomodare la donna che, con i suoi centoventi chili, occupa ogni centimetro della sedia da regista posta sotto l’ombrellone numero sei e, contento di aver parcheggiato la matrona romana senza alcun incidente, fa un cenno al ragazzo che, divertito e con due pesanti buste in mano, li sta osservando da tre ombrelloni più in là.
«Giulio, bello de nonna, me metti la crema sulle spalle? », dice la donna, convinta di parlare con suo nipote.
Il ragazzo che si trova sotto l’ombrellone sei, prende il tubetto di lozione solare e ne spalma una dose abbondante su quella distesa infinita di ciccia morbida che gli ricorda carezze antiche e  lo porta a ripercorrere momenti felici e indimenticabili della propria infanzia.
«Grazie sa’, me dai pure la Settimana enigmistica, la matita, la gomma  e l’occhiali? Pe’ sbajo me so andati a fini’ ne la borsa de le fettine panate. Devo finì quer cavolo de Bartezzaghi che me sta a fa’ impazzì. »

Il giovane, senza fiato, le passa il giornalino ridotto, ormai, a carta assorbente e anche gli occhiali da lettura che sembra abbiano fatto una battaglia con le melanzane sottolio, tanto sono unte le lenti.
«Giulio, senti questa: dieci verticale, mito del ciclismo. La parola è de sei lettere e inizia co’ la enne. Famme pensà… Che ne dici, po esse “natleta”?
No,  “natleta” inizia co’ la enne, ma nun c’entra, è troppo lunga! », afferma la donna sventolandosi con un vistoso ventaglio, mentre il collo a tre ciambelle gronda sudore misto a crema solare.
Il ragazzo, senza fiato, non riesce a pronunciare neanche una parola.
Piegato su se stesso e con le lacrime agli occhi,  guarda in direzione dell’ombrellone nove dove Giulio, il nipote della donna, sembra il suo riflesso nello specchio.
Anche lui è piegato in due e, anch’esso con le lacrime agli occhi, indica il cartellino  dell’ombrellone e sventola il biglietto numero nove che ha portato con sé e che la nonna deve aver letto al contrario.
La donna sembra percepire qualcosa e, con una certa lentezza, come per allontanare l’imbarazzante verità, distoglie lo sguardo dalle parole crociate.
Posa su entrambe le ginocchia le dita grassocce, strizzate da antichi anelli e da una fede mai tolta, mentre, spostando la testa da destra a sinistra, guarda i due giovani diventati paonazzi in viso non solo per via del caldo.
Con fare sornione, come niente fosse, esclama: «Anvedi, m’ero sbajata a legge er numero. A giovano’, scusame sa. L’occhi, a vorte, fanno brutti scherzi e, quanno diventi anziano, fatti der genere so’all’ordine der giorno. L’unica cosa bona è che nun vedo più nè la  porvere e nemmeno lo sporco. M’ariposo dopo ‘na vita sprecata a lucidà le mattonelle. So’ diventata pure  filosofa cor tempo.
Ce vedo poco, è vero, però ancora cucino bene.  Ormai le mani vanno da sole, senza bisogno de guarda’. La voi assaggià ‘na fettina panata e due melanzane sott’olio?»
Il giovane non se lo fa ripetere un’altra volta e, in un attimo, sotto l’ombrellone numero sei, il lettino assume le sembianze di una tavola apparecchiata e una tranquilla domenica di riposo, si trasforma per tutti e tre in una indimenticabile e spensierata giornata di mezzo agosto con l’arancio che si tuffa nel mare.

Vivere la propria infanzia con una madre anaffettiva può causare danni irreparabili nella psiche di ogni individuo, ma è proprio questo che tormenta Gloria o c’è un altro mostro nascosto tra le pieghe della sua anima?
Una storia di madri, matrigne e orchi che non c’erano solo una volta, ma ci sono ancora adesso e strisciano come serpenti dalla lingua biforcuta sulla pelle delicata della giovane protagonista.

Cerca altre Storie nella tua Città


Benvenuto

Ora invia una Recensione

Ordina Per

  1. patrizia maria milani
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Ha il sapore dei tempi antichi questa storia. Non si incontrano più personaggi come la nonna, in spiaggia. Resta un sorriso di dolcezza dopo aver letto questo racconto. Brava Giovanna Avignoni!

    6 anni fa

Annulla risposta

Altre Storie in Zona

    Piegati in due

    Giovanna Avignoni

    Profilo dell'Autore

    Collegati con l’autore

    • Facebook URL

    Visualizzazioni

    740

    Sei un Autore?

    Autore

    Unisciti al nostro Progetto!

    Registrati su Storie di Città. Potrai pubblicare e geolocalizzare le tue opere, lasciarle impresse in un luogo, farle leggere a migliaia di lettori e potrai promuovere gratuitamente i tuoi libri!

    Registrati Ora

    STORIEDICITTA.IT

    "Dedicato a tutti coloro che conoscono l'arte dello scrivere, a chi ama viaggiare, ma soprattutto a tutti quelli che hanno sete di leggere!"

    Il Team di Storiedicitta.it

    www.storiedicitta.it

    Storie di Città

    • Condizioni d’uso
    • F.A.Q.
    • Privacy Policy
    • Pubblicità
    • Contattaci

    Link interessanti

    • Bookabook
    • Eppela
    • Amazon Libri
    • Scuola Holden
    • Salute Privata
    Copyright Storie di Città - storiedicitta.it © 2019 Tutti i Diritti Riservati
    • facebook
    • twitter
    • google
    Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.

    Login

    Register |  Lost your password?