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Casinò di Sanremo
18038 Sanremo (IM)
Racconti Erotici Racconti
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(Racconto VM18)

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Sono al Casinò di Sanremo insieme a Lory. Stamattina, in queste sale, abbiamo posato per un servizio di moda e il direttore ha fatto il cascamorto con noi ad ogni pausa. Finito il servizio ci ha invitate entrambe a cena nel ristorante del Casinò. Abbiamo accettato ed eccoci qui, dopo una cena a base di piatti sofisticati e vini pregiati, a un tavolo della roulette francese a fare le fiche con le fiches regalateci dal magnanimo e arrapato direttore. Durante la cena ci ha imbottito di complimenti infarciti di eleganti allusioni alla nostra relazione lesbica. Farebbe carte false pur di vederci insieme. Ovviamente non ha potuto scortarci, ma  ha promesso che non ci avrebbe mai perso di vista attraverso le telecamere a circuito chiuso. Per la nostra sicurezza, naturalmente. Di fatto ha detto che ci avrebbe spiato.

Ce la stiamo spassando un mondo: subito dopo la ruota e la pallina veniamo noi come attrazione locale. Siamo praticamente sedute sulla stessa sedia a strettissimo contatto l’una con l’altra. Diamo vita ad una specie di figura mitologica a due teste e quattro braccia che si sdoppia e poi si ricongiunge, si mischia e si risepara. La fauna dei casinò è una razza a parte, tutti eleganti, luccicanti ed eccitati, vivono solo di notte: all’alba svaniscono. Ora sono quasi tutti al nostro tavolo, i vampiri dell’azzardo. Il croupier chiama rinforzi lanciandoci occhiate di fuoco. La pallina perde velocità, rimbalza intorno allo zero, poi ci si piazza definitivamente e comincia il suo giro d’onore per farsi vedere da tutti. Ha vinto il banco e la delusione è collettiva. Ci unisce.

Mi viene in mente Borsalino, il film con Alain Delon e Jean Paul Belmondo: brillantina, cappelli a larghe tese, mitragliatori, gioco d’azzardo, amicizia, amore e puttane.

Mentre il croupier rastrella tutte le puntate e Lory fa finta di piangere sul mio seno, mi immagino in quel mondo violento e romantico, un’operetta sempre pronta a diventare tragedia: sono una delle puttane più ricercate di Marsiglia, una notte con me costa quanto una suite al Grand Hotel più le mance. Sto aspettando un nuovo cliente nel mio boudoir liberty e nell’attesa leggo un libro seduta sul letto con due cuscini dietro la schiena e le ginocchia a farmi da leggio. Sento bussare leggermente alla porta, mi alzo dal letto riponendo il libro sul comodino e vado ad aprire; indosso l’abito rosso che mi ha fatto appositamente recapitare lui. Mi getto al collo del cliente chiamandolo caro e baciandolo appena sulla bocca, lui vuole che mi comporti come se fossi sua moglie. In queste cose recitate sono probabilmente la migliore di Francia. Sono pienamente nella parte, sono la moglie di questo signore mai visto prima. Gli chiedo come è andata al lavoro, mentre faccio finta di spolverare i soprammobili. Lui si toglie la giacca e mi risponde come farebbe un marito.

Intanto, nella realtà, puntiamo tutto quello che abbiamo sul 36;  la pallina biancheggia sul binario nero seguita dagli occhi di tutti i presenti. Le nostre teste roteano all’unisono come fossimo marionette animate da un unico filo. La pallina rallenta, scivola sulle cellette rossonere e danza perfida tra un numero e l’altro per un tempo che a noi puntatori sembra infinito. Lory è praticamente sdraiata sul tavolo per vedere meglio, il suo morbido e rotondo fondo schiena staziona a due centimetri dal mio naso. Sento il suo odore trapelare dai vestiti. Amo il suo odore e il suo culo autoritario, amo il suo modo di ridere e le sue gambe forti.

Forti come le braccia del mio consorte per una notte che adesso mi stringono da dietro mentre lui mi sussurra all’orecchio: “Se mi ami devi fare tutto quello che ti chiedo.” Annuisco senza voltarmi e lui mi solleva la gonna, mi cala le mutandine di pizzo fino al ginocchio e incomincia a leccarmela da dietro / la pallina è arrivata a destinazione, si è piazzata sul numero 36 rouge, pair et passe. Lory è in piedi ed esulta e io faccio altrettanto / ha una lingua lunga e calda, apro leggermente le gambe per agevolarne l’attività e cerco un appoggio, ma lui ha altro in mente: mi solleva prendendomi in braccio come fossi una bambina e mi mette sul letto a pancia sotto. Poi mi si mette dietro, mi solleva il bacino fino a farmi mettere carponi e ricomincia a leccarmela da dietro. Sono eccitata come non dovrei, sento la sua lingua passare al piano superiore. Sono con il viso sul cuscino, la schiena arcuata e il culo all’insù. Lui smette improvvisamente, scende dal letto, mi lega una benda nera sugli occhi e mi dice :” Adesso rimani così e aspetta, vado a chiamare qualcuno per strada che ti venga a inculare, faccio subito amore mio, resta così”. Sono esterrefatta e al tempo stesso eccitatissima, l’idea di farmi sodomizzare da degli sconosciuti presi per strada e di restare così indifesa e cieca ad aspettarli, mi manda in deliquio. Li sento salire le scale, non so quanti siano, ma mi sembrano troppi. Probabilmente adesso mi stanno guardando, stanno vedendo il mio culo bianco proteso verso l’ignoto, offerto a chi lo vuole. Li immagino che si masturbano freneticamente per farselo venire duro e incularmi uno alla volta. Sto sbavando di desiderio, l’attesa ha fatto montare la mia voglia e il mio orifizio si contrae ritmicamente come se cercasse di risucchiarli quei membri sconosciuti. “Mio marito” non so dove sia, ma sento i suoi occhi innamorati e lussuriosi su di me. Vuole vedermi mentre mi faccio sodomizzare da una fila di sconosciuti. Vuole sentire il suo cuore scoppiare e il suo cazzo impazzire. Ne voglio uno in bocca adesso, voglio succhiarlo mentre mi impalano a turno. Mi sento violata, desiderata, umiliata: una vera troia ninfomane che si fa prendere per strada da chiunque. Sento il primo farsi strada, finalmente, me lo spinge dentro con metodo e poi lo riestrae, me lo sbatte sulle natiche e me lo rinfila dentro. E’ grande ma gentile, mi allarga e mi sfonda senza farmi male. Intanto qualcuno me lo ha messo in bocca e la sua cappella mi sta aprendo la gola. Mi sento infilzata, penetrata, aperta, liquefatta. Arriva il secondo, e poi il terzo, sono gonfi e duri, mi stanno squassando e riempendo di sperma.

Lory ed io, incassata la vincita, corriamo in bagno per festeggiare adeguatamente. Chissà se il direttore ci può vedere anche qui? Le ho infilato la mano sotto la gonna e le sto togliendo lo slip, voglio che faccia pipì cosi, con la gonna sollevata fino ai fianchi e le autoreggenti a metà coscia. La guardo e mi tocco pensando alla scena appena immaginata. Penso a tutti quegli uomini con il cazzo in mano che aspettano di entrarmi dentro a turno. E intanto vedo le magnifiche cosce candide di Lory allargarsi e stringersi sotto di me, smetto di toccarmi, prendo la sua testa e me la spingo sul pube. Giro lentamente su me stessa e lei seguita a leccarmi come se stesse forgiando un vaso di creta con la lingua, voglio che mi lecchi come ha fatto “mio marito”, da dietro. Lei affonda il suo viso di porcellana in mezzo alle mie natiche di seta, la sua lingua saetta intorno al mio orifizio per un po e poi affonda il colpo. Adesso vorrei essere a Marsiglia, in quell’appartamento da puttana di lusso a farmi fottere da decine di uomini mentre lecco la soprannaturale fica di Lory. La sola idea mi fa godere all’istante: vengo di un umore a lungo trattenuto e accumulato, schizzandolo sulla bocca e sulle tette grandi di Lory. Lei si alza, io mi giro, ci baciamo, le nostre mammelle aderiscono mentre più giù le nostre acque miracolose si fondono per l’ennesima volta. E’ venuta anche lei.
La mattina dopo ci siamo viste recapitare un enorme mazzo di rose rosse in albergo. Il biglietto diceva: grazie mie meravigliose creature, siete state fantastiche! Un vostro ammiratore. PS perchè mi avete restituito le fiches che vi avevo regalato?

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Scrittrice e blogger, Manu Libera, prova un dimensione testuale a lei inconsueta , costruendo i suoi racconti di sesso e di desiderio in una struttura più complessa, che, se da un lato non rinuncia alla narrazione erotica e ai ritratti fortemente connotati sessualmente, dall’altro elabora una prospettiva narrativa che tiene il lettore sul filo della curiosità per “come andrà a finire” o “che le succederà ancora, alla protagonista”. Questa è, come sempre nei racconti di Manu, una narratrice in prima persona e già questa è un chiave che assicura una dimensione coinvolgente, perché, leggendo, ci si sente proiettati in un universo segreto, ma ora finalmente esplicitato, di un desiderio femminile che rivela progressivamente tutta la propria bulimia di sesso e di piacere. È una specie di “presa diretta” dalla mente – e dagli organi sessuali – della protagonista che fa da filo conduttore degli eventi che la coppia –appunto la donna sessualmente bulimica e il marito, abile complice dei desideri della moglie- attraversano, sempre più senza freni e senza remore. Siamo nel passaggio tra il 1924 e il 1925, una capodanno che la coppia vuole festeggiare a Istanbul, arrivandoci con un treno mitico nell’immaginario avventuroso, anche sessualmente, della cultura novecentesca, l’Orient Express.

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