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Fiora

Fiora

53041 Asciano (Si)
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Fiora

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Fiora è una ragazza di 15 anni. Fiora è nata il 10 febbraio del 1915. Fiora è alta, snella, bionda. Nel 1960, al funerale di suo padre, Fiora è una donna grassa, sciatta, rancorosa.
Immagino una giornata di sole. Immagino una stradina di campagna sterrata. Immagino un qualunque contrattempo all’automobile guidata dall’autista. Immagino un autista di vent’anni, che guarda la figlia bionda del suo padrone. Lei si è riparata sotto l’ombra di una quercia, al di là di un muretto. “Signorina possiamo ripartire”. Ma intanto le offre una manciata di more, lei le tocca, si sporca le dita, sorride. Lui si avvicina, fa caldo, si toglie la giacca. Le cicale gridano. Lui si siede. Fiora arrossisce. Lui tocca un lembo della gonna setosa. Lei resta ferma. Lo guarda negli occhi. Lui si rialza di scatto. Farfuglia spaventato dall’enormità del suo desiderio. Barcolla all’automobile, tiene aperta la portiera, lei, come un soffio di vento, scivola sul sedile posteriore.
Immagino fili invisibili intrecciarsi sempre di più fino ad una sera di autunno, quando Fiora passa davanti ai garage. Lui le prende la mano – è morbida, piccola, calda – lei trema. Non si ritrae. Immagino la paura, l’entusiasmo, la sfida.
Immagino senza conferma, mia nonna Fiora non ha mai voluto parlare del loro incontro, del loro amore. Immagino, questo me lo hanno raccontato tanti anni dopo, una ragazzina di 16 anni con in braccio un bambino. Arriva alla stazione ferroviaria della tenuta del padre, dalla quale è stata scacciata appena ha confessato di essere incinta. Lui non la riceve, non le parla, chiede ai domestici di mandarla via.
Il rifiuto del padre dura tutta la vita. Al funerale di suo padre Fiora è una donna grassa, sciatta, rancorosa. La nuova moglie del padre di mia nonna Fiora, circondata da una figlia e da una serie di nipoti, se ne sta lì, senza dubbi, rimpianti. La Signora dei Bagni. La seta, le perle, il distacco. “Un piccolo assegno lo ha sempre mandato, la Signora dei Bagni”. Si, un piccolo assegno la Signora dei Bagni lo ha sempre mandato.
Del grande patrimonio della famiglia l’unica eredità arrivata fino a me è il rancore di mio padre, causa innocente della cacciata di Fiora dal paradiso terrestre. Un rancore sordo, profondo, senza parole. Me lo ha passato insieme all’abitudine di mordersi l’interno della bocca nei momenti di tensione e alla pelle chiarissima, che brucia al sole. Il rancore sarebbe potuto restare lì, come sottofondo della vita: qualcuno è essenzialmente allegro, un altro collerico, io sono sempre stato rancoroso, senza un motivo preciso, così, di natura. Avrei potuto pensare ai rancori passeggeri come reali, se non avessi dovuto fare i conti con il rancore vero, quello che li origina e li alimenta tutti.
Il medico della mutua è un omone grande e un po’ burbero. Oggi è estremamente gentile. Sono preoccupato. Dai risultati degli esami la situazione non è bella – mi dice con un sussurro – potrebbe trattarsi di un tumore – silenzio – la TAC lascia pochi dubbi.
Non sono un tipo social. No, non sono social di persona, figuriamoci attraverso il monitor di qualche aggeggio. Non sono social ma quando mia figlia Ilaria, di 16 anni, mi ha spiegato a cosa serve Facebook, un’idea ha iniziato ad ossessionarmi. A cento anni dalla nascita di mia nonna, qualcuno ricorda qualcosa? Mia figlia mi crea un account e mi fa un corso rapido e concentrato. Fai così così così così, hai capito? Oh ma sei tonto forte. Scandaglio il mio cognome, Magini. Migliaia e migliaia di persone. Poi penso che la sorellastra di mia nonna si è sposata con qualcuno, uso un social più datato: “Pronto papà ti ricordi mica il cognome del marito della sorellastra della nonna Fiora?” “No, sto bene, no non ti preoccupare, ma no così per curiosità” “No, non volevo far agitare papà, mamma, era solo una curiosità, si scusa è stata una leggerezza, si grazie ah ma si, ah grazie, Russo, cognome Russo, ma niente mamma, grazie, dai ci vediamo domenica”.
Russo. Cerca. 1.324.900 risultati. La tenuta è stata venduta, non abitano più da queste parti, mi pareva stessero a Torino o forse a Milano. No così è impossibile. Forse ci mettiamo a cercare quando la risposta sta già venendoci incontro. Ricevo un messaggio: Sono Eleonora Russo, sto cercando i discendenti della sorellastra di mia madre, Fiora Magini, potrebbe essere nata intorno al 1915-20 ad Asciano, può aiutarmi?. Ecco e ora? “Sono il nipote di Fiora Magini” Ma che fortuna, possiamo incontrarci? Oh ma mi ha risposto subito, era lì in agguato? Quella sapientina di Ilaria mi dice che la gente ha questi cosi anche sui telefoni, mia moglie mi chiede cosa sto facendo, prima che diventi un affare di stato spengo il computer. Qualche ora dopo la casa è buia e silenziosa. In basso a sinistra il monitor del computer segna le 02.05. Frugo nel profilo di Eleonora Russo. E’ sposata, ha una figlia, fa l’insegnante di italiano al liceo e vive a Genova. Prossima settimana devo andare a Torino per una fiera. “Si possiamo incontrarci, se vuole passo da Genova il 23 aprile, dove preferisce?” Sotto al bigo del Porto Antico, alle 12, va bene? “Ok”. Ho scritto Ok, tanto per fare il moderno.
Mi perdo, come sempre, quando arrivo in una città nuova. Il navigatore ha logiche tutte sue che capisco a fatica. Mollata la macchina in un parcheggio sotterraneo, giro tra giochi di bambini brulicanti di risa, palme che sventolano ottimiste e mare che sbrilluccica. Fermo un uomo, gli mostro un biglietto, lui sorride e guarda verso l’alto: una grande cabina sospesa ci sovrasta. A pochi metri una donna guarda il mare, sbircio, in mano tiene la foto di mia nonna, mi avvicino. Siamo uno di fronte all’altra, non sappiamo che dire, un mezzo sorriso “Andiamo?” Annuisco e la seguo. Deve avere più o meno la mia età, certo perché sua madre era molto più giovane di mia nonna, che ha avuto mio padre a 16 anni. Mi guida sotto portici bassi e vicoli angusti, entra in una trattoria, chiede un tavolo per due, ci sediamo. Ci guardiamo facendo finta di nulla, io mi stupisco nel trovarla una donna normale, senza quei segni di ricchezza così evidenti in sua nonna, la Signora dei Bagni. Ordiniamo mandilli al pesto e Lumassina, sceglie lei. Mangiamo in silenzio, poi, senza preavviso, inizia a parlare. Il tono di voce basso e dolce.
Ricordo un lungo viale di cipressi e una grande casa. Ricordo le vasche sotterranee di acqua sulfurea dove noi bambini imparavamo a nuotare. Ricordo mia nonna, solo un’immagine fissa, ma un sorriso affettuoso. Mio nonno, il padre di Fiora, io non l’ho conosciuto, è morto cinque anni prima della mia nascita. La storia di Fiora la so solo per accenni. Da ragazzina ho tentato di capire, di farmi spiegare, mi sembrava così enorme, fare una cosa del genere ad una bambina di 15 anni, nessuno amava commentare, come si parla di un evento naturale inevitabile, nessuna responsabilità, pentimento o spiegazione.
Mangiamo per qualche minuto in silenzio, il pesto è asprigno e avvolgente, i mandilli sono impalpabili. Cerco le parole, non le trovo, perché mi ha cercato?
Forse Lei si chiederà perché l’ho cercata. Mi guarda dritto negli occhi. Le responsabilità non sono certo nostre, ma, mi pare, nessuno di noi potrà essere libero fino a che Fiora non sarà ricordata da tutti. Ricordata non solo per l’episodio che l’ha separata dalla sua famiglia di origine, ma ricordata per quello che davvero era. Lei ha conosciuto sua nonna? Ha dei ricordi? Mi guarda interrogandomi con tutto il suo corpo. Sarà la Lumassina, sarà che, probabilmente, questa donna non la rivedrò più, sarà che nessuno mi ha mai chiesto così direttamente i miei ricordi. Le parole fluiscono da sole. “Fiora era una donna forte, molto energica e vitale. E’ morta nel 1995, a 80 anni. Io sono l’ultimo dei miei fratelli e sono nato nel 1965. Fiora non parlava mai della sua famiglia di origine, viveva molto il presente. Solo una volta, sarà stato il 1980, ero giovane e curioso e, avendo sentito diversi discorsi astiosi di mio padre, ho provato a chiedergli spiegazioni. Lei mi ha sorriso, ha aperto un cassetto dell’armadio di camera sua, ha tirato fuori una leggerissima sciarpa di seta e mi ha detto Questo è tutto ciò che mi resta della mia vita prima della nascita di tuo padre, vivevo come una principessa e poi, di colpo, tutto finito. Nessuno di loro mi ha più cercato, solo la nuova moglie di mio padre, puntualmente, tutti i mesi, mi inviava un piccolo assegno. Alla sua morte anche quello è finito. Ricordo ancora lo sguardo di disprezzo della mia sorellastra il giorno del funerale di mio padre. Non vale la pena né di ricordare, né di raccontare, né di chiedere spiegazioni. La vita è questa, vuol dire che doveva andare così. Mio padre è sempre stato molto più astioso, qualunque accenno, anche lontano, ha scatenato per anni spaventose scenate.”
Gradite qualcos’altro?
“Si grazie un’altra bottiglia di Lumassina”.
“Fiora era bella, era energica, ma la vita dura di quegli anni non le ha permesso di essere affettuosa o allegra. Più che spiritosa era sarcastica. Questo sarcasmo e questo rancore si sono insinuati in tutti noi.”
Come in noi il disprezzo, malattia analoga e speculare. Mi piacerebbe visitare la tomba di sua nonna, è possibile?
Ci ritroviamo qualche mese dopo. Asciano ha un piccolo cimitero e mia nonna Fiora è sepolta nella parte nuova. Eleonora Russo ha portato un mazzo di fiori, cambia l’acqua al vaso e lo sistema con cura, con affetto. Abbiamo entrambi gli occhi lucidi, ci abbracciamo forte, poi ci guardiamo con un po’ di imbarazzo, ci salutiamo in un farfuglio.
Il medico della mutua mi accoglie con un sorriso radioso: niente non hai niente. Niente? Ma la TAC i marker tumorali? La seconda TAC non ha rilevato nulla. Sparito, probabilmente un errore, una macchia, anche gli esami del sangue, sei sano come un pesce.
Torno al cimitero di Asciano. Mi siedo sulla tomba di mia nonna Fiora e brindo alla sua e alla mia vita con un bel bicchiere di Lumassina.

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