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Il Due Con

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Viale XXI Aprile
Roma
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Il Due Con

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Chiara si presentò all’appuntamento in leggero ritardo, aveva passato molto tempo a scegliere sia il proprio trucco, che i propri vestiti. Non lo aveva mai fatto prima d’allora, di uscire insieme con due uomini; e così quella sera, per la prima volta nella sua vita, ella provava uno strano sentimento di vergogna misto a pudore.
Era stato Marco a dirle apertamente, di essere perfettamente a conoscenza d’ogni suo singolo tradimento, con Costanzo, e di non esserne per nulla ingelosito: la considerava infatti poco più che una semplice puttanella, da saziare e da soddisfare, e se n’era fatto tranquillamente una ragione, di come un solo uomo non le sarebbe mai potuto bastare.
Chiara quella sera si vergognava; e nonostante sotto il cappotto bianco e la minigonna rosso bordeaux indossasse unicamente un sottile paio di calze trasparenti, proprio mentre si recava all’appuntamento presso il locale, lo stesso laddove più di quattro mesi addietro Marco l’aveva toccata per la prima volta, ebbe quasi l’istinto di ritornare indietro.
Ma oramai s’approssimava all’ingresso lungo la strada, e Marco s’era accorto di lei, al punto che dall’interno del locale ancora vuoto e silenzioso egli s’era mosso per venirle incontro. Le diede un bacio di quelli appassionati, stringendole i fianchi lungo la cinta del suo cappotto bianco, e la condusse dentro tenendola per mano.
Le offrì un calice di raffinato Shiraz, lasciando subito intendere quale fosse il tenore di quella attesissima serata.
Costanzo era seduto di fronte a lei, mentre Marco era disposto di lato, e le teneva una mano stretta dentro la sua, adagiata direttamente sul grembo della ragazza.
Fu proprio l’amico a rompere gli indugi, rivelando apertamente a Chiara, quanto egli fosse intrigato dalla situazione che si era venuta a creare: “Avevamo tutti e due voglia di vederti questa sera … e allora abbiamo pensato di farlo assieme, invece che di litigare … in fondo siamo sempre stati dei buoni amici!”, e si mise a ridere in modo gentile.
Marco riprese il discorso, aggiungendo: “Ma non ti ci devi abituare affatto amore … io sono uno di ampie vedute, ma tu mi hai già messo troppe corna con Costanzo. E allora che corna siano, ma una volta sola, per bene, e senza vergogna!”. A quel punto egli alzò il calice per brindare, in modo pomposo e solenne; ed anche Costanzo fece altrettanto.
La biondina era evidentemente in imbarazzo; si era recata all’appuntamento con non poca curiosità, per quello stranissimo ménage à trois; ma adesso si rendeva conto di essere caduta veramente in basso, e soprattutto di venire trattata dai suoi due uomini unicamente come una piccola sgualdrina, senza alcun rispetto e senza nessun amore.
Avrebbe probabilmente voluto ritirarsi, ma era chiaramente troppo tardi per poterlo fare; trangugiò quindi il suo vino senza troppa convinzione, e già sentiva un brivido salirle lungo tutta la schiena.
La portarono fuori con Marco che la teneva per mano, e Costanzo che con altrettanta disinvoltura le carezzava i capelli; videro la fermata dell’autobus, con il quale avrebbero raggiunto la casa del primo dei due; ed in quel momento tutto quanto precipitò: Marco la strinse a sé per baciarla, era abbastanza alticcio e non si diede pena del suo amico, che alle spalle di lei, le teneva ambedue le mani sul retro della gonna, con il cappotto bianco leggermente sollevato; in quell’esatto momento Chiara sembrava veramente una povera stupida, e se ne rendeva perfettamente conto, al punto d’augurarsi vivamente che da nessuna delle macchine di passaggio lungo la strada, s’accorgessero di quanto quei due le stavano facendo.
Sull’autobus la situazione si calmò per un istante, con la biondina seduta accanto al suo ragazzo, e Costanzo in piedi nei pressi, in grande vena di scherzi e di battute; poi una volta giunti in viale Ventuno Aprile, i tre scesero ed attraversarono la strada buia, con Chiara nel mezzo tenuta per mano da entrambi.
In quello stesso frangente, Hélène studiava da sola in casa, e non riusciva proprio a venire a capo degli appunti lasciatile in consegna dalla sua coinquilina; se ne stava seduta sulla sedia del salone, dentro una morbida tuta grigia, con il sedere che le scoppiava tutto quanto all’interno, fresco ancora delle botte di due giorni addietro; era stata umiliata ancora una volta, e la sua condizione iniziava ora ad apparirle come un male necessario ed inevitabile: quel dolore che poteva sentire per bene, costante e persistente, era un duro pegno da pagare per mantenere il suo posto di lavoro.
Sfogliava avanti e indietro le pagine del quaderno scritte a mano, e provava a trascrivere qualcosa su un foglio bianco, in francese, nel tentativo di mandare a memoria alcuni semplici concetti; in quell’istante Paula guardava la televisione in cucina in assoluta solitudine, Costanzo proprio non ne voleva sapere di risponderle al telefono quella sera.
I due amici fecero il loro ingresso nell’appartamento del sesto piano, tenendo entrambi Chiara per una mano; Marco le aprì i bottoni del cappotto sul davanti e Costanzo glielo sfilò via lungo le spalle, gettandolo sul tappeto del salone.
In quel momento le furono entrambi addosso: Marco era di fronte a lei, e l’abbracciò mettendole una mano attorno alla vita e l’altra tutta aperta e stretta sul sedere; Costanzo da dietro le afferrò ambedue i seni con vigore, facendola sussultare; il primo le mise la lingua dentro la bocca, mentre il secondo la baciava da dietro con passione lungo tutto quanto il collo. La biondina poteva sentire quelle mani frugarla dappertutto.
Costanzo fu il primo a tirarle su la gonna, noncurante della mano di Marco che la stringeva; Chiara non indossava null’altro al disotto dei suoi collant, ed una striscia sottile di peluria color castano chiaro si stagliava dinanzi agli occhi ammirati del suo fidanzato; che in quel frangente, avendo la mano sinistra libera l’affondò direttamente tra le cosce di lei, facendola docilmente inarcare in avanti.
A quel punto Chiara si volse leggermente indietro con la testa, liberando le proprie labbra da quelle di lui, e ripreso un attimo il fiato sospirò: “… siete due maiali … lasciatemi”.
Marco interruppe quella lunga tortura, prendendole un braccio ed iniziando a trascinarla via con sé: Chiara fu così tutto ad un tratto liberata dall’assedio di quelle tastate insistenti e volgari, e seguì il suo ragazzo, piegata sempre in avanti e con la gonna sollevata; Costanzo si rassettò i pantaloni e prese a seguirli, aveva capito come Marco intendesse adesso passare ai fatti concreti.
La trascinò nei pressi d’un basso tavolino in legno, adornato da eleganti imbottiture in pelle, che si trovava dinanzi alla parete opposta, circondato da un divano dall’aspetto piuttosto antico ed austero. Quando fu lì vicino, Marco prese la sua ragazza per ambedue le mani, sollevandole con grazia come se intendesse invitarla a ballare, e fece in modo che ella poggiasse ambedue le ginocchia su quel tavolino basso e scomodo. La biondina lo lasciò fare, montando sopra quella specie di piedistallo, con la gonna sempre alzata per bene; Costanzo guardava la scena sorridendo ed attendendo il proprio turno, aveva compreso come Marco volesse prendere la sua ragazza per primo.
Quella nel frattempo si era accomodata con ambedue le ginocchia disposte sul tavolo, leggermente divaricate, e le mani aperte e gentilmente poggiate lungo l’imbottitura; Costanzo notò la peluria di colore quasi rossastro e la sottile fenditura tra le cosce sul didietro, sotto la trasparente e delicata velatura dei suoi collant. Scelse subito di liberarsi dei pantaloni e delle scarpe invernali, restando pertanto in un maglione scuro a pelle, con una mutanda grigia mostruosamente rigonfia sul davanti.
Marco guardò il suo amico per un istante, e si mise a ridere; mentre Chiara iniziava ad ansimare e a deglutire, girata di spalle, con tutti quanti i capelli biondi riversi sul lato del viso, e la nuca leggermente piegata in giù; era già pronta per venire abusata dai suoi due uomini.
Marco espresse un cenno d’intesa verso Costanzo, invitandolo a passare dall’altro lato del tavolino; poi, prima ancora di spogliarsi o di togliere le calze alla sua fidanzata, decise di tenerla ferma con ambedue le mani sulle spalle, lungo il suo soffice maglioncino di lanetta bianca. Costanzo le fu davanti, a pochi centimetri di distanza dal viso; solamente a quel punto Chiara ebbe una reazione istintiva di autentico rifiuto, e voltandosi verso il suo fidanzato sospirò: “…lasciami, sei un vero porco … lasciami…”.
Ma gli, in preda ad un vero e proprio spirito sadico e perverso, le teneva ferme le spalle, e ridendo le disse: “Hai voluto la bicicletta … e adesso, pedala troia! datti da fare…”.
Chiara di fronte a quel comportamento davvero irrispettoso da parte del suo ragazzo, non reagì e decise di stare al gioco; ma non nascose un moto di rabbia e di disappunto, dal momento che non si aspettava affatto di venire trattata così.
Comprese tuttavia, come non avrebbe potuto fare null’altro che stare alle sue disposizioni, e così tutto all’improvviso ella decise di abbandonarsi, e di gestire la situazione come meglio poteva. Con la mano destra sfiorò allora la mutanda di Costanzo, sentendo che era già duro e tirato; gliela abbassò leggermente sul davanti, quanto bastava per veder rimbalzare fuori la sua lunga proboscide bianca, ancora piegata a metà lungo tutta la sua estensione.
Si chinò allora leggermente in giù, e guardandolo con quegli occhi solo apparentemente innocenti, schiuse le labbra lasciandosi invadere da quel nerbo ancora ripiegato in basso e rinchiuso su sé stesso; lo accolse con la gentilezza e la tenera inconsapevolezza di una bambina, come se fosse il rubinetto lungo e flessuoso di una fontanella nel parco.
Solamente a quel punto utilizzò la sua mano sinistra, per afferrarlo nel mezzo, sentendolo immediatamente pulsare e vibrare, come un oggetto di carne viva ricolmo di sangue bollente. Lo prese a succhiare con dolcezza, osservando gli occhi di lui dal basso, con infinite delicatezza e leggerezza, come se fosse stato un gioco.
Hélène aveva smesso di studiare, non riusciva veramente a concentrarsi, il dolore su tutto quanto il didietro era qualcosa di totalmente insopportabile; decise pertanto di indossare una camicetta da notte, con le mutandine sottili di sotto, non potendo metter su il suo consueto pigiama. Si risolse di chiamare sua madre, la quale come al solito le ricordò quanto fosse adirata, di saperla alloggiata in un appartamento assieme ad altre due ragazze, nonostante il suo genitore le avesse lasciato in eredità la retta pagata per il Convitto.
Nel frattempo, Marco s’era interamente spogliato, rimanendo con la sola canottiera bianca indosso, esibendo anch’egli un pene lungo come una spada, rigido e nerboruto. A quel punto questi prese di mira le calze di Chiara, senza chiederle alcun permesso; gliele sfilò giù un poco alla volta, lasciandogliele sospese a metà coscia, liberandola completamente. Venne fuori una vagina tremolante ed umida, che respirava nell’aria rarefatta della stanza, già bella pronta per venire affondata.
Marco appoggiò allora la testa del pene, dopo averlo massaggiato un paio di volte, sulla peluria morbida e delicata; Chiara strinse con ambedue le mani il membro di Costanzo, restando così in ginocchio sul tavolo, leggermente reclinata in avanti, con i seni che le penzolavano sotto il maglioncino di lanetta: non aveva indosso null’altro, ma nessuno dei due ragazzi s’era dato la pena di spogliarla.
Marco le mise la mano sinistra sopra la gonna, lungo tutta la schiena, e con la destra prese infine ad armeggiare il pene, in basso tra le cosce di lei; era duro come una trave di legno, e Chiara lo sentì nitidamente, umido e bagnato.
A quel punto le afferrò i fianchi, appoggiandole il membro tra le labbra schiuse e delicate della vagina; Chiara mollò per un attimo la presa di Costanzo, lasciandolo libero ed eretto, e si dispose con ambedue le mani aperte sul tavolo: poi chiuse gli occhi e aprì la bocca. Fu penetrata in un istante.
Riprese immediatamente a succhiare la proboscide disposta dinanzi a lei, seguendo il ritmo con cui veniva battuta da Marco. Si muoveva con tutto il corpo, e con le spalle, assecondando le fitte che le arrivavano ben dritte dentro alla testa: ed assai presto i tre presero a muoversi quasi allo stesso tempo, all’unisono.
Hélène provava intanto ad addormentarsi; erano solamente le dieci e mezza, e non c’era davvero alcun verso di chiudere occhio quella sera; sotto le lenzuola, nude e scoperte, le sue natiche bianche come il latte scoppiavano di calore, rigonfie di lividi nerastri e viola, ed orribilmente deturpate.
Marco insisteva sbattendo la sua ragazza con energia e vigore, senza riuscire però a trascinarla nel vortice dell’orgasmo; Chiara sembrava piuttosto concentrata sul membro vivo di Costanzo, che adesso era divenuto talmente eretto, da riempirla tutta quanta fino in fondo alla gola.
Ad un certo punto quest’ultimo avvertì lo sperma salirgli dal basso, fin dentro a tutto il muscolo rigonfio: decise pertanto che avrebbe voluto usarlo, e senza chiedere nemmeno il permesso al suo compare che era in piedi dall’altro lato, glielo estrasse repentinamente dalle labbra, e prendendola per ambedue le spalle fece cenno di volerla rigirare.
Marco comprese quali fossero le intenzioni del suo amico, e decise così d’assecondarlo, liberando il pene completamente fradicio dalla vagina della sua ragazza; Chiara compì a quel punto una giravolta sulle ginocchia, volgendo infine gli occhi al suo ragazzo, e le terga a Costanzo.
Costui le mise ambedue le mani sotto alla gonna, laddove la schiena terminava sopra il delicato rigonfiamento del bacino; senza spingere troppo, le appoggiò la dura proboscide in mezzo alle gambe, dal basso, facendogliela sentire per intero, e sfiorandole la peluria delicata e le sottili labbra morbide.
Chiara riconobbe subito quell’uccello, così lungo e ruvido, ed improvvisamente si schiuse in un bagnato invito a sprofondarla, colando giù dall’inguine alcune gocce di soffice umore bianco, che lui poté notare benissimo.
La penetrò dal basso, vedendola innalzarsi leggermente con il busto. Chiara ristette subito, in preda ad un autentico attacco di voluttà; prese a muoversi in avanti e indietro, lasciando che Costanzo alle sue spalle rimanesse perfettamente fermo e immobile, con la sola mano appoggiata sotto alla sua gonna rigirata.
Hélène nel frattempo s’era addormentata, con la coperta riversa da un lato, e la pancia rivolta verso il lenzuolo; i suoi glutei arroventati potevano così respirare liberamente, esposti senza alcun riparo, verso il soffitto bianco.
Marco decise di sfilare via il maglioncino della sua ragazza, e subito vide i suoi seni torniti e bianchi rimbalzare di fuori, cadendo in basso. Glieli afferrò entrambi con le mani, stringendoli fino a torturarle i capezzoli; Chiara si fece più vicina inarcando leggermente la schiena verso l’alto, così che alle sue spalle Costanzo le cinse ambedue i fianchi, assumendo pertanto una postura leggermente reclinata.
La biondina a quel punto aumentò il ritmo, era praticamente tutta seduta sul membro di lui, mentre Marco di fronte le teneva stretti i capezzoli tra le dita, ed il pene infilato per bene nella bocca; aveva la gola invasa dalla sua passione, e presto prese a mugolare intensamente, al punto da poterne udire il lamento, mentre aumentava la velocità dei suoi colpi, in modo davvero ossessivo e quasi disperato.
Venne tutta assieme all’improvviso, arrestandosi sulla sua seduta, con Costanzo che a quel punto le mise ambedue le mani aperte sui glutei morbidi per frenarne l’impeto. Dovette estrarre il pene smisurato con grande prontezza, stava anch’egli impazzendo; e presolo per una mano come se fosse una pompa tutta rigonfia d’acqua, le inondò la schiena di sperma giallo e caldo, in grande quantità.
Fu un orgasmo lunghissimo quello dell’amico di Marco, piegato sulla schiena liscia e delicata della biondina; quest’ultima, una volta liberata da quell’oggetto che le aveva tenuto la vagina impegnata, riprese a soddisfare Marco con la bocca, con grandissima dedizione; il membro di Costanzo le penzolava adesso dietro il sedere scoperto, molle e bagnato.
Dopo solamente alcuni istanti, Marco le liberò i seni e le afferrò ambedue le orecchie, facendole inghiottire ancor più, se mai fosse stato possibile, il suo sesso oramai rigonfio e allo stremo. La trascinò a sé e prese a muoversi avanti e indietro sprofondandola nella bocca.
Poi esplose urlando, tenendo sempre la sua ragazza ferma per le orecchie, in modo che ella non potesse sfuggire dall’ingoiare tutto quanto il seme che egli aveva in corpo: erano stati tantissimi i giorni, che egli aveva trascorso in impaziente attesa.

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