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L’impavido Ghignapumpa

L’impavido Ghignapumpa

Piazza Cossato
13900 Biella
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L’impavido Ghignapumpa

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C’era una volta … non cominciano così tutte le storie?
Allora, dicevo, c’era una volta un quartiere e c’è tuttora, ma questa storia si ambienta nell’ottocento e questo sobborgo a quei tempi si sentiva slegato dalla città, aveva una vita propria, fino a quasi la metà del XV secolo il Vernato era stato comune indipendente da Biella. Era considerato una specie di corte dei miracoli dove prendevano vita e si muovevano maghi, fattucchiere, ladri, strozzini, donne dai facili costumi, anime buone e anime perse.
Quasi tutte le sere si scatenavano risse per i motivi più banali, buoni solo a far scatenare l’inferno appunto, e guai a farsi coinvolgere, si rischiava di farsi bucare la pancia.
Il Martin, il Muc, il Garin, il Tumbel, la coppia dei Tapin e i due Barbuj erano i più temuti; rubavano, rapinavano, sequestravano e il più delle volte erano proprio i poliziotti a fuggire gambe in spalla, tutti … tutti tranne uno!
Quando il suo passo risuonava per le strade del Vernato, usurai, grassatori e canaglie ad un segnale convenuto sparivano nel nulla. Un uomo grande e grosso con due mustacchi che giravano all’insù e due mani così’ grandi che una sola sberla copriva l’intera faccia. Passava fischiettando spavaldo facendo roteare per aria il suo sfollagente e non era salute trovarsi nel suo raggio d’azione.
Il suo nome, anzi il suo soprannome era : Ghignapumpa.
In quel tempo si trascinava per le vie del quartiere anche un donnone chiamata Vituriun, nelle ore più buie della notte si divertiva a travestirsi da fantasma per spaventare i rari malcapitati passanti ai quali poi si offriva per poche monete, avvolgendo il malcapitato di turno in una nuvola di sudore misto a profumo di bassa qualità.
Una freddissima notte di gennaio Ghignapumpa si ritrovò a passare per la piazza e lì incontrò la Vituriun travestita. Preso dal suo senso del dovere si avvicinò con passo lesto e piazzatosi davanti a lei, la redarguì o meglio stava per farlo ma tre loschi figuri, di quelli citati prima, sicuramente in combutta con la donna, lo aggredirono alle spalle, gli gettarono un sacco sulla testa e lo riempirono di botte. Poi lo legarono come un salame e lo calarono in un tombino e, i tombini a quel tempo erano delle vere fogne, vi lascio immaginare.
Il povero Ghignapumpa vi rimase imprigionato parecchie ore finché non riuscì a liberare la testa dal sacco e gridare. La sua possente voce fu udita da un collega che lo soccorse e con l’aiuto di altri uomini; non senza fatica, lo tirò fuori dalla me…lma.
Si dice che per fuggire alla sua ira qualcuno scappò addirittura in America.


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