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Immortale

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10126 Torino
Storie d'Amore Racconti
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Immortale

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60 anni.
Di matrimonio, s’intende.
Senza contare tutte le occhiate, i sorrisi, gli sguardi e i baci rubati prima del fidanzamento ufficiale.
Era il 1956, ti ricordi?
E poteva forse scordarselo?
10 giugno 1956.
Quella data era impressa nelle mente di lei, mentre leggeva la prima lettera. La data del loro matrimonio, della loro felicità. I loro volti giovani e sorridenti, rilassati, le guance leggermente rosse e la spontaneità dei 25 anni, nella vecchia foto in bianco e nero allegata alla lettera. Era presto, forse, era stato un azzardo. Ma mai un errore. Di quello, lei era certa: sposarlo non sarebbe mai stato un errore, lo avrebbe rifatto ogni giorno della sua vita.
E, in un certo senso, l’aveva fatto. L’aveva amato con tutta l’anima, scegliendo lui ogni giorno, per 60 brevi anni, volati via come il vento, come l’ultimo respiro di un uomo.
Il suo uomo.
Dopo 60 anni, i suoi capelli erano diventati bianchi come la neve, ma erano ancora soffici e avevano quel profumo semplice, un profumo di bucato fresco e deodorante maschile, del quale lei si era innamorata. Gli occhi avevano avuto qualche problema con l’avanzare dell’età, e gli occhiali da riposo dell’uomo erano diventati spessi come fondi di bottiglia, ma le iridi grigie continuavano a fissarla in ogni azione quotidiana come se fosse la donna più bella del mondo. Sulle mani, la vecchiaia aveva disegnato abilmente qualche macchia più scura, divertendosi a formare le figure più strane, ma la fede era sempre stata là, simbolo di lealtà e amore, il freddo dell’oro sulla pelle quando le stringeva la mano era ancora la sensazione più appagante su questa terra. Il viso non era più roseo e liscio, ma scuro e ruvido a causa degli anni di lavoro sotto il sole, solcato da rughe profonde, ma non aveva mai perso la spensieratezza e la voglia di sorridere.
Era ancora il suo uomo, anche dopo 60 anni.
E lei lo amava, lo aveva amato così tanto.
23 Novembre 1963.
Giulia.
Sorrise leggendo quella lettera.
Ricordò ogni cosa, attraverso le parole di lui.
Dovevano dare un nome a quella creaturina appena nata che non voleva smettere di piangere. Lei voleva un nome semplice, comune, qualcosa come Marta o Giorgia. Lui no: si era fissato che la bimba dovesse avere il nome di sua nonna paterna – chissà poi perché non di quella materna- Filomena.
No, tutto, ma non Filomena. Era un nome orribile!
I loro battibecchi risuonarono per tutto l’ospedale, finché una giovane infermiera, accorsa all’improvviso sentendo le voci in corridoio, entró nella loro stanza e li vide: lui, che continuava ad insistere sul nome Filomena, e nel mentre la guardava trattenendo un mezzo sorriso, e lei, che stava al gioco, rivolgendogli uno sguardo di sfida e fingendosi offesa per i continui rifiuti ai nomi che proponeva.
“Qualunque sarà il suo nome, sarà molto fortunata ad avere due genitori che si amano così tanto!” esordì la giovane sull’uscio della camera.
Si voltarono insieme, smettendo di strillarsi addosso per un attimo.
“E lei è..?”
“L’infermiera.”
Lui continuava a fissarla.
Poi lei capì.
“Giulia.” Disse semplicemente.
E Giulia fu.
Una lacrima bagnò quella lettera. Giulia le era stata vicino in quella perdita, lei aveva perso l’uomo che amava, ma Giulia aveva perso un padre fantastico. L’aveva sostenuta come solo una figlia nata da un vero amore avrebbe saputo fare.
Passò la notte. La luce del sole cominciava a filtrare in quella camera, e lei avrebbe dovuto prepararsi al funerale.
Ormai quel letto era invaso da lettere aperte, da ricordi sepolti riemersi dagli abissi della memoria e da fazzoletti pieni di lacrime. La grande scatola rossa sul letto conteneva solo più una lettera.


23 Febbraio 2017.
Lei rabbrividì. Non poteva averla scritta quel giorno. Non quella. Quello era il giorno del suo funerale. Era appena iniziato, la prima luce di quel giorno aveva appena invaso la loro camera da letto.
La aprì.
“Ti ho mentito, forse per la prima volta nella mia vita. Non sto scrivendo in questo giorno, anche perché, probabilmente, qualcuno mi avrà tolto la possibilità di farlo. Quel qualcuno si chiama “Tumore” e io davvero non so cosa posso aver fatto per meritarlo e sono ancora in cerca di una spiegazione.
Ma forse non mi importa più.
Perché anche oggi, come ogni giorno, ho aperto la grande scatola rossa sotto l’armadio, quella a cui non ti ho mai permesso di avvicinarti. L’ho aperta e ho rivisto tutte quelle lettere. Sono miliardi, probabilmente. Ho scritto praticamente ogni giorno. Ho scritto di te, di noi, della nostra vita insieme.
Era un gesto quotidiano, quasi meccanico. Mi sembra ieri quando ho iniziato, il giorno del nostro matrimonio. Tu allora non lo sapevi ancora, perché te l’avevo detto solo poche volte, ma eri la donna più bella del mondo. E volevo gettarmi ai tuoi piedi per ringraziarti, quando ho udito il tuo sì.
Ora lo sai, perché te lo ripeto ogni giorno e te lo scrivo qui, in ogni lettera.
Sono stato così fortunato.
Non riesco ad essere arrabbiato con la morte, perché la vita mi ha dato la gioia di averti al mio fianco per 60 meravigliosi anni.
Lo sai, l’unico Dio in cui io abbia mai creduto è la Morte e la mia unica preghiera per anni è stata semplicemente “Non oggi”.
Non volevo lasciarti, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto farlo. Sei sempre stata più forte di me e so che ce la farai.
Un giorno molto vicino a quello su questa lettera, probabilmente riguarderai quella grande scatola rossa e, siccome non ci sarà più questo splendido uomo a frenare la tua curiosità, l’aprirai e scoprirai che vita meravigliosa abbiamo trascorso.
Questa è la mia ultima lettera.
Io non ci sono più, ma la nostra vita sì. È lì, impressa in quelle lettere che hai letto, che hai vissuto.
Forse non ti ho dato tutte le ricchezze che avrebbe meritato la regina che sei.
Perdonami, ma non ti sei innamorata di un re.
Ti sei innamorata di un poeta, e un poeta ti ha amata come se fossi la sua unica ragione di vita.
E il meglio che ha saputo fare è stato scrivere la vostra storia.
E renderla immortale.”

 

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  1. Wendy77
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Molto romantica. Evviva l’amore!

    6 anni fa

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