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Il Paese degli spiriti d’amore e delle cinque dita

Il Paese degli spiriti d’amore e delle cinque dita

89063 Pentedattilo, Melito Porto Salvo (RC)
Luoghi e Paesaggi Racconti
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Il Paese degli spiriti d’amore e delle cinque dita

visita su Google street view  

 

Luisa, aggrappata al volante, macina le ultime curve che da Melito Porto Salvo la conducono al paesino incantato.
Chiedersi adesso il perché e il percome della strana escursione turistica, tra virgolette, a Pentedattilo è davvero fatica sprecata.
La montagna dalle cinque gigantesche dita appare già nella sua magica atmosfera accentuata dall’ora quasi vespertina e dalla pressoché assoluta assenza di altri visitatori, dovuta probabilmente alla giornata infrasettimanale.

Luisa vive da trent’anni sull’altro versante calabrese.
Marito-bambino, figlia-bambina, madre-in casa-bambina-invadente-rompiballe.
Non immaginava certo, quando dieci anni prima decise la grande scelta del matrimonio di ritrovarsi nell’attuale scomodo tran-tran.
Le giornate di Luisa.
Te ne racconta una e le conosci tutte, tanto sono uguali, cadenzate sugli stessi ritmi.
Casa-lavoro-scuola dei bambini-straordinario-ferie-litigate-lavoro-amiche. E poi di nuovo casa-lavoro-scuola….
Giornate che aveva sognato di tuoni e lampi e poesia e scrosci e cascate d’acqua.
Luisa non riesce neppure a dare a lui la colpa delle sue disillusioni.
Sempre stato così a rifletterci bene. Casomai era stata lei a immaginarlo come avrebbe voluto che fosse.
E la madre in casa, poi… gravissimo errore, causa di frequenti litigate a due e spesso a tre voci. Per quanto già litigare rompeva la monotonia del tempo che scorre allagando tutte le stanze dove Luisa alberga i sogni, slavando i sogni di Luisa, annegandoli nella quotidianità.

Una volta, una, che ne ha parlato con la collega d’ufficio, quella-che-non-si-fa-mai-i-cazzi-suoi, c’è voluto tutto un pomeriggio di lavoro straordinario a convincerla che no, non era vicina ancora al suicidio, no, non aveva nessuna intenzione di scappare lontano come Telma e Luise, no, non le sembrava convincente cercarsi un altro uomo, ma neanche per idea!
Alla fine si era lasciata convincere almeno ad uscire ogni tanto dall’ambiente familiare, visitando qualche posto della nostra-bellissima-terra-che-più-bella-non-si-può!
Prometti?
Prometto!
E quella-che-non-si-fa-mai-i-cazzi-suoi, tira fuori la cartina della Calabria e comincia a segnare alcune escursioni, ma-vicine-vicine, tra cui Pentidattilo.
Un’ora solo per convincerla che non è giusto che si sacrifichi accompagnandola, anzi che, se proprio deve tentare, andarci da sola può servire a riflettere a fondo, approfondire, ragionare.
In due era una gita, da sola poteva diventare la giusta terapia.

Lascia l’auto sull’ultimo piazzale e si appoggia alla balaustra in ferro, dedicando mente, occhi e cuore alla stupenda veduta del paesino abbandonato da tempo dagli abitanti e sovrastato dalla montagna dalle cinque dita. Cinque rupi affiancate, a ridosso delle quali è sorto il paese con le case bianche di tufo, stradine oggi solo accennate, quasi viottoli. La vista delle rocce selvagge e aspre, appena ingentilite da poco verde, desta forte impressione, paura quasi al primo sguardo; poi si capisce invece che esse hanno dato protezione e sicurezza nei tempi alla gente che ad esse si appoggiò.

Luisa si avventura, a piedi, attraverso una stradina ordinata e linda, nel cuore del paese deserto.
Strane emozioni la vincono nella solitudine.
Sorride ai gerani ben curati di una casetta meglio tenuta delle altre. Ricorda che qualcuno deve averle detto di una coppia di matti tedeschi che in alcuni periodi dell’anno ci vivono. Sorride anche ai fiori bianchi di un prugno selvatico, in bilico, ma rigidamente abbarbicato nel poco spazio di un piccolo, una volta,  orto tra due case.
Siede a riposare su una pietra, accanto all’uscio di una casa dalla persiane verdi.
Ci sarà stata una donna, tanto tempo fa che usciva di casa a riposare sulla pietra, a inventare una cena a quell’ora, gridando verso il casino dei bambini all’interno.
E prima sua madre e altre donne.
Luisa le piacerebbe poter parlare con loro.

Si avvicina la sera di Pentedattilo e del mondo, ma Luisa non ha alcuna fretta di ritornare.
Guarda, lontano oltre il muro, l’orizzonte infiammarsi accogliendo il sole. Ancora più oltre ormai s’immagina soltanto la linea del mare Jonio e qualche luce accesa di Melito Porto Salvo, lascia presagire lo spettacolo della sera illuminata da mille  luci e milioni di stelle.
Non ha pensieri Luisa.
Niente turba la quiete della mente, niente.
I sensi all’erta della donna percepiscono anche lo sbatter d’ali di una capinera che s’annida.

Ma Luisa capisce di non essere più sola.
Strani sussurri attraversano le case deserte; voci del passato che ritornano ogni sera a Pentidattilo e il paese incantato rivive le storie dei suoi abitanti. Ogni strada si ripopola, ecco, ecco, sfilare davanti alla donna il Sindaco, il parroco, i bambini.
Parlano tra loro come se non la vedessero, meglio, come se Luisa non fosse lì.
Ecco, adesso loro sono reali, vivi in carne e ossa e lei fantasma.
Strana sensazione sentirsi fantasma.
Luisa prova a chiamare qualcuno, ma nessuno ascolta; la voce è afona, dalla sua gola nessun suono esce, solo un sussurro, lo stesso che prima ascoltava da quelle sacre ombre.

Quando il buio si fa quasi pieno, nessuna luce si accende a Pentidattilo.
Il paese muore ogni sera perché nessuno accende più le luci.
Si compie allora la magia, sparisce ogni forma di vita e Luisa rialzandosi ripercorre, ma con grande calma, il viottolo verso il piazzale.

Affacciandosi alla balaustra ancora, lascia alle case e alla montagna, agli spiriti d’amore del paese, un ultimo sguardo pieno di commozione.

Quando l’auto si allontana piccole nuvole sopra Pentedattilo sembrano tante mani che salutano.
Luisa sa bene che ritornerà, ma non subito, tra qualche tempo, quando la mente avrà vinto il pianto che la opprime.
Ma la Città fantasma degli spiriti d’amore e delle cinque dita nel farla piangere ha compiuto il primo miracolo.

post scriptum
La Calabria è piena di piccoli paesi dell’entroterra che nel tempo si sono spopolati fino a diventare città fantasma. L’esodo dei giovani alla ricerca di un sogno, di un mondo più vivibile, meno arcano, del lavoro e delle televisioni, ha lasciato soli i vecchi nonni e padri. Alla loro morte le case chiudevano gli usci e le imposte e nessuno le riapriva più.
Tra tutti, Pentedattilo è il più famoso, accompagnato da un alone di mistero per storie di eccidi e di vendette consumate secoli addietro da antiche e nobili famiglie.

Circolo16
 

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