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L’amore più piccolo

L’amore più piccolo

Via Camillo Benso Conte di Cavour
00015 Monterotondo (RM)
Sociale Racconti
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L’amore più piccolo

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Sono piccolo e quasi passo inosservato nonostante sia stato messo lì per apparire, spesso nessuno si cura di me ma sono splendente e prezioso.
Ci sono sempre stato nei momenti felici e soprattutto in quelli tristi, qualche volta tragici ma ho nitido il ricordo di essere stato ricevuto come un dono d’amore.
Squilla il telefono sento Maria sussultare, tremare, i battiti cardiaci le aumentano sproporzionatamente, sa chi c’è dall’altra parte, non vuole rispondere, non deve rispondere ma gli squilli insistono, martellano nelle tempie, l’angoscia aumenta e diventa insopportabile, deve porre fine  a questo tormento e, con rabbia, stacca il telefono.
Anche Beatrice ha sentito il telefono e sopraggiunge correndo; come per un prodigio un largo sorriso appare sul volto di Maria ed i suoi grandi occhi, fino ad un attimo prima tristi ed angosciati si illuminano come due smeraldi: “Tranquilla amore, hanno sbagliato numero! Facciamo subito i compiti poi andiamo al parco a giocare con gli altri bambini”. Maria appare tranquilla ma io, dalla mia posizione privilegiata, sento quanto sia ancora impaurita.
Quando cammina per strada, ed anche al parco,  Maria è sempre molto guardinga, rincasa trafelata e chiude la porta a doppia mandata, normalissimi squilli di telefono la spaventano ancora ma ora sa che sta iniziando ad uscire dall’incubo; l’amore per Beatrice le ha dato consapevolezza del pericolo ed il coraggio di chiedere aiuto.
E’ molto tempo che conosco Maria, la prima volta l’ho vista quando aveva appena 18 anni, eravamo in Via Cavour, proprio di fronte al Duomo di Monterotondo. Era minuta, allegra, curiosa, con la testa piena di lunghi riccioli castani e soprattutto di sogni, due occhi verdi e scintillanti, un po’ come me.
Io arrivai insieme ad Antonio, 27 anni, alto, bello, muscoloso ed un po’ spaccone come spesso piace alle ragazzine.
Maria fu felicissima di vedermi, era poco che conosceva Antonio ed era al settimo cielo; anch’io fui contento di conoscerla e mi piacque subito: non era bellissima ma  gentile, cordiale, sincera, sempre sorridente e innamorata! Anche Antonio diceva di essere molto innamorato e lo dimostrava con attenzioni e regali anche se, qualche volta, per un nonnulla, diventava nervoso, un po’ violento, dalla sua spavalderia traspariva tutta la sua insicurezza e superficialità ma, come un bambinone, era bravissimo a farsi perdonare ogni cosa.
Poco tempo dopo il mio arrivo Maria si diplomò a pieni voti, decise di non andare all’Università anche se tante volte aveva sognato di diventare un grande ingegnere; Antonio voleva sposarsi, lei era innamorata e voleva vivere il suo grande amore fino in fondo.
Io non condivisi questa scelta ma, ovviamente, nessuno chiese il mio parere! I genitori di Maria, un po’ controvoglia, si dovettero arrendere al volere della figlia; in fondo Antonio era un uomo brillante, con un impiego sicuro e ben retribuito, appariva molto innamorato e si faceva perdonare anche qualche scatto d’ira! Era così preso dal suo lavoro, dal far carriera; si stava facendo una bella posizione e ciò sarebbe stato un bene anche per la loro “bambina”.
Su una cosa Maria fu irremovibile: avrebbe messo a frutto il suo diploma di geometra, appena conseguito, ed avrebbe lavorato in uno studio tecnico; io ero li con lei il suo primo giorno di lavoro e tutti gli altri a seguire, ho gioito dei suoi tanti successi, l’ammiravo per la semplicità ma anche per la grinta con la quale teneva  testa ai colleghi.
In tutti questi 17 anni sono sempre stato con Maria, nel bene e nel male! Sono finito, insieme a lei, a terra, mentre veniva presa a calci e pugni, ero disperato quando la sentivo piangere e supplicare, ero con lei al pronto soccorso e mi arrabbiavo quando la sentivo mentire: “ C’era poca luce, non ho visto lo scalino sono inciampata e sono caduta”; ero indignato perché ancora una volta avrebbe perdonato, non avrebbe sporto denuncia ed avrebbe ri-creduto alle promesse.
Promesse che ambedue sapevamo bene essere false: “Perdonami non lo farò più, non so cosa mi sia preso, è un periodo stressante ma io ti amo tanto, ho solo te e sarei perduto senza te” ma bastava il saluto di un amico, l’apprezzamento professionale di un collega o semplicemente lo sguardo, anche solo immaginato, di un passante, il complimento innocente di un negoziante perché il braccio di Maria venisse stretto con violenza e la voce prepotente di Antonio sibilasse: “Facciamo i conti a casa brutta puttana”. La mani di Maria tremavano di paura, volevo urlare per dar voce al suo terrore, darle forza di reagire ma io sono piccolo e soprattutto non ho voce.
Maria era molto apprezzata dai suoi datori di lavoro e colleghi, le sue intuizione le facevano intravedere, prima di altri, le soluzioni più corrette ed innovative, con la sua intelligenza riusciva, con facilità, ad entrare in sintonia anche con il cliente più esigente; la sua semplicità, la sua misura e cordialità le permettevano di avere ottimi rapporti con tutti i colleghi senza suscitare gelosie o rivalità.
All’inizio parlava volentieri del suo amore per Antonio, mi mostrava con orgoglio, usciva volentieri per un cinema o una pizza, sia con suo marito quando era in città,  o con gli amici quando Antonio era lontano per seguire la sua carriera; era sempre informata su mostre, spettacoli teatrali ed iniziative interessanti, brillante nelle conversazioni, amica sincera e schietta.
Poi aveva iniziato ad uscire meno, a non informarsi sulle mostre, ad ignorare gli spettacoli, ad  essere meno espansiva e brillante; qualche volta diceva bugie, era più schiva e riservata, rispondeva con imbarazzo alle domande delle amiche, Antonio quasi non lo nominava più, era riluttante a parlare della sua vita: si era come spenta. Colleghi ed amici furono molto meravigliati di questo cambiamento, avrebbero voluto aiutarla perciò cercavano di capire qualcosa ma Maria si chiudeva a riccio  ed era sempre più restia alle confidenze.
In realtà si vergognava di confidare che non poteva più uscire  con loro per evitare gli scatti di violenza di Antonio, che si teneva lontana da mostre e teatri per assecondarlo dato che a lui non piacevano; non voleva che i suoi amici e colleghi sapessero, forse lei così apprezzata sul lavoro non voleva ammettere soprattutto a se stessa,  il suo fallimento nella vita privata.
La mattina che scopri di aspettare un bambino, 8 anni fa, gli occhi di Maria si illuminarono come non le accadeva da tempo; si applicò velocemente un po’ di fondo tinta sull’ultimo livido e corse, come ogni giorno al lavoro. Sapeva che Antonio non voleva essere disturbato in ufficio perciò decise di non chiamarlo; doveva dargli la notizia nel modo migliore, poteva e doveva essere l’occasione per ritrovarsi, per un nuovo inizio felice. La sera preparò una buona cenetta e mentre aspettava il ritorno del marito la sentivo particolarmente tranquilla, mi accarezzava con delicatezza ed avevo la sensazioni che le stessi dando coraggio e speranza.
Antonio fu felice della bella notizia, fu affettuoso e premuroso; passarono due – tre – quattro mesi ed era tutta un’altra vita! Cinque – sei – sette mesi tutto filava liscio e Maria era tornata la ragazza allegra e simpatica che avevo conosciuto molti anni prima, ero molto felice per lei ma mi sentivo anche un po’ inquieto. Otto – nove mesi,  una grande festa in clinica, fiori, palloncini rosa, baci e carezze, era nata una bellissima bambina.
Poi Maria tornò a casa con  la piccola Beatrice, era felice come quel lontano giorno che Antonio mi aveva portato da lei; sistemò la bambina nella sua bellissima cameretta, tendine rosa alle finestre, Winnie the Pooh alle pareti, la culla con gli angioletti, gli orsetti di peluche, tutto sembrava perfetto.
Io ero un dono di Antonio ma a me lui non era  piaciuto dall’inizio, da quando mi aveva scelto in gioielleria, ora che avevo assistito al dolore passato mi piaceva ancora meno  ma forse dovevo ricredermi, forse aveva ragione Maria con il suo “pazienza e coraggio”, forse l’arrivo di Beatrice aveva fatto il miracolo e insieme a lei era arrivato anche il sereno.
Purtroppo il sereno fu improvvisamente squarciato da un uragano di violenza solo qualche notte dopo: “Falla smettere di piangere altrimenti la zittisco io” urlò Antonio mentre con una poderosa sberla fece barcollare Maria con la bambina in braccio.
Beatrice sbraitò più forte e poi improvvisamente si quietò  mentre la mamma, semi paralizzata dal terrore, silenziosamente si rifugiò nella cameretta rosa e chiuse la porta a chiave, il corpicino caldo della sua bambina tra le braccia le trasmetteva energia e coraggio ma, per non trasmetterle il suo tremore e il suo spavento preferì adagiarla nella culla con gli angioletti; Maria a poco a poco si rasserenò e si addormentò rannicchiata sulla poltroncina, il violento choc subito per la paura che potesse accadere qualcosa alla sua creatura le aveva fatto improvvisamente ed inaspettatamente intravedere l’unica via d’uscita possibile.
L’indomani mattina, appena sentì Antonio uscire, si alzo, si infilò un paio di jeans ed una maglietta, preparò la bambina ed uscì di casa; risoluta e determinata si diresse dai carabinieri, sporse denuncia contro il suo torturatore e si fece consigliare dove rivolgersi per poter avere protezione ed ospitalità. Furono tutti gentili e premurosi, trovo soccorso, comprensione e sostegno, condivise  con altre donne il suo calvario, fu aiutata a spiegare ai suoi genitori la sofferenza che fino ad allora aveva tenuta tutta per se: non era più sola!
Purtroppo gli anni a seguire sono stati comunque molto duri, Maria ora aveva paura anche e soprattutto per Beatrice: la separazione, le liti, gli agguati sotto l’ufficio, le minacce telefoniche, i danni alla macchina, gli appostamenti fuori dalla scuola della bambina. Sembrava che le denunce, le condanne, la determinazione di Maria ad andare avanti, le suppliche a lasciarle  in  pace alimentassero la furia di Antonio; gli stava sfuggendo la vittima perfetta, stava perdendo l’unica persona con la quale poteva esercitare la sua falsa superiorità.
Tante volte ancora ho avuto paura per Maria e la sua bambina, mi sono sentito in colpa di non essere in grado di proteggerle abbastanza, ho anche temuto che potesse non volermi più: fin dall’inizio ho “urlato” mille volte  “Non è amore” ma io sono piccolo e non ho voce!
Ora finalmente comincio ad essere  più tranquillo e sento che il sereno è vicino, ora Maria ha imparato, con l’aiuto dei psicologi, che non deve supplicare, non deve mostrare paura e sottomissione, deve ignorare Antonio ed il suo Ego malato, è giusto e naturale che sia guardinga ma credo che ce la farà! Ora anche la legge è più vicina a lei.
L’amore materno della mia esile e grande donna ha sconfitto l’amore malato di un misero  uomo immaturo, sono orgoglioso di lei anche se non so dirglielo ma  forse lo sa perché mi ha tenuto sempre con lei nonostante fossi un dono di Antonio; la ringrazio stringendomi un po’ di più al suo dito: sono piccolo e d’oro con un cuore verde smeraldo come i suoi occhi che presto, le auguro, torneranno a brillare sereni.

Immagine di copertina: LPLT / Wikimedia Commons

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  1. Marco Pax
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Complimenti!

    7 anni fa
  2. moissela
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Storia coinvolgente e purtroppo di attualità; l’autore ci dice che la storia non è vera ma nella realtà purtroppo accade ogni giorno. con esiti ben più drammatici.
    Serve aiutare i nostri uomini ad essere “grandi” uomini, autorevoli non autoritari.
    “Grande Maria” e “Piccolo” Antonio!

    7 anni fa

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