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Il vecchio e il bambino

Il vecchio e il bambino

Via Giulio Romano 2
20135 Milano
Diari e Memorie Racconti
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Il vecchio e il bambino

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“Nonno, lo sai che è la prima volta che prendo il tram?”
“Certo che lo so, il tuo papà usa solo  l’automobile o la metro!”
“E tu nonno?”
“Io uso soltanto il tram” rispose  il nonno con una punta d’orgoglio.
“E perché” incalzò Paolino
“Lo capirai alla fine di questa giornata …” rispose il nonno con uno sguardo malizioso.
“Alzati Paolino, è la nostra fermata … voglio mostrarti una cosa”
Paolino e il vecchio signore scesero dal tram e si trovarono in un quartiere di periferia di Milano, bello e pieno di palazzi  e di negozi.  Camminarono per qualche metro fino ad un giardinetto dove c’erano delle panchine. Il nonno e Paolino si sedettero poi il primo esclamò: “Vedi Paolino, guarda quell’edificio … quella era la mia scuola elementare. Ogni giorno, all’uscita, noi ragazzetti correvamo fuori e ci davamo appuntamento nel campetto, poco lontano per giocare tutto il pomeriggio.”
“E che facevate nonno?”
“Davamo la caccia alle lucertole e giocavamo a pallone. Sai, si attraversava il campo di grano per arrivare a una piana incolta dove le porte erano segnate da quattro sassi, due per ogni rete.
“Un campo di grano, scherzi nonno?”
“No, non scherzo, d’estate c’erano spighe alte quasi quanto te e i nostri genitori andavano a lavorare nei campi per raccoglierle mentre noi giocavamo a pallone”
“Avevate il pallone di cuoio nonno?”
“No, Paolino, avevamo un pallone fatto di stracci fatto da noi ma con quel pallone si facevano grandi sfide…”
“Davvero nonno? E contro chi?”
“C’erano due bande, la nostra e quella dei ragazzi dell’altro quartiere.  Ognuno diceva di essere più forte e una volta, alla fine della quinta elementare ci fu una grande sfida.”
“ E chi vinse nonno?”
“La mia squadra ovvio, Paolino, io e i miei amici. La banda dei forti, ecco cosa eravamo. Ci togliemmo le magliette e cominciammo a sventolarle intorno al campo correndo e poi, essendo estate, cominciammo a buttarci acqua addosso.”
“Anche l’altra squadra?”
“All’inizio no. Li avevamo schiacciati! Ma poi finì così..tutti amici e pronti per la prossima partita. ”
“Dov’era il campetto nonno?” chiese il piccolo
“Vedi quel palazzo rosa, laggiù  in fondo in fondo? Era lì vicino”
In quel momento uscì frettolosamente da un portone una signora con un bambino che portava uno zaino, uno di quelli che si usano in palestra.
“Vedi Paolino, ai miei tempi non c’erano palestre, né corsi di nuoto o di calcetto. Si giocava tutti insieme ogni pomeriggio per strada o nei campi. Ci conoscevamo tutti, uno per uno e non si stava mai da soli!”
“Forte! Non avevate i video game, il Nintendo o la play station?”
Il nonno scoppiò a ridere. Non capiva neppure quelle strane parole in inglese. Non c’era che la compagnia degli amici ai suoi tempi.  La signora passò  trafelata con il bambino, si infilò in macchina e partì.
“Vedi Paolino, vicino alla scuola c’era un chioschetto dove d’estate si vendevano bibite e limonate e in occasioni speciali si poteva anche comprare un gelato.”
“Nonno, ma ora c’è un bar… che ne dici nonno….Oggi è un’occasione speciale!”
Il nonno e Paolino entrarono nel bar elegante, presero un mega gelato e si sedettero ai tavolini. “la mamma direbbe che è davvero troppo grande nonno… troppe calorie.”
“A che servono i nonni se non a viziare i nipotini…” esclamò il vecchio signore felice di vedere suo nipote estasiato davanti ai quattro gusti del gelato.
“Continua nonno, continua a raccontare le tue storie. E che facevano i vostri genitori? I miei lavorano sempre. Anche se, sai nonno, sono arrabbiato con la mia mamma perché non è venuta a vedere la mia ultima  partita di calcetto.”
“I miei lavoravano, come i tuoi Paolino. Mia mamma non è mai venuta alle partite ma non ho mai dubitato che mi volesse bene. Mamma ci preparava da mangiare e ci chiamava forte  dalla finestra quando era pronto e… guai a fare tardi. Alla sera, come adesso vedi, quando tramonta il sole, mia madre soleva dire un’Ave Maria con mio padre insieme a noi, se eravamo in casa, prima della cena, per ringraziare del lavoro di quel giorno. Povera donna mia madre, faticava duro, ma ogni mattino ci affidava alla Madonna e noi ci sentivamo sicuri. Sapevamo che lo sguardo delle nostre mamme era sempre con noi, anche quando andavamo a caccia di lucertole per mozzare le code…e tu la sai l’avemaria?”
“Io non ho ancora iniziato il catechismo… e poi la mamma la sera mi racconta le storie prima di addormentarmi e a me piacciono tanto”.
“Allora ricordati tu di dirla per i tuoi genitori, per la tua mamma e il tuo papà, Paolino.. vieni te la insegno io, la diciamo insieme come facevo con tuo padre. “
Così il vecchio insegnò al bambino l’antica preghiera sullo sfondo di un tramonto rosso infuocato, davanti a case nuove e cortili di cemento,  come quando era  bambino. Sembrò che il tempo si fosse fermato e che ogni parola cadenzata dal bimbo e dal vecchio desse significato ad ogni istante passato e presente.
“E’ ora di tornare Paolino… andiamo a riprendere il tram”
“Senti nonno, ma c’era ai tuoi tempi il tram? E perché ti piace tanto?”
“C’era c’era, era una festa prenderlo tutti insieme per andare in città. Ci muovevamo dai campi e ci tiravamo bene, con il vestito buono, sai. Magari per incontrare qualche bella ragazza. Poi hanno cominciato a costruire, costruire, costruire. Palazzi, cemento e case. Tutto è cambiato. Io sono diventato grande. Solo il tram no. Il tram c’era e c’è. Sempre! Era il filo che legava i miei ricordi. E lo è ancora. Certo ora è più bello e confortevole.  Ogni volta che lo prendevo mi sentivo felice, come se stessi facendo un viaggio con me stesso. Ecco perché un giorno decisi che avrei guidato il tram e da giovane diventai autista …..”
“Davvero nonno? Tu guidavi il tram?”
“Si Paolino e mi piaceva il suo dondolio frettoloso, le persone che ogni giorno alla stessa ora prendevano il mio tram, i miei amici puntuali…”
Il tram arrivò e il nonno e Paolino salirono a bordo
“Ciao Clemente, come va?”
“Tutto bene, e tu? Vado a spasso con mio nipote!”
“Nonno c’è scritto che non si parla all’autista….” Interruppe Paolino “E poi come fa a conoscerti?”
“E’ un mio giovane amico. Uno che non ha tutti i miei ricordi ma ama il tram come me”
Paolino si accomodò tutto contento
“Che bel pomeriggio nonno. Hai ragione, è una specie di festa prendere il tram. Stare con te e sentire le tue storie….ma dimmi,  è tutto vero quello che mi hai raccontato?”
“Si Paolino”
“E ci sono ancora da qualche parte questi campetti sempre pieni di bambini?”
Il nonno non rispose e  sorrise a Paolino arruffandogli i capelli. Il bambino interpretò il gesto come un sì.
“Vieni, scendiamo, siamo arrivati”
Salutarono l’autista e scesero allegramente.
Li aspettava un’automobile parcheggiata poco distante dalla fermata.
“Papà sono qui” gridò la voce di un uomo sulla trentina, ben vestito, in piedi davanti ad un’automobile parcheggiata poco distante. “Eccomi, papà sono venuto a prendere Paolino alla fermata del tuo tram, come mi hai detto. Grazie per il babysitteraggio. Dai Paolino che è tardi. Ho il borsone per la lezione di calcetto…”
Paolino guardò furtivamente il nonno. Uno sguardo d’intesa.
“Poi mi ci porti in quei campetti, vero nonno? Io e te..in tram.”
Il nonno gli sorrise e lo salutò con la mano. “Ci vediamo presto Paolino…per un’altra gita in tram”
“Ciao nonno e grazie delle tue belle storie. A presto…presto presto”
Il bambino seguì il padre dandogli la mano, con la testa sempre voltata verso il nonno, sorridendo.
Il vecchio signore si allontanò piano piano, un po’ claudicante, carico di ricordi e di emozioni. E ritornando a casa, vicino alla fermata, mentre i lampioni della città riempivano di luce artificiale la via  oscurando le stelle, il vecchio trattenne nel suo cuore l’emozione più grande di quella giornata: la gioia  che aveva letto negli occhi sorridenti di suo nipote che immaginava campetti  sempre pieni di bambini, mentre guardava fuori dal finestrino del tram, del suo magico tram, avvolto nel tramonto rosso della sera.

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