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Siamo in vena

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Via Grecale
92010 Lampedusa
Sociale Racconti
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Siamo in vena

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Siamo in vena (è solo un piccolo omaggio ad un eroe)


Ho bisogno di raccontarla a qualcuno per darle giustizia. Credo sia necessario.
E’ una storia che ha un nome, un volto, due occhi pieni di speranza, il colore rosso, un cuore sfregiato e viene da lontano. Ha 19 anni e si chiama Bakary, ma per me è e sarà sempre Bako, come il baco da seta. Prima di diventare farfalla il baco cambia la sua pelle 4 volte. Bakary anche lui è morto più volte per poter vivere e spiccare il volo.
Uno, due.. conta fino a dieci e passa tutto. Accogli il pensiero e poi lascia che faccia posto ad altro. Stai nel qui… adesso, e dopo insegui un altro pensiero.
Pensava alle parole dello psicologo mentre quei tre gli gridavano addosso.
Cazzo non riesco… tre, quattro… Non devo reagire. È quello che vogliono tutti. Sono più forte di loro, non reagisco… non vi sento… cinque, sei… ma loro continuano con la sassaiola di parole: Bastardo, siete tutti terroristi, ladri, puttane e spacciatori… sporchi negri, dovete affogare tutti, pezzi di merda… sette, otto…
Adesso quei tre ragazzi perbene sono passati a spintoni e sputi. Le sassate di parole fanno meno male… nove, dieci… BASTAAAAAAAAAAAA!
Bako non conta più, il pensiero, non va più via. Stringe i pugni. Basta scappare o far finta di nulla. Rimane fermo con gli occhi puntati su quel piccolo stronzo che gli sputa addosso disprezzo e rabbia…
…BASTAAAAAAAAA!
Grida Bako, grida e colpisce lo stronzetto. Un pugno secco, diretto. Quello non è solo un pugno. È frustrazione, rabbia, paura. È fuga dagli spari, dalla guerra, dalla fame, dal freddo dentro quei barconi. E’ la paura del buio in mezzo al mare. La stessa paura di morire per mano di tre coglioni che credono di sapere tutto e non sanno un cazzo. Io non rubo il tuo lavoro, non rubo le tue cose, rubo solo ciò che mi appartiene: LA VITA, LA MIA VITA.
In quel pugno c’è la paura di perdere tutto questo. Tutto ciò che ha guadagnato con lacrime e dolori atroci. In quel pugno c’è sua madre che per dargli una vita migliore ha perso la dignità. Ricky, lo stronzetto cade a terra. Cade a terra quasi a rallenty, effetto slow motion. La testa colpisce un paio di volte il marciapiede rimbalzando come un biglia. L’asfalto cambia colore, assume delle tinte di rosso. La paura, la vigliaccheria per i due stronzetti diventano il colpo dello starter per la fuga. Bako e Ricky rimangono soli. Sono due ragazzi in una notte d’estate su un’isola della Sicilia. Due ragazzi da soli in una calda notte. Uno, neodiplomato in vacanza premio. L’altro, a rincorrere la vita. Il primo, a terra privo di sensi, l’altro in piedi con il fiatone, il sudore freddo e la paura dentro le pupille.
Siamo gente con la pelle che sa di mare, simili al posto in cui viviamo. Stesso odore, stesso sapore, stesso colore. Uguali a tutti gli uomini e le donne di mare sparsi nel mondo, mille rughe e il cuore semplice. Non puoi scindere chi sei dal posto in cui vivi. Anche i porti sono tutti uguali. Stessa forma. Hanno braccia aperte pronte ad accogliere. Braccia aperte pronte ad abbracciare. Noi di Lampedusa siamo così: piccoli uomini figli del mare e accogliamo tutto ciò che il mare ci porta.
Non andrò mai via da questo posto per un semplice motivo… qui sono vivo, sento la vita pulsare, fremere. Faccio quello che ho sempre desiderato… il medico, qui al confine tra la sopravvivenza e la speranza. Il medico come mio nonno. Uno dei tanti italiani che nel dopoguerra fu costretto a cercare una vita migliore oltre l’oceano. Un minuscolo uomo con un grande sogno. Anche lui ha subito sulla propria pelle le angherie degli americani che non erano poi così accoglienti verso gli italiani.
Ero al porto la notte in cui la prima volta ho incrociato gli occhi di Bako. Coperta addosso, sangue gelato e occhi lucidi. Quella notte stessa mentre gli facevo dei controlli in ambulatorio parlammo un pò, come capita spesso con la gente che il mare consegna. Gli ho chiesto cosa cercasse qui. Mi rispose: il silenzio. E poi aveva un sogno: giocare a calcio in Italia. Il suo idolo era Robero Baggio. E quel sogno quella notte era ancora intatto. Gli dissi che se in qualche modo avesse avuto bisogno poteva trovarmi qui, in ospedale o chiedere di me.
Solo qualche settimana dopo mi cercò e tutto cambiò. Quel sogno in un istante era scivolato via: sabbia dentro la clessidra…
Certo avrebbe potuto correre dietro alla paura di quei due stronzetti amici di Ricky, scappare via. Forse non sarebbe servito a nulla, solo a rallentare il tempo della clessidra e trattenere quel sogno un attimo in più. Ma Bako non vuole più fuggire. Basta scappare. Non vuole più sentire le urla dentro la testa. Silenzio, solo un pò di silenzio.
Sono stanco voglio dormire, voglio solo dormire un pò. Questo ripeteva e rimbombava dentro la testa piena di ricci.
Adesso è qui davanti a me.
È notte, come la prima volta che ci siamo incontrati. Gli occhi stracolmi di spavento, lacrime, terrore. Il sogno aveva preso un’altra direzione come un palloncino che sgonfia all’improvviso: schizza via da tutte le parti e poi si spiaccica a terra e lì finisce il suo folle volo. Ripete piangendo qualcosa nella sua lingua: un mood infinito. Bako davanti alla porta con in braccio un ragazzo privo di sensi che perde sangue.
Sono passati pochi giorni dalla notte dello sbarco, ma sembrano anni. Adesso quel ragazzo sul ciglio della porta del pronto soccorso è un uomo con dentro a gli occhi profonde rughe, solchi. Non dico nulla. Nessuno parla. L’infermiere di turno toglie il ragazzo sanguinante dalle braccia di Bako e lo stende sulla barella. Bisogna intervenire al più presto, il ragazzo ha già perso molto sangue. Troppo. Bako è seduto sul pavimento in un angolo della stanza. Ginocchia al petto, testa abbassata. La testa adesso è più leggera. Finalmente riposa. Ricky, il ragazzo sulla barella ha bisogno di trasfusione.
Non è in pericolo ma bisogna intervenire prestissimo.
0 RH NEGATIVO.
Non è un gruppo sanguigno molto comune ma adesso serve fiducia. Totò, l’infermiere comincia a darsi da fare per trovare il sangue compatibile. Io chiudo gli occhi e scavo nei ricordi per cercare di trovarlo tra i prelievi fatti in questi giorni. É come infilare la mano dentro al sacchetto. Bisogna avere fortuna ad estrarre il numero vincente. Serve quel numero per fare tombola, serve quel ricordo. Bingoooo… ecco! Ma certo, Bako. Siamo fortunati.
Totò capisce al volo. Sveglia il ragazzo sul pavimento dal torpore. Dal prelievo alla certezza passa il tempo di un sollievo, lo stesso che ci ruba un sorriso e fa ritornare gli occhi di Bako quelli di un ragazzo. Il sangue di Bako è il sangue di Ricky. Stesso gruppo, stesso colore. Nessuna differenza.
Dove sono finiti gli sputi, il colore della pelle, la sassaiola di insulti. Non sono più in questa stanza. Sono dentro le piccole menti di altri stronzi che giudicano dal tavolo di un bar, spalmati sul divano o magari seduti su poltrone di pelle. Sono dentro le teste vuote di politici che blaterano contro quel nemico perfetto dove scaricare le proprie frustrazioni: sporchi negri, bastardi tornate al vostro paese.
Una cosa è certa non sono in questa stanza. Non su queste barelle. Non sono in vena. Richy e Bako sdraiati fianco a fianco, legati da un tubicino dove dentro scorre un liquido rosso sono l’immagine dell’unione dei popoli. Il ponte perfetto.
Sono il mio premio Nobel e lo dedico a mio nonno. In questo ponte scorre vita.
Questa è meraviglia, questa è la sola e unica verità possibile e non esiste un ponte più resistente di quel tubicino da pochi millimetri. Nessuna guerra, nessun proiettile o bomba atomica, rabbia, razzismo, sputi e insulti… nulla può spezzare questo legame. Niente farà crollare quel ponte. Questa notte, in questa piccola isola della Sicilia. Qui al confine tra la sopravvivenza e la speranza, in una stanza di un pronto soccorso due ragazzi Bako e Ricky dormono fianco a fianco. Non sono poi così diversi, come tanti vorrebbero far credere. Si è palese. Uno è bianco e l’altro è nero, tutto ciò è innegabile… ma il colore che più conta è lo stesso per entrambi. Rosso. Rosso, come il sangue.
Questa storia la porterò sempre com me. Quando sarò stanco. Quando sarò incazzato con il mondo e vedrò tutto così ingiusto… aprirò una qualsiasi finestra affacciata sul mare, raggiunerò l’orizzonte e come un baco da seta al primo volo andrò via leggero. Lo so che la vita non è così perfetta ma vale la pena di viverla. Siamo fatti di aria, pensieri, lacrime, sogni, parole non dette e liquido rosso. Siamo miliardi di gocce rosse. Siamo in vena.

a Pietro Bartolo (Medico a Lampedusa)

 

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  1. Sebina Inturri
    Originalità

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    C’è tutta la passione di un uomo che sa ascoltare con il cuore, la capacità di vedere in un porto la metafora dell’abbraccio e il grande senso del dono che va al di là del colore della pelle.

    6 anni fa
    1. salvoimprevisti Proprietario Scheda

      grazie, sei u amore

      6 anni fa
  2. moisella
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Che sia di aiuto a comprendere tutto il male che fanno le divisioni e le discriminazioni, sempre e comunque. Che tutta l’umanità sia in vena di essere in vena con tutti!!!

    6 anni fa
    1. salvoimprevisti Proprietario Scheda

      grazie per il commento credo che una buona fetta di persone la pensi come noi. uno su tutti il Medico Pietro Bartolo

      6 anni fa

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