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La secca del cimitero…di Piombino
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La secca del cimitero…di Piombino

Strada Cimitero
57025 Piombino (LI)
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La secca del cimitero…di Piombino

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Quella mattina partirono presto, erano da poco passate le 5 e il sole, dai monti dietro Baratti, si percepiva a fatica. Decisero che sarebbero arrivati fino alle secche davanti al cimitero di Piombino. La 4’ superiore era finita da pochi giorni, che l’estate aveva già cominciato a correre veloce, troppo veloce per tutte quelle che sarebbero state le intenzioni dei ragazzi di Ginepre.- Si va a lungo corso – disse l’Ora – sottolineando che avrebbero impiegato un po’, prima di arrivare. Il gozzo di legno del babbo di Nero, equipaggiato con un 9,9 cavalli Johnson che era invece del babbo di Legno, andava veramente piano.Quella mattina il vento non aveva ancora deciso che direzione prendere, ma la piccola imbarcazione andando verso sud si trovava il mare di prua.- Scirocchetto – Zero che fino a quel momento era rimasto in silenzio- Non dire cazzate – subito Legno mimando una pappina sulle orecchie a sventola – al massimo è Mezzogiorno — Se non addirittura Libeccio – il Nero che era al timone     -A me – intervenne l’Ora – mi sembra bonaccia – Si si – il Ciocco condivise – stranamente hai ragione, dai Nero tira un po’ che se si arriva tardi c’inculano tutti imeglioposti .- mimando il gesto della manopola dell’acceleratore del motore fuoribordo.La secca sotto il cimitero, era un posto parecchio frequentato, in certi periodi dell’anno, per i pesci di pregio che si riusciva a far abboccare Non era segreto però, ci andavano tutti, da un sacco di posti e da Piombino, anche a remi. Arrivarono che c’era solo una barca. Erano contenti. Nero spense il motore, il Ciocco prese l’ancora da sotto un pagliolo e la passò a Zero mentre preparava la cima. Legno, e soprattutto l’Ora preparavano la esche. Il mare quella mattina profumava di … mare. Lo iodio entrava nel naso e arrivava ai polmoni, fresco. A Piombino, a Porto Vecchio l’odore che si respira è parente stretto del vento che soffia : dalla darsena, dove regna il fetore di pesce e di merda di gabbiani, al bacino del grande porto dove prevale l’odore di bunker dei grandi traghetti mescolato con quello dei solventi dell’industria; poi, un po’ più a largo, fuori dal rosso, (l’imboccatura del porto) si sente l’odore del ferro, e lo spolverino ti rimane addosso.Quella mattina no, la lieve brezza, ricacciava verso l’interno gli odori e gli umori locali. C’era solo un buon profumo di mare. Salato.- Guardate cosa ho inventato? – l’Ora tirò fuori da una scatola, quelli che sembravano una decina di contenitori di plastica rigida, di rotolini fotografici.- Che cazzo è? – Legno per niente incuriosito- Ci mettiamo un po’ di pastura come esca, e li fissiamo con un piombo poco sopra l’amo – sembrava che Mario Vanni sapesse il fatto suo, e la cosa non è che capitasse spesso.- Si così si spaventano tutti i pesci – Zero volle intervenire a tutti i costi, più per far sembrare di essere in linea con Legno che altro. Lo scetticismo ebbe la meglio anche sul resto della comitiva. L’Ora non si perse d’animo, prese la sua canna, preparò il calamento come aveva descritto e cominciò la pesca. Zero che sarebbe stato l’ultimo a mettere i vermi a mollo, non aveva ancora finito di preparare la sua canna, che il Ciocco scorse il galleggiante di l’Ora scomparire nel mare nero. Non aveva ancora salpato che cominciò ad urlare- ..ora, ora.. l’ora ora ora ! L’orata! – gridò a squarcia gola Mario Vanni detto l’Ora. Era una specie di marchio di fabbrica.- Ora … ora … ora – continuava a urlare a squarcia gola- Oraunasega! Oh ti ‘eti fava! – l’invito si levò da un piccolo natante, che nonostante fosse a diverse decine metri di distanza, riusciva a sentire … e farsi sentire benissimo.


Franco Danzi, soprannominato Nero, commissario di polizia, dopo l’indagine sull’omicidio della bella Kim Chiu che lo aveva riportato da Roma a Ginepre, paese nel cuore della Maremma tra Piombino e San Vincenzo, si ferma a casa del padre, Gino, per partecipare al funerale dell’amico Leonardo Gnocchi, detto Legno. Gli ex compagni del magistrale, sebbene ognuno abbia preso la propria strada, sono ancora molto uniti e partecipano in gruppo alle esequie di Legno. Quasi in contemporanea al funerale, due eventi tragici segnano la cronaca di Ginepre: il primo è il decesso per affogamento, sulla spiaggia di Baratti, di un turista austriaco nel tentativo di salvare i suoi tre figli dalla furia delle onde; il secondo è l’omicidio dell’avvocato Marco Tavano, padre di Carla, detta Katia, che fa parte del gruppo degli amici di Nero. Eventi fortuiti indicano lei come parricida e costringono Nero a impegnarsi come non mai per trovare il vero colpevole assistendo il commissario locale. In paese è tornato anche, nel frattempo, un faccendiere locale, tale Giovanni Bisleri detto Ferro, implicato in un caso di scorie radioattive e ricercato dalla polizia che si è deciso a tornare per organizzare l’evasione dal carcere delle Sughere di Livorno del suo giovane braccio destro Massimo Giacalone, soprannominato Han Solo, reo confesso di parecchi reati. Come se non bastasse, a complicare la situazione, quello che si era presentato come un sicuro incidente rivela aspetti poco chiari su cui è d’obbligo indagare. Marco Miele usa come pretesto la vicenda gialla per raccontare la storia di un gruppo di amici che faticano a diventare adulti. Fa da sfondo ancora una volta l’uso del dialetto livornese e un’ironia bonaria e simpaticamente birichina.

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