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Olim: un tempo, un giorno

Olim: un tempo, un giorno

36010 Chiuppano (Vi)
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Olim: un tempo, un giorno

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Campi. Orti. Pannocchie alternate a case, come in uno strambo gioco a domino, in barba al Piano Regolatore. Il catrame qui rallenta, così come il traffico, per via dei monti che bloccano la pianura e costringono il mondo a curvare tutto dentro all’imbocco della Val d’Astico.

Chiuppano è uno di quei Comuni in cui è evidente il distacco: non più pianura, non ancora montagna. Villette a schiera accanto a vecchie stalle. Polenta sull’I-pad. Bruscandoli e kebab. Il futuro ha appoggiato solo un piede nel paese, refrattario al cambiamento. Non è ancora domani, ma il giorno di ieri, ormai trascorso, a tratti non si riconosce già più.

Il distacco lo misuri appena arrivi. Lungo la via principale, di fronte al cartello “PANE DOPPIO”, si alza il campanile. Le campane suonano pure, ma della chiesa non c’è traccia: è da un’altra parte, separata. Qualcosa vorrà pur dire.

Girando dietro la torre campanaria, ci si infila nella parte più vecchia del paese, tra stradine anguste, muri di sasso, porte di legno tarlato, ringhiere arrugginite, disordinati cortili dove è ammassato un po’ di tutto: paglia, cassette di plastica, bici sgangherate, mobili dismessi, legname, bidoni, piastrelle. Rottami di una vita in cui non si buttava mai via niente. Non hanno saputo disfarsi neanche dei nomi delle vie e per ogni nome nuovo se ne trova sotto uno di antico.

Olim, ci hanno scritto: un tempo era, un giorno sarà. È chiaro che qua non vogliono o non sanno fare a meno del passato. Incerti fra modernità e tradizione. Ma ricordi a parte, del passato cosa resta? Sbucando dalle viuzze, nuovamente sulla strada principale, si incontra un edificio giallo con la scritta mastodontica: STAZIONE, ma treno e ferrovia non ci sono più. Qualcuno ha tolto i binari di soppiatto e la stazione manco se n’è accorta: è rimasta lì. Forse c’è ancora in giro un capostazione che fischia a orari stabiliti e si domanda dove diavolo siano finiti i passeggeri e quella benedetta littorina, quand’è che arriverà!

Il fatto è che ci illudiamo di misurare il tempo, come se avesse un andamento lineare, quando sappiamo che invece procede a strappi, a volte lento, a volte veloce, secondo l’umore. Nell’ultimo balzo, Chiuppano è rimasta indietro, impigliata per una manica a qualche gancio del passato. Adesso, cosa succederà?

Attraverso uno slargo che potrebbe essere una piazza, se non avesse tutte queste auto parcheggiate, e ascolto due anziane amiche in carrozzina, sorde come campane, che si urlano a neanche un metro di distanza i ricordi di un’antica gioventù. Su di loro distrattamente vegliano, in piedi, due giovani badanti perse in un chiacchiericcio dal sapore baltico.

Il domani è già arrivato e parla una lingua diversa. Il passato se ne andrà fra poco, spingendosi su una carrozzina.

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