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Il negozio dei fratelli Karamazov

Il negozio dei fratelli Karamazov

piazza Amedeo d'Aosta
14053 Canelli (Asti)
Racconti Biografici Racconti
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Il negozio dei fratelli Karamazov

visita su Google street view  

 
Entrare nel negozio dei fratelli Karamazov a Canelli,  è come fare un tuffo nel passato, un salto all’indietro di quarant’anni, forse più.
Per trovare questo spaccio d’altri tempi, basta arrivare alla città delle bollicine da moscato, percorrere Viale Risorgimento e alla rotonda di piazza Cavour, svoltare in direzione Bubbio- Calamandrana; attraversato il ponte delle nutrie, lì sulla sinistra, anonimo, quasi mimetico, ecco l’ingresso del “Commestibili”.
Sulla porta potrebbe esserci un cartoncino, con scritta in stampatello “Oggi chiuso” o “Pomeriggio ore 16.30 aperto”, rilevatore di una certa elasticità di orario.
Varcata la soglia si cambia tempo. Fuori il traffico, dentro un’apparente caos calmo.
Oltrepassata una sorta di anticamera, zeppa di scatoloni, merendine, pacchi di acqua minerale, imballaggi di carta Scottex  accumulati a vanvera , ci si addentra nella bottega vera e propria, lunga e stretta, con il bancone da un lato e dall’altro, un meraviglioso mobile da granaglie, con i cassetti pieni di pasta (sì pasta Buitoni, Agnesi, Barilla, quella pasta lì insomma) e poco oltre sacchi di castagne, cipolle, patate, una vecchia stadera e un espositore di sementi da orto.
Nell’aria c’è lo stesso odore della dispensa  della caserma dove ho fatto la “naia”, un po’ cucina di campagna, un po’ mercato del pesce, un po’ bazar turco.
Le merci esposte confondono i loro colori col marron nocciola dell’arredamento e sono posizionate in accostamenti bizzarri: il tonno sta accanto alle lamette da barba, le uova vicine al Lambrusco, l’aceto è relegato in un angolo, sopra la carta igienica.
C’è un secondo locale, la zona ortofrutta, dove le cassette di pere hanno il prezzo ben visibile e una doverosa indicazione della qualità: ”Pere Grandi”.
Più avanti ancora, dev’esserci un retro, misterioso, esoterico; non ci sono mai andato.
Sul bancone troneggiano due bilance a indice e appena dietro ecco le mensole, colme di barattoli (fagiolini, piselli, ceci …), pacchetti (caffè, zucchero, biscotti …), marmellate, barattoli di ananas e pesche sciroppate a confinare con l’Amuchina e con i prodotti per la pulizia (dal Vetril all’ammoniaca, passando per Dixan e bicarbonato di sodio). Tutto è disordinatamente ordinato, tutto ben impilato, con prezzi indicati a biro su certi cartellini attaccati con lo scotch o con le cifre in plastica incastrate nelle fessure del ripiano, come si usava nei negozi degli anni settanta.
Quando entrate, se non c’è già, apparirà senz’altro uno dei fratelli Karamazov. O tutti e due.
Sono interscambiabili, molto simili. Magri, allampanati, curvi, di età avanzata ma indefinibile, con naso aquilino, capelli radi e un identico sorriso contagioso, empatico, di piemontesissima affabilità.
Indossano sempre un camice color nocciola, intonato all’ambiente,  che protegge il sottostante maglioncino e la camicia con cravatta annodata. D’estate si permettono un camiciotto, ma il grembiule credo non lo dismettano nemmeno nel pieno dell’afa di agosto.
La loro figura pare in perfetta sintonia con l’atmosfera placida del luogo.
Se vai a fare acquisti dai fratelli Karamazov, devi avere tempo, questo i canellesi lo sanno.
Di solito il negozio è frequentato da persone di una certa età, che lo considerano un po’ come la bottega del barbiere,  dove si può far quattro chiacchiere con gli altri avventori, giacché un Karamazov può impiegare una quindicina di minuti per servire un cliente e anche di più nel caso la lista sia lunga e i prodotti necessitino di spiegazioni dettagliate.
Questo perché un Karamazov non si limita a venderti una bottiglia di olio d’oliva o due etti di caffè.
Di quell’olio e di quel caffè ti racconta qualcosa, in certi casi parecchio, quando il prodotto è appassionante o ha una storia che val la pena.
Se chiedi un trancio di merluzzo sotto sale, il Karamazov sparisce nel retro misterioso e torna dopo 5 minuti ed è come l’avesse appena pescato, ha quel sorriso da Inuit felice di aver acchiappato la foca e ti dice:
-Vede? Questo è merluzzo dell’Artico! Mica roba asiatica dei mari inquinati … questo è una leccornia … ecco qua glielo incarto, deve solo lasciarlo in acqua e latte un paio di giorni, lo faccia eh! Che sennò resta salato!
La gentilezza di un Karamazov è pari alla loro competenza: non venderebbero mai una spugna da cucina senza specificarne le caratteristiche o una scatoletta di piselli senza verificarne la scadenza.
-Questa scade nel 2019, stia tranquilla signora Maria!
La signora Maria era tranquilla già da prima e vorrebbe il conto, ha una certa fretta, il marito sbuffa nell’anticamera. Allora rinuncia alla scatola di sardine Insuperabile (ha visto che sullo scaffale ce n’è solo di un’altra marca e sa che il Karamazov le andrebbe a scovare chissà dove, dileguandosi per i soliti 5 minuti e dunque dice che va bene così. E osserva il Karamazov battere sul registratore di cassa i prezzi, che precedentemente aveva  segnato su un foglietto di carta riciclata, cifre sbieche, incolonnate come nelle celle di Excel, con virgole e moltiplicazioni correttamente eseguite e come tutti, si chiede perché mai i fratelli Karamazov facciano prima i conti su un foglietto, poi affidino al registratore di cassa il compito di emettere il verdetto finale, come fosse una prova del nove. Mah!
Probabilmente non si fidano dell’aggeggio e chissà, penso io, chissà quale fatica gli costò ammetterlo in quel luogo anti tecnologico!
Ad ogni buon conto a me piace moltissimo andare dai fratelli Karamazov e vederli accompagnare all’uscita le signore portando loro la borsa piena fin sul sedile della macchina, con le raccomandazioni di non stravaccare il contenuto in una curva. È come tornare bambino, quando mia sorella mi spediva all’emporio ”Coniugi Bono”, con la lista della spesa e aspettavo il mio turno ascoltando i discorsi delle “madamin” e la fretta in qualche modo si placava.
I fratelli Karamazov sono il contraltare dell’Ipermercato, dove puoi entrare e uscire senza parlare con nessuno, senza ascoltare nessuno, senza condividere un pezzo di tempo con nessuno. Sono gli ultimi Mohicani della vendita al dettaglio.
La loro bottega è una sfida per nevrotici : se vai un mattino e hai quattro cinque persone davanti, la tua pazienza, il tuo nervosismo, la tua bile, sono  sottoposti a un test di indubbia provocazione, utile per affrontare gli sportelli della Posta o del ritiro referti all’ospedale, con una certa serenità.
O sbotti e te ne vai, o ti affezioni, entri nel mondo metafisico dei Karamazov e scopri che è ancora possibile, per pochi senz’altro, vivere a bassa velocità.
Provateci.
Non si chiamano certo Karamazov, il soprannome è un’ invenzione di un mio collega, (al quale ripeto da tempo che i Karamazov erano 4, non 2), ma in qualche modo Dostoevskij c’entra.
Nessuno come lui frugava nella psicologia dei personaggi di una storia e son sicuro che quei due e il loro negozio, gli sarebbero piaciuti un sacco.

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  1. maria pia gambini
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Geniale! Ritmo serrato per una storia di lentezza.

    6 anni fa
  2. Paolo
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Bellissimo, affascinante….una favola d’altri tempi !

    6 anni fa
  3. Flora_Pavolini
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Grazie per questo tuffo nella bottega color nocciola, coinvolgente, divertente, andrò a Canelli sono per individuare questo fantastico emporio. 🙂

    6 anni fa

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