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Estate 1968

Estate 1968

Corso Dante Alighieri
82100 Benevento
Storie d'Amore Racconti
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Estate 1968

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Io e Toni ci siamo conosciuti nel lontano 1968. Avevo solo sedici anni e tante idee per la testa,ero una tipa logorroica ,ribelle,femminista : frequentavo il Liceo Classico P. Giannone,e avevo già programmato parte della mia vita. Toni invece,era un po’ più grande di me aveva venti anni,lavorava presso una piccola ditta di idraulica a conduzione familiare.
Aveva lasciato gli studi presto, era necessaria la manodopera a casa, le sue condizioni familiari non erano stabili. Questo me lo raccontò solo dopo che Cupido giocò con i nostri destini. Fu amore a prima vista,anche se oggi è insolito,incontrarsi e innamorarsi perdutamente. Ricordo ogni dettaglio di quella serata. Io ero scesa con i miei genitori,raramente mi permettevano di uscire con le mie amiche non volevano che la gente pensasse cose sbagliate sul mio conto. Mio padre ripeteva di continuo che le donne non dovevano uscire spesso,non era consono farsi vedere sempre in giro. Io ero ancora troppo piccola per capire,non mi importava della gente,tanto non mi conoscevano,non li conoscevo.
Passeggiavo accanto a loro , presso il Corso Dante Alighieri era il due Luglio festa della Madonna delle Grazie venerata quale: patrona della città e regina del Sannio . Indossavo una gonna a ruota nera,una camicetta gialla ,avevo capelli raccolti ed ero leggermente truccata. Toni camminava con i suoi amici,aveva l’aria di essere una persona seria,determinata e con un pizzico di dolcezza. Indossava una camicia rosa a maniche corte,infilata nei jeans. Mio padre lo salutò e trattenne per qualche minuto dicendogli che sarebbe dovuto venire a casa per controllare le tubature della cucina. Non so come si conoscessero già,ma poco mi importava. Non riuscivo a smettere di guardarlo,aveva qualcosa di misterioso che mi aveva colpito. Fu il primo capace di catturare il mio interesse.
Pochi giorni dopo tornata da un incontro filosofico , verso le quattordici: ero stanca ,ma soprattutto arrabbiata. Per l’ennesima volta avevo avuto una discussione con il professore di filosofia. Lui diceva che si trattava di punti di vista,io invece,di soliti leccapiedi disposti a tutto pur di farsi notare. Io ero diversa non mi piaceva assecondare gli altri solo per trarne profitto, avevo i miei ideali che non si sposavano con le circostanze. Forse sarebbero mutati con il tempo, ma non per via di favoritismi. Se ero così lo dovevo ai miei genitori, che ancora adesso non smetto di ringraziare anche se non ci sono più.
Poggiai i miei libri sopra la scrivania e incominciai a ragionare, pensare a voce alta. Mia madre era intenta a preparare la tovaglia nel salone e nel mio continuo parlare non mi resi conto che vi era un posto in più. Non feci in tempo a chiedere chi fosse l’ospite che vidi Toni a tavola. Era venuto prima del previsto,per riparare ad una piccola perdita d’acqua in cucina. Mia madre aveva deciso di invitarlo perché era fatta così: troppo con tutti. Era una donna che amava donarsi agli altri a partire dalle piccole che decideva di fare. Mi vergognai di aver parlato così tanto, mio padre diceva che a volte bisogna tenere la bocca chiusa,anche se siamo dalla parte della ragione. Come sempre ero ancora inesperta e solo adesso posso dire che in effetti il suo consiglio mi è stato utile,nel’arco della mia vita. Toni mi guardò e sorrise : timidamente ricambiai i suoi sguardi,mi vergognavo. Mia madre aveva già capito qualcosa,del resto le donne si accorgono sempre di tutto. Hanno una sensibilità maggiore rispetto agli uomini,riescono a cogliere anche i piccoli cambiamenti. Così mi disse che avrei dovuto mostrare il resto della casa a “quel bravo giovane” regalargli dei libri, perché amava la lettura. Lo condussi per le camere del mio appartamento, prestava attenzione a tutto quello che vedeva, ma il suo stupore si fece grande quando vide la biblioteca di famiglia. Avevamo all’incirca mille libri forse anche di più: mia nonna era una scrittrice di ampio respiro locale,mio nonno un professore universitario. Non ebbi modo di conoscerli,morirono prima che nascessi a causa di un incidente stradale. Quelle copertine rigide di cuoio,pagine ingiallite ,frammenti di diario era tutto ciò che mi restava di loro insieme a poche fotografie in bianco e nero. Rileggere quei libri mi fece ritrovare una parte dei miei nonni : perché noi siamo ciò che leggiamo,scriviamo,pensiamo … facciamo. Toni toccava con il suo indice destro il dorso dei libri che catturavano il suo interesse a partire dal titolo, spostandoli in avanti. Ecco, in tal modo,avveniva la sua selezione. Ne sfogliava le prime pagine, si immergeva in luoghi lontani,immaginari,reali. Sembrava che io non ci fossi: era immerso in un’altra dimensione. Continuavo a guardarlo in silenzio,senza fare rumore. Mi persi anche io. Scrutai i tratti del suo volto,i suoi occhi, il naso, le basette,il mento. Mi spostai verso il vecchio mobile di legno massello presi la cinepresa Paillard incominciai le mie riprese. Volevo studiare fotografia, ma non ne avevo ancora parlato con i miei genitori. Probabilmente non l’avrebbero presa bene. Inizialmente, Toni non si accorse di nulla. Poco dopo scoppiai in una risata e solo allora,incominciò a rincorrermi per la camera.
Incominciammo a ridere a farci mille domande. Ciascuno dei due voleva conoscere tutto dell’altro,immagazzinare quante più informazioni possibili. La nostra chiacchierata a mio avviso breve, durò quattro ore. Si era fatto tardi, né io né lui vi facemmo caso. Quando si è in compagnia delle persone giuste il tempo trascorre veloce,quasi non basta mentre le attese sembrano eterne. Lo accompagnai alla porta era arrivato il momento dei saluti. Mi diede un bacio sulla guancia e mi propose di uscire. Avrei voluto dirgli subito sì,ma dovevo parlarne con i miei e soprattutto con mio padre. Non sapevo come avesse potuto reagire e questo mi spaventava. Pretendere con la forza i propri obiettivi produce quasi sempre un effetto indesiderato. Quegli anni, forse ne furono l’emblema. Del resto non vi sono mai state rivoluzioni pacifiche,in ogni azione c’è un prezzo da pagare. Risposi a quel ragazzo che continuava a guardarmi come se non avesse mai visto altra creatura al mondo che l’avrei chiamato,ma disse che la sua famiglia non aveva un telefono. Aspettò ogni sera l’esito della risposta sotto il mio balcone, disse che vi sarebbe stato fino quando non avessi accettato il suo invito. Raccontai tutto a mia madre consigliò di parlarne con mio padre, che ero ancora molto piccola e bisognava aspettare.
Adesso le cose sono cambiate, quando provo a spiegare queste cose a mia nipote lei inorridisce e mi dice che erano tempi troppo duri,ma in compenso pieni di valori. Io le dico che ogni generazione ha la forza necessaria per farsi carico di tutte le problematiche che la caratterizzano e che possono sempre contare sull’aiuto di quelli che loro chiamano: “anziani”. Trascorsero tre settimane da quel giorno. Ricordo che non sapevo quali fossero le parole giuste da usare con mio padre,che temevo di ricevere una sberla,un netto rifiuto. Senza giri di parole,decisi di parlargli a pranzo,di dirgli la verità. Non vi era nulla di male nell’uscire con un ragazzo e non avrebbe dovuto negarmelo. In fondo si trattava di una semplice passeggiata della durata di appena un’ora. L’espressione sbalordita della mia determinazione lo colpì. Ricordo che quando gli parlai della situazione era intento a versarsi del vino rosso nel calice. Si fermò e mi guardò dritto negli occhi. Non ebbi paura di nulla, ero sicura di ciò che avevo detto.
Quella sera Toni era lì giù ad aspettarmi,scesi di corsa giù dicendogli che avevo ricevuto il consenso dei miei genitori. Desideravo andare in bici era estate, anzi l’estate più bella della mia vita. Ci salutammo e salì di fretta le scale,canticchiando. Ero felice ed il mio cuore era pervaso da una strano sentimento che mai avevo provato prima di allora. La notte non feci altro che restare sveglia a pensare, immaginare come sarebbe trascorsa la serata. L’agitazione era tanta,non riuscivo a controllarla. Non smettevo di guadare le lancette dell’orologio per calcolare le ore che mancavano all’incontro. Finalmente un nuovo giorno arrivò. Per fortuna la giornate era soleggiata, forse fin troppo. A Benevento il clima è davvero questione di abitudine; gli inverni sono freddi,pieni di nebbia e gelo le estati particolarmente afose. Toni indossava una buffa polo a righe dai colori davvero vivaci, ma subito la mia attenzione si spostò sulla sua espressione. I suoi occhi avevano un’aria diversa,non riuscivo a capire cosa volessero comunicarmi. Prendemmo le bici ,ci avviamo di corsa verso il Teatro Romano. Fu lui a decidere la meta,disse che voleva mostrarmi una cosa speciale. Non ci impiegammo molto per arrivare,per la strada vidi alcune amiche di scuola che salutai facendo oscillare la mia mano. Non volevo andassero in giro a raccontare gli affari miei, erano solo due pettegole. Toni si voltò per guardarle e mi arrabbiai. Scesi dalla bici e incominciai a piangere ,credevo non gli piacessi già più. Ero così piccola,così ingenua. Lui asciugò le mie lacrime con il suo piccolo fazzoletto di stoffa che profumava di marsiglia. Mi disse che voleva soltanto vedere chi avessi salutato perché era geloso di me e così diventai rossa per l’imbarazzo: mi sentì ridicola.
Giungemmo a destinazione, lasciammo le bici fuori con un piccolo catenaccio legate al palo. Il Sole era alto nel cielo, il calore cominciava a farsi sentire, il teatro era vuoto, il mio cuore, invece, pieno di emozioni. Toni prese la mia mano e mi condusse sul palcoscenico. Le mie gambe tremavano, non avevo il coraggio necessario di guardarlo, non sapevo cosa avrebbe voluto dirmi, non sapevo se quel sentimento che stavo provando era amore o una semplice cotta. Smisi di riflettere e mi lasciai guidare da ciò che sentivo, che proveniva da dentro: dal quel luogo invisibile chiamato cuore. Toni mi disse che mi amava, che in quelle settimane non aveva fatto altro che pensarmi. Lo abbracciai forte a me, gli dissi che si era fatto tardi e che dovevamo andare via. Presi la mia bici e sulla strada del ritorno gli gridai senza timore il mio amore …. Tra lo stupore dei passanti, le sue risate, la mia felicità. Avevo un valore in più in cui credere: l’amore.

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  1. Ernesto
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Molto apprezzato il tuo racconto

    4 anni fa
  2. Raffaele
    Originalità

    Coinvolgimento

    Stile

    Emozionante

    4 anni fa

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